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Il mondialismo è un americanismo

di Diego Fusaro - 27/01/2018

Il mondialismo è un americanismo

Fonte: Interesse Nazionale

La mondializzazione capitalistica si presenta, a ben vedere, come americano-centrica essenzialmente per due ragioni: in primo luogo, perché universalizza la subcultura americana del consumo nichilista e della frammentazione individualistica legata al progetto cool e trendy del liberal-libertinismo edonista, il nuovo totalitarismo glamour e permissivo.

Il mondialismo non è se non l’universalizzazione dell’american way of life e, dunque, l’occidentalizzazione materiale e immateriale del pianeta. In secondo luogo, la globalizzazione è americano-centrica perché trova nella potenza militare a stelle e strisce il proprio vettore di espansione ovunque incontri resistenze.

 

Sul piano geopolitico, la monarchia del dollaro – Leviatano del nuovo ordine planetario – opera nella stessa direzione del mercato globalizzato capitalistico, del quale è il braccio armato. Travolge e abbatte tutto ciò che ostacola l’estensione illimitata del mercato, la libera corcolazione degli uomini ridefiniti come merci, la mercantilizzazione integrale della vita e la privatizzazione individualistica della società: è nemica giurata delle decisioni politiche degli Stati sovrani, delle frontiere territoriali, delle religioni della trascendenza, dello stato sociale, dei movimenti di contestazione sociale del totalitarismo liberale, dell’etica classica del limite, della sopravvivenza di governi non allineati con l’ordine monopolare e renitenti al Washington consensus, del senso della tradizione che modera l’entusiasmo verso le innovazioni di cui vive la distruzione creatrice capitalistica.

Dal 1989, allorché lo Stato egemonico è uno soltanto, si assiste al metodico annichilimento di tutto ciò che, a livello sia simbolico sia reale, non è affine al nuovo ordine classista mondializzato (dalla famiglia al mondo del lavoro, dai diritti alle culture) . Quest’ultimo corrisponde, nella sua logica, al capitalismo divenuto absolutus perché realizzato nel superamento di ogni limite. Con la grammatica hegeliana, l’immane potenza del negativo si è integralmente dispiegata nella condizione dell’alienazione universale e della perdita di sé, da parte dell’umanità, nell’esteriorità deiettiva della furia del dileguare capitalistica, centrata sul processo di valorizzazione infinita divenuto fine a se stesso e sullo sfruttamento classista subito passivamente dal Servo precarizzato.