Il giudice
di Livio Cadè - 04/09/2023
Fonte: EreticaMente
Dorothy Jordan abitava in un vecchio stabile, all’angolo tra l’Inclusion Road e Respect Street. Divideva un modesto appartamento in meta-unione temporanea con altre cinque persone, due Invariate come lei e tre Alternanti. Il sole splendeva già alto quando uscì per recarsi in tribunale. Vestiva un abito a fiorellini, che ne fasciava le formi pingui. Camminando nervosamente, percorse per intero il Tolerance Boulevard, costellato di casette tutte uguali, coi loro minuscoli giardini d’erba sintetica e i fiori finti. Imboccò Progress Avenue, camminando tra gli alti e algidi palazzi di metallo. Migliaia di occhi elettronici la seguivano, registrando ogni suo movimento.
Girò in Evolution Road e, una volta attraversato il Love Bridge, sbucò in Freedom Square, dove si ergeva, coi suoi maestosi propilei, il Tempio della Legge. Di fronte, nel centro della piazza, stava la gigantesca scultura dedicata ai Martiri della Discriminazione. Corpi nudi, avviluppati e protesi verso il cielo, a formare una piramide umana. La Jordan, sempre più inquieta, si fece coraggio, salì la grandiosa e interminabile scalinata che conduceva all’ingresso del tribunale e, ansante, varcò la soglia dell’enorme edificio. Dall’atrio partiva un largo corridoio centrale da cui si dipanavano numerosi corridoi laterali, come rami di un tronco.
Non sapendo che direzione prendere, si avvicinò alla guardiola del custode. Questi, un tipo grigio e rinsecchito, stava sfogliando una rivista libidografica e parve non accorgersi della sua presenza. Sulla divisa stinta e logora portava una targhetta con un nome e un numero di matricola: Ford – 1953. Dorothy restò in silenzio per circa un minuto. Infine tossì. Il custode alzò lo sguardo annoiato. – Mi scusi, potrebbe indicarmi l’A.S.I.? – L’uomo la guardò con un vago disprezzo. – Terzo corridoio a sinistra, aula 12, sulla destra –. La donna ringraziò. Il custode abbozzò un ghigno. – Oggi c’è il giudice Priest. Auguri -.
Arrivata alla porta n. 12 Dorothy infilò gli occhiali e lesse la targa: A.S.I., Atti Sessuali Illeciti. Sì, era quella l’aula. Entrò timidamente. V’erano alcuni semplici banchi, come quelli che si usavano nelle chiese, prima che venissero trasformate in C.E.S., Centri di Emancipazione Sessuale. Mostrò la lettera di convocazione all’usciere, che la prese e la mise con le altre. Un ometto dall’aspetto untuoso le si avvicinò. – La signora Jordan? Io sono l’avvocato Pittman. Si sieda lì – le indicò un banco – stia tranquilla e lasci parlare me. Non guardi il giudice negli occhi, non faccia obiezioni, non chieda nulla, sia deferente, prenda un’aria contrita, che al resto penso io. È tutto chiaro? – La Jordan fece segno di sì col capo e si sedette.
– Il giudice Priest – biascicò con indifferenza l’usciere. Da una porta laterale entrò un uomo corpulento, oltre la mezza età, dal volto rugoso e corrucciato. Il giudice prese posto sul suo scranno. Osservò il piccolo campionario d’umanità che attendeva d’esser sottoposto al suo giudizio con sguardo severo, come una condanna a priori. Si sistemò i boccoli biondi che gli ricoprivano il cranio per gran parte calvo. Era stato a lungo indeciso sulla parrucca da indossare nell’esercizio del suo ufficio. Dapprima l’aveva tentato una capigliatura rossa fiammante, ma il giudice Potter, individuo insopportabile, ne portava già una simile. E il nero gli sembrava poco intonato al colore dei suoi occhi.
Fece cenno al pubblico ministero, Ashby Corwin, uomo affilato e arcigno, con baffi spioventi, il quale gli si avvicinò camminando in precario equilibrio sui vertiginosi tacchi a spillo, impacciato da una gonna troppo aderente. – Ne avremo per molto? – – No, poca roba, casi semplici -. Il giudice emise un grugnito di compiacimento. – Usciere, chiami il primo imputato -. – Andy Redcliffe al banco -. Un uomo sulla quarantina, atletico, si fece avanti. – Dunque? – inquisì con tono distaccato Priest. – Il signor Redcliffe allena pugili – esordì cautamente l’avvocato difensore. – E con ciò? – – Ha baciato sulla bocca un’atleta della sua squadra -. – Consenziente? – – Questo non lo sappiamo, vostro onore, ma è ininfluente – si inserì Corwin. – Ininfluente? Ma che diamine dice? Comunque, se non v’è denuncia d’abuso, non v’è luogo a procedere. È normale che un uomo baci sulla bocca un altro uomo –.
