Il multipolarismo e Donald Trump
di Daniele Perra - 06/11/2024
Fonte: Daniele Perra
Non nutro alcuna simpatia/stima per la persona Donald J. Trump, per ciò che ha rappresentato (un capitalismo vorace, truffaldino, senza regole, che insulta lo Stato, salvo poi correre a piangere dalle stesse istituzioni statali quando è in difficoltà e si trova indebitato fino al collo con le banche estere) e per ciò che rappresenta oggi (il sogno bagnato delle lobby sioniste e delle sette messianiche del giudaismo e del protestantesimo nordamericano). La sua elezione nel 2016 non mi ha provocato alcun tipo di entusiasmo; quella di quest'anno anche meno e cercherò di spiegarne il perché.
Inoltre, nutro assai scarso interesse per il processo elettorale statunitense; dove di democratico c'è ben poco, essendo gli USA un'oligarchia lobbystica in cui il voto popolare ha solo valore orientativo.
Detto ciò, in un mondo che procede a "grandi falcate" verso il superamento dell'ordine globale liberale e la costruzione di uno più "conservatore" e "protezionista", l'elezione di Trump (sostenuta da un personaggio come Elon Musk, per quanto mi riguarda assai squallido) può voler dire solo una cosa: ovvero, che gli USA vogliono guidare tale processo e metterci il loro cappello sopra per costruire una sorta di multipolarismo egemonico (in cui Washington continua ad esercitare un ruolo predominante). In altre parole, si tratta di una rivisitazione "conservatrice" del multilateralismo proposto dal duo Obama-Clinton.
In questo senso, l'elezione di Trump serve da ritardante verso la costruzione di un reale mondo multipolare fondato, come sostiene lo storico russo Aleksej Miller, "sull'idea di un equilibrio di forze e di interessi nello spirito delle nazioni del XIX secolo". Ciò, tuttavia, non significa che tale evoluzione non vi sarà. Come scritto in alcune considerazioni precedenti, le dinamiche e gli eventi a cui stiamo assistendo hanno radici lontane; tali processi storici non possono essere fermati ed avranno ripercussioni per decenni ed oltre sulle prossime generazioni. Tuttavia, continua Miller, bisogna stare attenti agli "attuali sussulti dell'Occidente, ormai divenuto fonte di grandissima instabilità per il mondo".
Se consideriamo che è stato Donald Trump, con gli "accordi di Abramo" e l'assassinio di Qassem Soleimani, a dare il via a questa nuova fase di conflitto nel Vicino Oriente (con l'incombenza di una "guerra totale" contro l'Iran alla quale la propaganda occidentale sta lavorando alacremente - si veda la storiella della ragazza seminuda), le prospettive per il futuro prossimo non sono rosee.
In questo caso, l'Iran dovrebbe cercare di non farsi attirare in uno scontro su vasta scala e cercare di logorare Israele in un conflitto lungo ed asimmetrico (dove i costi economici, militari e umani per Tel Aviv crescano costantemente). La sconfitta strategica di Israele è infatti fondamentale per far crollare il nuovo disegno egemonico USA.