Il mondo sta male perché è zeppo di narcisisti
di Claudio Risé - 13/05/2021
Fonte: Claudio Risé
Il mondo non sta benissimo, anche di testa, e viene dunque naturale chiedersi se e fino a che punto la psicoterapia possa ancora aiutare a qualcosa. Questioni come queste si intravedono sullo sfondo delle risposte fornite in un testo fresco di stampa da uno dei massimi luminari della psicoterapia contemporanea: Otto Kernberg, già presidente e didatta della Società Internazionale di Psicoanalisi e tuttora docente al Cornell Medical College di New York. Kernberg è anche uno dei massimi testimoni diretti della storia e sviluppo delle psicoterapie del nostro tempo, che ha vissuto da posizioni di alta responsabilità professionale per gran parte dei suoi tuttora attivissimi e avventurosi 93 anni.
È probabilmente lui il maggiore esperto della patologia psichica attualmente più diffusa: il narcisismo, che (come nel mito che gli dà il nome) affligge individui così presi da se stessi e dalla propria immagine da indebolire gravemente l'interesse e la relazione con gli altri. Cosa egli pensi del mondo di oggi, e di se stesso è raccontato nel libro appena uscito: "Dottor Kernberg, a cosa serve la psicoterapia? Riflessioni e ricordi di un grande clinico" (Raffaello Cortina editore), intervista con Manfred Lutz, psicoanalista e teologo di Colonia, dove dirige il rinomato ospedale Alexianer
Kernberg, come dimostra le sua vita, non è cresciuto a casi clinici studiati a tavolino, o addirittura discussi "da remoto", come accade oggi. Aveva nove anni quando tornando a casa da scuola, a Vienna, vide un soldato delle Squadre d'Assalto tedesche che costringeva sua madre, borghese e benestante, a lavare il marciapiede, con intorno un capannello di gente che la derideva: i nazisti avevano occupato Vienna, e i Kernberg erano ebrei. In modo abbastanza rocambolesco e passando per l'Italia, riuscirono a raggiungere il Cile, dove Otto volle poi diventare medico, psichiatra, allievo e assistente del geniale Ignacio Matte Blanco; il primo a riconoscere la collaborazione tra le due logiche della coscienza e dell'inconscio, diverse ma unite (non separate come credeva Freud). Il Maestro cileno lo prese a cuore e lo aiutò nella specializzazione in psichiatria. (Io feci a tempo a conoscere Matte Blanco una trentina di anni fa, a un seminario a Eupilio, nel Convento dei Barnabiti, dedicato a: Psicoanalisi e religione. Magro e ieratico, irreprensibile, chiedeva una michetta di pane la sera prima di andare a dormire, per acquietare i risvegli notturni, e la mattina era il primo a entrare nella Cappella, per le Lodi mattutine e la Messa). La formazione con Matte Blanco, il suo "docente più importante", come viene presentato nel libro, per il quale la logica matematica era importantissima, rese Kernberg (assieme alla lotta per l'esistenza, dura fin dall'infanzia) capace di unire la comprensione dei simboli della psicologia del profondo al lucido riconoscimento dei fatti della realtà, senza perdersi in castelli interpretativi mentali e ideologici, spesso slegati dai fatti della vita quotidiana. Riunire i due piani, oggi, è poi reso urgentissimo dalla gravità dei malesseri psicologici ormai diffusi. "Oggi vediamo pazienti che si comportano in maniera totalmente folle, autodistruttiva, la cui vita è un inferno anche quando lo negano" racconta Kernberg; e per sincerarsene basta leggere un giornale o ascoltare un notiziario.
In questa situazione "diventa necessario far capire loro che devono prendersi cura della vita concreta". I disturbi psichici di oggi sono molto più gravi e ciò dovrebbe spingere il terapeuta a modificare la tecnica terapeutica. Sono, ad esempio, pazienti cui Kernberg direbbe: "sono impressionato: tra due giorni lei ha un esame da cui dipende il suo futuro all'Università e non ci pensa affatto. Preferisce raccontarmi dei suoi annosi problemi con sua madre." Andrebbe insomma al sodo, invece di perdersi nei fantasmi perversi che affascinarono Freud più di un secolo fa.
Un atteggiamento così esplicito e chiaro nel mettere al centro dell'attenzione l'"ama il prossimo suo come te stesso, e Dio sopra ogni cosa", anche per Kernberg principale regola della salute mentale, prima ancora che religiosa, è ancora oggi troppo anticonformista, anche nelle diverse chiese psicologiche. L'intervistatore, Manfred Lutz, non manca di ricordarlo a Kernberg: "Lei può permettersi di rendere pubbliche queste idee perché ha novantun anni ed è uno psicoanalista rinomato. Ma uno psicoanalista in erba, all'inizio della carriera, non oserebbe farlo. Sarebbe sospettato di misticismo”. E ancora una volta Kernberg, implacabile svelatore dei Narcisi, non gira al largo dalla questione: " Adesso per me è indifferente l'opinione che gli altri hanno di me. Siamo realisti. Il mio è un problema di tempo. Non me ne resta molto per scrivere. Dico e scrivo quel che ancora posso, invece di fare grandi progetti, e di restare poi deluso perché li devo interrompere sul più bello". Così si esprime il grande clinico, e ogni narcisismo svapora.
Per Kernberg il lavoro occupa uno spazio centrale. "lavoro dalle 8 alle 20, dal lunedì al venerdì. Il sabato e la domenica mi riposo. Sessanta ore ma molto varie; sembra che lavori come un mulo, ma in realtà mi piace. I racconti dei pazienti, istruttivi anche per me, le supervisioni, l'insegnamento, la ricerca."
Senza nascondere la politica, bella esplicita anche quella: "sono un fervente sionista, fortemente identificato con Israele. Con orrore della maggior parte dei miei amici, pacifici e cortesi sionisti di sinistra, io sono per la forza militare, sostengo la necessità di essere pronti a lottare per l'indipendenza, i diritti, la sopravvivenza dello Stato. Definirei liberale la mia idea politica generale, ma come la si intende in Europa, non qui negli Stati Uniti, dove liberale equivale a ‘di sinistra’".
E L'avvenire di un'illusione, il libro dove Freud immagina la fine di ogni religione? "Un libro scialbo. Gli analisti della prima generazione erano tutti atei a priori… Nessuno ci rifletteva meglio, cosa che mi è sempre parsa discutibile". Grazie per la franchezza e per tutto, Otto Kernberg.