– Vostro onore – intervenne Corwin alzando la voce stridula – l’avvocato del signor Redcliffe ha detto una atleta, non un atleta – . Il giudice lo fissò senza capire. – Una, non un -. – Volete dire che ha baciato una donna? – – Esattamente -. – Minorenne? – – Assolutamente no, eccellenza – affermò deciso l’imputato. – – Di male in peggio! -. Con aria smarrita Redcliffe guardò verso il suo legale. – Fosse stata una bambina avevamo l’attenuante della pedofilia – lo informò quello a bassa voce. – Ma l’ho baciata come si bacia una sorella – cercò di difendersi Redcliffe. – Se si tratta di atto incestuoso… – il giudice guardò l’avvocato difensore. Questi scosse il capo, costernato. – No, vostro onore, purtroppo nessuna familiarità -.
In quanto funzionario dell’A.S.I., Priest doveva ogni giorno giudicare individui che cedevano a istinti deviati. Quei casi suscitavano in lui un misto di orrore e disgusto. Gli ricordavano quanto fosse difficile l’Evoluzione Sessuale, l’ascesa della libido dallo stadio di verme unicellulare a quello di primate e infine di essere metasessuale. Di fronte agli istinti involutivi che facevano regredire l’uomo al livello del mammifero agiva con implacabile severità. A differenza dei suoi colleghi non concedeva mai, come giustificazione, l’incapacità di intendere e volere. Quanti ne aveva mandati al R.I.D., Regime di Isolamento per Degenerati, o alla R.E.F., Rieducazione Erotica Forzata! Quanti ne aveva condannati alla sterilizzazione chimica o fisica. Era per lui una missione, doverosa ma esasperante, come staccare teste a un’Idra cui continuamente ricrescono.
– La difesa ha altro da aggiungere? – chiese Priest. – Vostro onore, invoco come attenuante l’A.P.T. Il mio cliente quel giorno era in stato di Alternanza Psicologica Temporanea. Si sentiva donna. -. – Avvocato, sa bene che con me certi espedienti non funzionano. L’imputato sconterà cinque anni di isolamento carcerario, con C.A.P. in caso di recidiva -. – Castrazione anatomica preventiva – chiarì compiaciuto Corwin. Mentre due poliziotti lo portavano via, l’avvocato rincuorava l’angosciato Redcliffe. – Non pensi alla C.A.P., per ora. Con la buona condotta in tre o quattro anni sarà fuori, un’inezia -.
Il giudice fece cenno di procedere. L’usciere, che stava sfogliando un libro, si alzò fiaccamente e chiamò il secondo imputato. – Si presenti il dottor Russell Simpson. – . Dal fondo dell’aula avanzò un uomo sulla cinquantina, barba rada, elegantemente vestito. – Lei è psichiatra? – chiese Corwin. – Certamente -. – E ci può dire qual è il suo campo? – – Eteroiatria –. – Dunque lei cura persone che mostrano tendenze sessuali pervertite, uomini attratti da donne e viceversa, esatto? – – Esatto -. – E tra i suoi clienti risulta il signor Donald Duck, esatto? – – Esatto -. – Donald Duck? – chiese perplesso il giudice. – È un nome fittizio, vostro onore, che abbiamo convenuto di usare finché non avremo appurato i fatti -. – Ah, certo. Diciamo allora D.D. Proceda -. Ora, può dire alla corte cosa le ha chiesto il signor D. D.? – – Il paziente presentava un normale orientamento della libido, era sessualmente attratto da maschi, bambini, animali -. – E dunque perché si rivolse a lei? – chiese il giudice. – Sperava che con l’ipnosi io potessi modificare i suoi normali stimoli sessuali. Voleva sperimentare desideri nuovi, eterodiretti -.
