Il match Erdogan-Assad in Siria: cinque scenari
di Alberto Negri - 21/02/2018
Fonte: Alberto Negri
Quella siriana è la guerra degli assedi: da Aleppo a Homs, da Raqqa a Ghouta e ora Afrin. Afrin potrebbe diventare una tragica replica di Kobane ma in uno scenario bellico assai mutato rispetto al passato quando Assad appariva alle corde. Durante l’assedio dell’Isis a Kobane, roccaforte siriana dei curdi al confine con la Turchia, era già chiaro l’obiettivo di Ankara: mentre attraversavo clandestinamente il confine per raggiungere le forze curde, i turchi bastonavano i volontari che volevano unirsi alla battaglia contro il Califfato. Per la verità accadde anche di peggio: i turchi consentirono ai jihadisti di aggirare alle spalle le difese curde.
Erdogan, che aveva già trattato direttamente con il Califfato il rilascio dei suoi diplomatici intrappolati a Mosul, pensava ancora di usare i jihadisti per vincere la guerra contro Assad e i curdi.
Allora, eravamo nell’ottobre del 2014, questo era ancora un conflitto per procura combattuto contro Damasco e il suo maggiore alleato regionale, l’Iran. Con l’ingresso in campo della Russia il 30 settembre 2015 tutto è cambiato e adesso la Turchia, venuta a patti con Mosca e Teheran, è intervenuta direttamente.
Quando la Turchia ha aperto l’autostrada del Jihad, facendo affluire migliaia di combattenti sperava ancora di eliminare il regime e impadronirsi di una fetta di Siria, magari annettendo anche Aleppo, il maggiore centro economico del Paese dove da anni circolava la lira turca. Queste ambizioni sono crollate e la Turchia si è trovata a gestire il suo peggiore incubo strategico: una zona autonoma curda ai suoi confini, in buoni rapporti con il Pkk di Abdullah Ocalan, possibile catalizzatore dell’irredentismo dei curdi dell’Anatolia del Sud Est.
In realtà oggi abbiamo a che fare con i calcoli sbagliati di Ankara, incoraggiati in questi anni dal fronte delle monarchie arabe anti-sciite e dagli stessi Stati Uniti quando il segretario di stato era Hillary Clinton. E può accadere che quando si vogliono correggere degli errori se ne facciano di ancora più grandi.
Nella foto: carri armati turchi verso Afrin nell'operazione "Ramo d'Ulivo"
Vediamo che cosa può succedere in Siria nel match Erdogan-Assad.
1) Erdogan, dopo avere fomentato per anni la guerra in Siria con i jihadisti, adesso ha la soddisfazione di fronteggiare ad Afrin le Forze popolari siriane intervenute a favore dei curdi. Nei proclami di Erdogan i turchi sono pronti a stringere d’assedio la città, una sorta di rivincita sulla caduta di Aleppo e il presidente turco avrebbe chiesto alla Russia di evitare di appoggiare Assad con l’aviazione.
2) Se lo scontro ci sarà davvero il conflitto siriano rischia di estendersi, un’eventualità che però non è negli interessi né della Russia né degli Usa. Mosca vorrebbe dare il via alla ricostruzione economica della Siria mentre Washington è intenzionata a disimpegnarsi anche se oggi è costretta a restare sul campo. Gli Usa, che hanno 10 basi militari in Siria tra cui Manbij, possono frenare Erdogan? Ci sono dei dubbi ma la Turchia è ancora nella Nato e questo è un confine dell’Alleanza Atlantica con dozzine di basi nel territorio turco. La Russia può giocarsi due carte e intervenire diplomaticamente sia con la Turchia che con il regime di Damasco. L’Iran a sua volta sostiene Assad ma ha anche buoni rapporti con Ankara e in aprile è già stato deciso un vertice a tre a Istanbul con Erdogan, Rohani e Putin.
3) Erdogan, se vuole limitare le perdite, segue i consigli di Putin e di Teheran, altrimenti si troverà a mal partito: gli altri sanno fare la guerriglia meglio di lui, in particolare le formazioni sciite che si troveranno a fronteggiare oltre ai turchi anche i miliziani sunniti del Free Syrian Army, manovrato da Ankara, che però non sono all’altezza dei guerriglieri curdi e sciiti. Il Kurdistan turco, davanti a questo scenario bellico, costituito da eserciti e milizie contrapposte, gli sembrerà una passeggiata a confronto di quello siriano.
4) Se Ankara e Damasco contengono adesso le operazioni militari, tra qualche tempo Erdogan e Assad potrebbero mettersi d’accordo per tenere a bada i curdi. In realtà Assad interviene a sostegno dei curdi per evitare che una loro debacle favorisca troppo la Turchia.
5) Erdogan, con il colpo di stato del 15 luglio 2015, è stato più vicino alla caduta di Assad e il prossimo anno ha le elezioni presidenziali. Punta sull’operazione “Ramoscello d’Ulivo” per giustificare la repressione interna e compattare il fronte nazionalista: infatti sta forgiando un’alleanza con l’Mhp, braccio politico dei Lupi Grigi. Non male per uno che è stato dal Papa di recente. Ma la Siria, se non sta attento, può diventare per lui, invece di un successo propagandistico, una sorta di mini-Vietnam.