Il modello norvegese
di Federico Arkel - 24/06/2019
Fonte: Appello al Popolo
Disoccupazione in Norvegia a maggio 2,1%. Non sono nell’euro, non sono un “grande” Paese che potrà mai competere con Cina, USA o quant’altro (e perché dovrebbero poi competere con loro?), hanno alti stipendi ed elevate tasse, il che li renderebbe sostanzialmente un paese importatore, estremamente non competitivo anche dal punto di vista delle estrazioni petrolifere (visto che molti mi dicono: eh, ma loro hanno il petrolio!). Qual è quindi la differenza sostanziale?
Hanno moneta propria legata alla propria banca centrale, quindi hanno autonomia di politica economica e un “libero” potere decisionale per rispettare gli interessi primi del Paese. Questo permette allo Stato di tutelare e incentivare l’innovazione e l’imprenditoria privata. Allo stesso tempo però, molte industrie statali competono coi privati in alcuni settori strategici. Hanno anche un buon sistema sanitario statale, elevate tutele sociali, un’istruzione elevata con università gratuite e insegnanti ben retribuiti ed è tra i Paesi con più dipendenti pubblici per abitante (mamma mia tutta questa spesa pubblica!). La settimana lavorativa in media è di 37,5 ore, ma molti lavorano anche meno; ad esempio chi lavora in fabbrica sui 3 turni (matt, pom, notte), tra settimane pesanti e recuperi lavora in media 33,6 ore/settimana (ma gli scansafatiche sono gli italiani, greci, ecc.). Pensando quindi alle politiche economiche che la UE propone ai Paesi per migliorare le proprie situazioni, che sono sostanzialmente l’opposto di quanto fa la Norvegia, direi che la Norvegia dovrebbe essere fallita. Invece è lì, tra i Paesi più felici e prosperi al mondo da decenni! Come sistema che coniuga imprenditoria privata, pubblica e tutele sociali, fatte le enormi debite differenze temporali, potrebbe essere paragonato all’Italia degli anni ’50, ’60 e ’70. Le ricette giuste quindi le abbiamo, ma assumiamo medicine errate, per poi ammirare il benessere altrui. Assurdo no?