– E come spiega una tale aberrazione? – chiese Priest. – Ritengo fosse semplice curiosità intellettuale, eccellenza. Si trattava di un soggetto colto, snob, anticonformista. Era riuscito a procurarsi alcuni libri messi all’indice, come i Promessi Sposi, l’amante di Lady Chatterley, Madame Bovary, La bella addormentata nel bosco. Mi è parso tediato dalla normalità, attratto dal proibito, dal diverso, dal morboso -. – Lo avrà immediatamente denunciato, suppongo -. – Niente affatto! – Corwin anticipò il dottore. – Abbiamo saputo dell’illecito grazie alla solerte delazione di un collega del Simpson, cui l’imputato accennò del caso in questione – . – Come? Non denunciò il suo cliente? – – Vede, eccellenza, mi parve di riconoscere nel signor D.D. più il malato che il criminale -.– Questo non deve deciderlo lei! Lei doveva semplicemente attenersi alla legge! – Priest pensò che erano proprio loro, gli psichiatri, con le loro assurde perizie, a causare il vergognoso lassismo con cui i reati di depravazione sessuale venivano giudicati.
L’avvocato di Simpson tentò una conciliazione. – Eccellenza, a prescindere da questo increscioso episodio, faccio presente che il dottor Simpson è stimato professionista. Tiene corsi di masturbazione responsabile per bambini da 0 a 4 anni. È autore di un importante lavoro sul cyber-sesso. E la sua condotta è sempre stata rigorosamente metasessuale, sia come Invariata, quando era ancora la dottoressa Rossella Simpson, sia dopo l’Alternanza -. – Avvocato, non possiamo prescindere da questo increscioso episodio, come lo definisce lei. L’O.D., omissione di delazione, è un crimine punito dalla legge. Comunque, in riconoscimento dei meriti scientifici del dottor Simpson, riduco la pena a centomila dollari di multa e cinque anni di interdizione totale dall’esercizio della professione -.
Quando Simpson se ne fu andato Corwin bisbigliò al giudice Priest: – un bell’uomo, non credevo fosse un Alternante. -. – A volte con l’Alternanza si migliora, a volte si peggiora – commentò il giudice. – Guardi l’usciere. Usciere! – Questi nascose il libro, si sistemò la divisa e scattò in piedi. – Ordini, eccellenza -. – Quante volte ha alternato lei? – – Tre volte, eccellenza, a sei anni, a venti e a quarantadue. Ma ora penso di restare così. Lo Stato adesso rimborsa solo il 50% delle spese e – – Non ci interessano le sue faccende private – lo fermò il giudice. – E dicono fosse una bella donna, prima. Lo crederebbe? –. Corwin indugiò. – Non saprei. Ha un certo fascino -.
Il caso successivo riguardava Charles Winniger, un aitante ragazzo di circa quindici o sedici anni, dal volto canagliesco. Questi si parò davanti a Priest con aria sfrontata, quasi di sfida. Il giudice ne fu subito attratto. – Di cosa è accusato questo giovane? – – Linguaggio discriminante, eccellenza -. – È presente la parte lesa? – Corwin chiamò al banco un certo Buck, un tipo grasso e foruncoloso. – Dunque? – il giudice lo squadrò con malcelata ripugnanza. – Eccellenza, l’imputato mi ha dato del “figlio naturale”! – – È un’accusa grave. Hai dei testimoni? – – Sì – e indicò altri due ragazzi. Costoro confermarono l’epiteto oltraggioso. – Ma lo dicono tutti che quello lì non è normale – protestò Winniger. – Quelli giusti li provettano e li infornano, no? -. – Si dice C.A.G.A., Concepimento Assistito e Gestazione Artificiale – precisò il giudice. – Ok, appunto. Il cesso lì – indicò Buck col capo – l’hanno fatto come le bestie. Per questo suo padre e sua madre li hanno infognati nella Buca -. – Ti avverto, non tollero espressioni oscene! Potrei darti fino a sei anni per aver detto “padre e madre” –. – E che, io non posso dirlo e tu sì? – replicò il ragazzo con tono strafottente. – Vuoi essere accusato anche di oltraggio alla corte? –
Priest era sempre più soggiogato da quella selvatica insolenza. Fece cenno a Corwin di avvicinarsi. – Cos’è la Buca? – – Gergo di strada, eccellenza. È il R.I.D., il carcere duro per i depravati -. – Ragazzo – riprese il giudice – forse ancora non hai capito che sei colpevole di ingiuria aggravata. “Figlio naturale” è espressione infamante, a prescindere che si riferisca a realtà di fatto o immaginata. Perciò, in considerazione della tua evidente mancanza di istruzione morale, dispongo che tu segua un corso di E.E.E., cui provvederò personalmente -. – E che cavolo è? – – Educazione Etica Erotica – disse Corwin guardando il giovane con espressione maliziosa. – Dovresti ringraziare sua eccellenza -. – E di che? Preferivo che mi mandavi in galera – disse il giovane. – Dovrai presentarti oggi stesso, nel mio ufficio, alle quindici in punto – sentenziò Priest. Charles fece un gestaccio sconcio verso Buck. – Te la faccio pagare – gli bisbigliò andandosene.
