Il nodo
di Enrico Tomaselli - 04/03/2025
Fonte: Giubbe rosse
C’è del paradossale, in questa levata di scudi delle leadership europee - pressoché al completo - contro l’amministrazione Trump, che tra l’altro conferma come queste siano largamente composte di incapaci, affetti da un infantilismo politico spaventoso, pari soltanto alla loro arroganza. Ed il paradosso sta nel fatto che, nella convinzione di fare un dispetto a Trump, si apprestano a fare esattamente ciò che Trump chiede, ovvero farsi carico in prima persona della difesa europea, poiché gli Stati Uniti non considerano più così rilevante questo teatro, e vogliono indirizzare altrove le proprie risorse militari. Peraltro, a chi non fosse ottenebrato dalla propria incapacità cognitiva, era chiaro da tempo che questo fosse l’orientamento verso cui si stavano volgendo gli USA, e già quando Biden sedeva ancora alla Casa Bianca. Cosa questa più volte sottolineata, scrivendo del conflitto ucraino. Il che rende evidente che non si tratta di un capriccio del nuovo presidente, ma di un'evoluzione strategica americana, e che Trump in questo ha apportato semmai soltanto il suo stile ruvido e spiccio.
Ciò che è lungamente sfuggito ai leader europei - e che evidentemente continua a sfuggire - è che la crisi nazionale ed imperiale degli Stati Uniti è profonda e significativa, e che pertanto, in un modo o nell’altro, richiedeva misure straordinarie per essere affrontata. Fondamentalmente, quindi, non è poi così sorprendente che la postura statunitense sia mutata: sono tempi difficili, nei quali non c’è più spazio per i formalismi - evidentemente ritenuti una perdita di tempo - e sono invece i rapporti di forza a venire brutalmente in primo piano. Ciò che sta facendo Trump è togliere all’America il guanto di velluto, per agitare platealmente il pugno di ferro. Ma che dentro il primo vi fosse il secondo solo gli sciocchi potevano ignorarlo.
Abbiamo così una pletora di leader e leaderini che - a fronte di una amministrazione statunitense che ci dice di provvedere da soli alla difesa del continente - corrono di qua e di là in preda alla confusione, concordi soltanto sul fatto che... l’Europa debba difendersi da sola! Convinti però che così facendo faranno un dispetto all’insopportabile inquilino della Casa Bianca. Tutta la prosopopea sulla difesa “fino alla fine” dell’Ucraina, infatti, alla fine si riduce al puro nulla; persino degli incapaci come loro sono consapevoli che allo stato attuale l’Europa non ha alcuna possibilità seria di intervenire in favore di Kiev, in un modo e/o in una misura anche solo vagamente significativa.
Quello che però - mi sembra - nessuno abbia rilevato, e che invece è a mio avviso il vero nodo di tutta la questione, sta altrove. E risiede nel fatto che tra Europa e Stati Uniti c’è una differenza profondissima, che sta a monte di tutte quelle politiche, economiche, sociali e militari ben note. Gli Stati Uniti, infatti, si sono sempre mossi sulla base del proprio interesse nazionale, anche quando l’hanno ammantato di nobili ideali validi erga omnes, mentre i paesi europei - quantomeno a partire dal 1945, quando hanno deciso di accettare il ruolo di vassalli - questa ambizione e questa capacità l’hanno perduta. E se le prime classi dirigenti post-guerra avevano se non altro il ricordo di cosa significasse difesa dell’interesse nazionale (e quando possibile cercavano di farlo valere, pur nell’ambito del vassallaggio), il progressivo decadimento di quelle successive, non solo sotto il profilo politico, ma letteralmente sotto quello cognitivo, ha prodotto la più assoluta incapacità persino di concepirla. Ragion per cui, tra l’altro, tutto questo loro agitarsi appare ad un tempo triste e ridicolo.
Il punto di svolta definitivo, sotto un certo profilo, si è avuto quando - con la caduta dell’URSS - è caduta anche la divisione ideologica, e la ‘sinistra’ è stata arruolata nel campo liberista (la terza via di Clinton e Blair). Mentre gli USA sono sempre stati pragmatici, l’Europa novecentesca è stata fortemente ideologizzata; ma quando è venuto meno il confronto in questi termini, non è però venuto meno l’impianto culturale su cui si fondava, e le società europee post guerra fredda sono state caratterizzate da una postura internazionale in cui lo storico complesso di superiorità (forgiatosi durante cinque secoli di colonialismo) e approdato ad una nuova dimensione, in cui il posto delle ideologie è stato assunto dai valori. L’esportazione della democrazia, le guerre umanitarie, che per Washington sono sempre state mere cortine fumogene, a pallida copertura dei propri interessi, per gli europei sono invece divenute manifestazioni di una nobile missione valoriale, in cui - ancora una volta - spettava a loro portare al mondo la civiltà (stavolta appunto nella forma della democrazia parlamentare, del libero mercato, etc etc). In buona sostanza gli europei, negli ultimi decenni, hanno davvero creduto alle panzane raccontate dalla propaganda americana, cosicché mentre gli USA avevano le proprie strategie geopolitiche, e le portavano avanti sulla base dei propri interessi, qui ci si convinceva di essere i difensori-portatori di valori universali, che i nostri interessi fossero automaticamente garantiti da ciò, e che in ogni caso i valori dovessero prevalere sugli interessi.
È esattamente questo che spiega come sia stato possibile che i paesi europei, con una inversione a 180° istantanea, siano dall’oggi al domani passati a difendere un regime corrotto, anti-democratico e filo-nazista, scagliandosi ferocemente contro quello che sino al giorno prima era considerato un utile vicino, e per di più con un fervore di gran lunga superiore a quello statunitense. È questo che spiega perché a ciò abbiano sacrificato di tutto (accettando in silenzio la distruzione di un’arteria energetica vitale per la propria economia, inviando globalmente più aiuti di quanti ne abbiano mandati gli USA, svuotando completamente i propri arsenali), e perché oggi non riescano neanche a concepire che si possa recedere da questa battaglia per i valori democratici - anche se non sono affatto in discussione nel conflitto, ed anche a costo di negarli in casa propria.
È qui il nodo di tutta la faccenda. L’Europa ha perso ogni cognizione di ciò che significa riconoscere e difendere i propri interessi, ed a ciò ha sostituito una illusoria missione di difesa di un impianto valoriale ritenuto universale, ma al tempo stesso di indiscutibile primogenitura occidentale. Ed è per questo che odiano Trump, perché ha stracciato il velo dell’ipocrisia, mettendo in crisi l’intera architettura immaginifica sui cui si fondava l’illusione di vivere nel giardino dell’Eden democratico.