Il lunedì del villaggio. Debito e prestiti deteriorati
di Roberto Pecchioli - 17/03/2018
Fonte: Ereticamente
Ricordate Il sabato del villaggio, la lirica leopardiana dell’attesa gioiosa seguita dalla delusione della realtà? “Questo di sette è il più gradito giorno/ pien di speme e di gioia;/ diman tristezza e noia/ recheran l’ore/ ed al travaglio usato/ ciascuno in suo pensier farà ritorno”. La festa elettorale con le sue promesse è passata. Si torna ai fatti, nessuno ha la forza di voltare pagina.
Rientriamo nei ranghi dei poteri esterni, nel mirino di banche, UE, mercati, speculazione. Il lunedì del villaggio è particolarmente cupo; la voce più sincera è quella di Mario Monti, il Dottor Morte della giunta esecutiva che ha depredato l’Italia in conto terzi dal 2011. E’ favorevole ad un governo di larghe intese con i 5 Stelle per far digerire scelte impopolari. Traduzione: nuove cessioni di sovranità, tasse, privatizzazioni, macelleria sociale, distruzione di ciò che resta del tessuto produttivo della nazione. Il prossimo DEF – documento di economia e finanza – verrà presentato da Paolo Gentiloni a nome di un governo travolto dal voto. Conterrà molte pagine bianche; la misura più prevedibile sarà un aggiustamento da 4/5 miliardi: tagli o tasse.
I veri nodi verranno al pettine tra qualche settimana, finita l’apparente tregua elettorale concessa dai domines europoidi e finanziari. Si chiamano debito e NPL, non performing loans, i prestiti definiti pietosamente non performanti. Il debito non ha smesso di aumentare, passando dal 111 per cento rispetto al Prodotto Interno Lordo del crepuscolo di Berlusconi al 133 odierno, via Monti, Letta, Renzi. Il Tesoro deve piazzare mensilmente titoli per circa 40 miliardi, dei quali il 40 per cento va a compratori internazionali. Con il cosiddetto quantitative easing di Draghi, l’acquisto da parte di BCE ha consentito nel 2017 un interesse dello 0,63 per cento. Quest’anno pagheremo di più, ma che succederà appena il rubinetto di Francoforte si chiuderà al termine dell’era Draghi, fra pochi mesi? Il fabbisogno ci costerà di più, forse molto di più; la previsione di aumento dei tassi potrebbe altresì innescare un effetto gregge che sgonfierà la presente bolla azionaria.
Il vero incubo sono gli effetti della falsa liquidità creata da BCE, uniti all’intenzione dell’Eurotower di mandare in vigore già da aprile le nuove norme sull’ammortamento dei crediti in sofferenza. In Italia il contraccolpo è certo, e non solo per istituti come Montepaschi. I crediti difficili dovranno essere iscritti come perdite entro due anni se non assistiti da garanzie, gli altri entro otto. Diciamola tutta: diversi istituti non hanno i soldi (veri) per coprire le perdite. In più, tutti saranno indotti a restringere ulteriormente il credito, aggravando la crisi delle imprese.
Il governo, con o senza le stelle, non potrà che correre a Bruxelles e Francoforte con il cappello in mano per implorare aiuti e dilazioni. Sono in agguato, oltre alla Troika, il Meccanismo Europeo di Stabilità, i simpatici banchieri cui stiamo conferendo decine di miliardi affinché ce li prestino (!) imponendo svendite, privatizzazioni e politiche recessive, nonché i fondi avvoltoio, intenzionati a comprare al 15-20 per cento gli NPL per aggredire con i loro denti da squalo i malcapitati debitori, destinati a lasciare sul terreno beni immobili, capannoni, macchinari, i risparmi di intere vite. Parliamo di somme ingentissime, il 15 per cento di tutti gli impieghi secondo i dati ufficiali, molti di più nella valutazione corrente, almeno 250 miliardi.
Nessuna obiezione sarà tollerata, a meno di mostrare i denti, ovvero una nazione unita decisa ad accettare un certo grado di sofferenza in cambio del domani. Ipotesi del tutto improbabile. La storia italiana è una lunga vicenda di divisioni intestine, tradimenti tra connazionali, intelligenza con lo straniero nemico. Restano ineludibili alcuni punti: il rigetto del rapporto del 3 per cento tra debito e deficit pubblico; l’eliminazione del pareggio di bilancio dalla Costituzione; il controllo statale sulla Banca d’Italia (legge 262/2005), per ristabilire la sovranità monetaria e un rapido ritorno in mani italiane del debito; un regime di doppia moneta, tipo i mini Bot teorizzati dagli economisti Borghi e Bagnai.
Un libro dei sogni, specie dopo il voto che ci ha consegnato una radicale divaricazione di interessi tra il Nord a trazione leghista e il Sud schierato per l’assistenzialismo. Un’osservazione aritmetica: ci ossessionano con il debito che sale, segno del fallimento delle politiche della lesina, ma anche della volontà di ignorare il “moltiplicatore keynesiano”. Se aumentiamo la spesa di 10, persino attraverso lo sgangherato sussidio universale, esso andrà sommato alle altre voci del Pil. Con moltiplicatore 1,5 il PIL salirà di 15. 133 più 10 fa 143, fratto 115. Il rapporto debito/PIL scenderebbe al 124,3 per cento. E’ la prova che si può fare politica a debito, con prudenza, mettendo denaro in mano alla gente, scommettendo sul futuro.
Non accadrà, il lunedì del villaggio si preannuncia tempestoso. L’alternativa sarà la distruzione disordinata del sistema Italia o una pesante moratoria affidata alla curatela della troika. Per un governo che faccia gli interessi nazionali non resta che cambiare Paese.