– Ragazzi – commentò Corwin. – Sciocchi e ingrati. – La colpa è di chi non li sa educare – chiosò amaramente Priest. – Comunque, procediamo -. L’usciere era perso nella lettura. – Procediamo! – gli ripeté Priest con voce più alta. Quello alzò gli occhi, come uscendo da un sogno. – Mi perdoni, eccellenza -. – Ma cosa sta leggendo? Mi porti quella roba – ordinò il giudice. Il povero usciere, mortificato, consegnò al giudice il suo libro. – “La verginità come scelta consapevole”?. Ma perché non legge una rivista libidografica, come ogni persona normale, invece di queste porcherie? Su, procediamo -. – Sì, eccellenza. Si discute ora il caso di Dorothy Jordan -.
La donna si avvicinò tenendo gli occhi bassi. Il giudice si piegò verso Corwin – Di che è accusata? – – Ha abbracciato la figlia senza chiederle la formale autorizzazione -. Il giudice scosse la testa. – La parte lesa è in aula? – – No, vostro onore, ma abbiamo la deposizione di un’Alternante, convivente dell’imputata, che ha assistito al fatto e l’ha denunciato -. – Qual è l’età della vittima? – – Tre anni, eccellenza – rispose la donna. Priest restò pensieroso. La sua mente inseguiva il giovane Charlie. E per quanto corresse, non riusciva a raggiungerlo. – Tre anni? È dunque un caso di V.I.S.C. -. – Violenza su individuo sessualmente consapevole – mormorò l’avvocato Pitmann alla sua cliente -. – Lei sa che non può toccare sua figlia senza prima averle fatto leggere e sottoscrivere l’ A.C.C., l’Assenso a Contatto Corporeo? – – Sì, eccellenza, ma mia figlia purtroppo non sa ancora né leggere né scrivere -.
– Non voglio negare la gravità del caso – si intromise Pittman – ma vorrei render noto alla corte che la mia assistita è sempre stata meta-sessualmente irreprensibile, e che anche l’illecito in esame fu motivato dall’intenzione di dare alla bambina un’educazione orto-erotica come prescritto dalla legge -. – Ne terremo conto -. Priest rimase un attimo assorto nei suoi pensieri. – Signora Jordan, pagherà allo Stato un’ammenda di diecimila dollari. Ma non commetta più simili abusi -. – Grazie, vostro onore – fece l’avvocato, dando di gomito alla sua cliente. – Grazie, eccellenza – ripeté lei. – Dorothy Jordan uscì dall’aula accompagnata da Pittman, che cercava di arrogarsi il merito di quella sentenza inspiegabilmente mite. – Settimana scorsa, caso identico, due anni di carcere duro! – Ma, in realtà, non riusciva a immaginare la ragione di una simile indulgenza. Priest si stava rammollendo, pensò.
Non v’erano altri casi da esaminare quella mattina. Corwin e l’usciere se n’erano andati insieme. Il giudice rimase per un po’ solo nell’aula deserta. Il sole splendeva alto, fuori, ma l’animo di Priest era velato da pesanti nubi. Le stesse che nascondevano il suo segreto, la sua colpa antica e inconfessata: il suo debole per gli efebi perversi. Voleva domare quel puledro ribelle, lo sprezzante, adorabile Charlie Winniger, in cui intuiva tendenze primitive, da mammifero eterosessuale. Ma se l’avesse rieducato e moralizzato ne avrebbe distrutto il fascino. E se avesse fallito? Doveva denunciarlo lui stesso? Farlo sterilizzare? Sentiva dentro di sé il giudice lottare con l’uomo. O forse con la donna.
Si tolse la parrucca, prese la sua borsa e se ne uscì, meditabondo. Le sue sentenze avevano aggiunto un altro tassello all’evoluzione della sessualità umana, alla liberazione del desiderio. Ma chi si curava dei desideri di William Priest? Se la gente avesse potuto guardare nel cuore del giudice, del boia, del mastino, come lo chiamavano, vi avrebbe visto solo una timida, palpitante colomba. Trasse dalla borsa uno specchietto. Si guardò. “Sei vecchio, Willy”, si disse. Percorse il lungo corridoio, entrò nel bagno delle donne. L’addetto alle pulizie, un trans nigeriano, gli ammiccò. – Oggi è donna, giudice? – – Dolorosamente donna – sospirò il magistrato.