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Il fuoco e l'occidente

di Guido Dalla Casa - 10/01/2020

Il fuoco e l'occidente

Fonte: Arianna editrice

   Quattro grandi incendi stanno devastando la Terra, uccidendo centinaia di milioni di esseri senzienti e distruggendo interi ecosistemi, causando sofferenze difficilmente immaginabili. Amazzonia, Siberia, Africa equatoriale, Australia (oltre a quelli “abituali” del sud-est asiatico): dei primi tre non si parla quasi più, ma non credo proprio che quegli incendi si siano spenti, si vedevano fin troppo bene anche dallo spazio. Migliaia di Kmq di foreste, e miliardi di esseri senzienti, stanno andando alla morte, aggravando ulteriormente la già tragica situazione del Pianeta. E’ la Terra che sta bruciando, è l’Organismo di cui facciamo parte, che lo vogliamo o no. L’incendio australiano, in pieno svolgimento, di cui si sente ancora parlare perché è l’ultimo arrivato, è accompagnato da temperature altissime anche lontano dal fuoco e sta uccidendo un numero enorme di esseri rarissimi, già in gran parte massacrati dopo l’arrivo degli europei.  Si erano salvati su quel continente dopo molti milioni di anni, evolvendo un tipo di Vita con caratteristiche del tutto particolari e affascinanti. Le estinzioni naturali hanno ritmi di milioni di anni, quelle attuali causate dall’espansione della civiltà industriale, ritmi di pochi anni. Non si può fare alcun paragone, perché è senza senso. 

   Cosa ha detto il Primo Ministro australiano? Ha dichiarato subito che comunque non avrebbe toccato l’industria del carbone! Pensava al suo PIL, e così ha citato proprio quell’industria che è una delle cause prime della catastrofe planetaria, anche se tutta la civiltà industriale, e quindi lo sviluppo economico, ne sono pienamente responsabili.

   Di fatto, tutti se ne fregano, impegnati ad aumentare il PIL, a mettere materie inerti al posto di sostanze viventi e senzienti, a litigarsi i combustibili fossili, in gran parte causa dei guai. Poi ci sono anche i numerini delle Borse, c’è il “mercato”.

   Nell’aprile dell’anno scorso, aveva preso fuoco la Cattedrale di Notre Dame. L’incendio era parziale, ma ci fu un interessamento molto maggiore, anche economico, con promesse di immediata ricostruzione. Già, Notre Dame è un simbolo della civiltà occidentale, e può essere ricostruita, al contrario nessuno può ricreare quelle foreste. La cieca superbia, il “vizio oscuro dell’Occidente”, per dirla con Massimo Fini, fin dove arriverà??  Morte e sofferenza di centinaia di milioni di esseri senzienti contro qualche pietra, che finirà calcinata e ridotta in rovine entro qualche migliaio di anni, al massimo! Ma dobbiamo preservare i simboli della nostra civiltà, la nostra storia, quella vera (!): non più di cinquemila anni in tutto, contro una durata della Vita di tre miliardi di anni. Ma abbiamo battezzato questa come “storia” e relegato in un unico calderone  ed etichettato come “preistoria” tutto il resto, cioè tre-quattro miliardi di anni, trenta milioni di specie di esseri senzienti più tutte le relazioni che li collegano, e cinquemila culture umane.

   Forse, se a Pompei cade una vecchia pietra calcinata dal Vesuvio, …si muove qualche Ministro. Se cala la biodiversità, è roba da specialisti: di solito i politicanti non sanno neanche cosa vuol dire, né sanno che la Terra non può farne senza.

   Quasi nessuno pensa a quanto accomuna tutti gli esseri senzienti: la sofferenza.    Dovremmo imparare dall’insegnamento di una cultura nativa del Nord-America, dove si insegnava già ai bambini a “Non lasciare orme così profonde che il vento non le possa cancellare”.

   In quel modo  però quella cultura poteva vivere nella Natura a tempo indefinito.

   Concludo con una citazione di 50 anni fa di uno scienziato italiano (Adriano Buzzati Traverso):

Il periodo di rapida crescita della popolazione e dell’industria prevalso negli ultimi secoli, invece di venir considerato come condizione naturale e capace di durare indefinitamente, apparirà come una delle fasi più anormali nella storia dell’umanità.

   Oggi possiamo ben dire: speriamo che sia vero e che la follia attuale finisca presto.