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Il malessere americano e il ritorno di Trump

di Marcello Veneziani - 23/01/2025

Il malessere americano e il ritorno di Trump

Fonte: Marcello Veneziani

Che America trova Donald Trump tornando alla Casa Bianca? Un’America spaccata, come del resto divisa era pure l’America di Biden, polarizzata tra due visioni opposte e non riconciliate. Un’America esacerbata, preda di accentuate diseguaglianze, difficili convivenze e un tessuto sociale lacerato. Un’America sfiduciata, che pensa di vivere il momento peggiore della sua storia. Un’America inguaiata in Ucraina e in Medio Oriente. Lo pensano i seguaci di Trump che vedono nella sua vittoria la possibilità di un riscatto e di una rinascita: e lo pensano i seguaci democratici che vedono in Trump alla Casa Bianca la prova di vivere nel peggiore dei momenti storici. Questo, almeno, è il quadro prevalente che viene narrato.
Nella sua opera Comunità contro Individualismo, riproposta di recente dalle edizioni del Corriere della sera, Robert Putnam smentisce questo quadro apocalittico della decadenza americana, ricostruisce gli alti e i bassi della sua storia e l’alternanza di fasi in cui predomina l’io e altre in cui predomina il noi, che per lui sono più benefiche per l’America e gli americani.
Gli dà manforte Federico Rampini che traccia nella sua prefazione un quadro molto ottimistico della situazione americana sul piano economico e sociale, sul piano della salute, dell’ambiente e della longevità, nonché della condizione femminile. Secondo Rampini lo stato positivo degli Usa non dipende dalle amministrazioni politiche ma dal fatto che il capitalismo “ha una marcia in più” e l’America è il luogo “dove il capitalismo riesce ancora a dare il meglio di sé”. E si appoggia all’analisi di Putnam, che coniò l’espressione capitale sociale per indicare la fiducia verso il sistema, le istituzioni e la società. Putnam ribadisce: gli americani sono diventati più sani, più ricchi, più istruiti, vivono più comodamente e più a lungo. Altro che decadenza.
E allora perché l’America ha deciso di voltare pagina con Trump? Ci sono un paio di cose che non tornano, o meglio che non sono spiegate da questa doppia analisi e che non spiegano il malessere americano, la sfiducia crescente, la società spaccata e la vittoria di Trump nel segno della Deep America contro il Deep State, della scelta awake contro l’ideologia woke (svegli, non svegliati e sorvegliati). La prima si riassume in una domanda: ammesso che il quadro reale della situazione sia molto migliore della percezione diffusa, ammesso cioè che tutti gli indicatori prima citati confermino davvero che l’America non se la passa affatto male, la questione resta: cosa induce la popolazione e la rappresentazione mediatica a percepire questa decadenza nonostante la buona salute del sistema americano? Perché gli americani e il resto del mondo avvertono il declino nonostante i fattori economici, sociali, demografici, biologici dicano il contrario? E perché sono ricorsi a Trump per un brusco cambio di passo? Avvertono che la vita ha meno senso e valori, meno fondamenti, meno prospettive, meno sicurezze, meno legami e meno relazioni sociali. Ovvero la decadenza di cui avvertono il sentore, non dipende da quei fattori, non è un fatto quantitativo, economico, materiale ma è uno stato psicologico, esistenziale, spirituale. E questa diagnosi può allargarsi dagli Stati Uniti all’Europa, insomma all’Occidente più benestante. È la solitudine, il nichilismo, l’insensatezza del vivere, la paura di subire violenza, di ammalarsi, d’invecchiare e di morire, a rendere la vita occidentale così piena di ombre, fantasmi, malesseri. Quel che chiamano benessere è solo benavere: non è uno star bene ma un disporre di beni. Senza legami, senza fiducia, senza sicurezza, senza comunità.
Qui tocchiamo l’altro tema su cui si sofferma lo studio di Putnam che descrive il saliscendi tra individualismo e comunitarismo nelle varie fasi della società americana. Putnam compie un riduzionismo sociologico improprio: identifica il noi, lo spirito comunitario, con le stagioni progressiste; e il primato dell’io, dello spirito individualista, con le stagioni conservatrici; pur avvertendo che individualismo e comunitarismo appartengono a entrambi le visioni, sono patrimonio comune. Non gli sorge il dubbio che tra ideologia progressista e visione comunitaria non ci sia affatto coincidenza o convergenza di vedute, ma conflitto e incompatibilità. In realtà la comunità non va nella direzione in cui è andato il progressismo, almeno dagli anni sessanta a oggi. Il progressismo liberal, e anche radical, ha sposato una serie di battaglie per i diritti civili e per l’emancipazione che minano i legami sociali più che saldarli o inventarne di nuovi, salvo occasionali movimenti e mobilitazioni. Lo spirito progressista è individualismo libertario, liberazione dai legami comunitari, emancipazione da ogni orizzonte sociale, religioso e tradizionale, rivendicazione di autonomia, autogestione, rispetto alla natura, alla storia e al mondo che precede la nostra vita.
I temi dell’inclusione, dell’accoglienza, della parità dei diritti sono nella sfera dell’individualismo libertario, della liberazione dei popoli dalle loro appartenenze, emancipazione dal noi originario, sia esso famigliare che civico, religioso, nazionale. Identificando lo spirito comunitario con lo spirito progressista, l’affermazione del canone woke, dei diritti civili, delle minoranze, del femminismo, dei green e arcobaleno, dovrebbe dunque appagare il noi, rendere gli americani più motivati nella loro appartenenza comunitaria. Invece questo non succede, anzi quell’ideologia mainstream e politically correct suscita insofferenza, rigetto, malessere sociale, sfiducia e diffidenza. La rivolta contro quell’egemonia culturale è una delle ragioni del successo di Trump che infatti promette di smantellare i presidi ideologici e strutturali in cui quell’ideologia si fa norma, censura, prescrizione pubblica e di rivalutare il noi americani, l’identità e le radici. Evidentemente il progressismo non giova allo spirito comunitario ma nuoce, ne è d’ostacolo, mina i legami sociali, i rapporti tra generazioni, tra sessi, tra cittadini e nazione, nuoce al sentire comune. Lo spirito comunitario si ribella al progressismo.
Insomma il malessere persistente nella società americana e nella società occidentale dimostra che né il sistema capitalistico né l’ideologia progressista producono fiducia e spirito comunitario ma al contrario individualismo, sfiducia e meno legami sociali. Trump è una risposta all’ideologia progressista, pur restando dentro il sistema capitalistico.
Il capitalismo in sé produce beni e opportunità ma non genera sicurezza e valori, non rassicura le identità ed è disarmato, se non complice, rispetto alla sostituzione dell’umano con l’artificiale tramite il primato della tecnica. Fa bene al mercato, ai consumi, alle condizioni materiali di vita; non al resto. Ma in quel “resto” c’è il senso, il cuore e la mente della condizione umana.