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Il nuovo cantico per san Leibowitz

di Guido Dalla Casa - 19/09/2016

Il nuovo cantico per san Leibowitz

Fonte: Arianna editrice

 

  All’inizio degli anni Sessanta del secolo scorso fu pubblicato un libro di fantascienza post-apocalittica intitolato Un cantico per san Leibowitz (di Walter Miller). In quegli anni imperava la paura di una guerra nucleare totale, paura che è durata complessivamente per tutto il periodo della guerra fredda, circa 40 anni.  “Il giorno dopo” (che è stato anche il titolo di un film degli anni Ottanta) come vi era descritto? Radioattività, morte, esseri deformi…I sopravvissuti, arrabbiati più che mai, se la pigliavano con chiunque sapesse appena qualcosa di fisica nucleare. Chi conosceva la relazione di Einstein fra energia e massa (E=mc2) veniva linciato dalla folla, il “sapere” di quel tipo era considerato di per sé stesso una causa della catastrofe…Leibowitz era un tecnico linciato da una folla inferocita. Un fraticello viaggiava su un asino per portare frammenti bruciacchiati dei suoi disegni (schemi, forse tracce di particelle nucleari in una camera a bolle) di cui nessuno capiva più nulla. Leibowitz era stato proclamato santo in quanto martire. Allora la fantascienza “post-apocalittica” viaggiava su quel binario.

Scala dei tempi e civiltà industriale

  La Terra ha 4-5 miliardi di anni. La Vita ha tre miliardi di anni, l’umanità ha tre milioni di anni (se assumiamo, come data convenzionale di inizio, l’esistenza della nostra antenata Lucy), la cultura occidentale giudaico-cristiana ha duemila anni, la civiltà industriale ha due-trecento anni. Meditiamo su questi tempi e sul loro significato: troviamo spesso un rapporto 1:1000 ad ogni passaggio.

  Le estrapolazioni in avanti di moltissimi fenomeni in corso (fra cui soprattutto l’aumento della popolazione umana sul Pianeta, 80-90 milioni all’anno, e la crescita dei consumi) danno risultati palesemente paradossali già attorno all’anno 2030: non vi si potrà arrivare così, tranquillamente, continuando come ora. L’innesco di “qualcosa” che farà arrestare molte tendenze attuali (come la crescita economica, fenomeno palesemente impossibile), è da attendersi entro la fine di questo decennio.

  Il mondo di oggi è in gravissima crisi. La civiltà industriale, nata circa due secoli fa ma che ha manifestato la sua natura distruttiva solo da un secolo (dato che procede con legge esponenziale), sta per finire perché è incompatibile con il funzionamento del sistema più grande di cui fa parte. Qualunque discorso serio sul prossimo futuro dovrebbe iniziare così: “Il modello culturale umano denominato civiltà industriale, fondato sull’incremento indefinito dei beni materiali ed espressione attuale della cultura occidentale, è fallito. Dobbiamo gestire il transitorio verso modelli completamente diversi riducendo il più possibile gli eventi traumatici, che sembrano ormai  inevitabili.”

  La prossima fine di un fenomeno tanto negativo e distruttivo è una buona notizia, ma il transitorio può riservare eventi poco piacevoli.

 

Il primo valore

  Il primo valore non può essere altro che la buona salute dell’Ecosfera, cioè dell’Ecosistema complessivo, di cui facciamo parte integralmente, assieme a tutti gli altri esseri senzienti e alle relazioni che li collegano. Forse c’è una grande difficoltà a trattare l’argomento con queste premesse, ma è soltanto perché ogni modello culturale è incapace di concepire la propria fine.

 Nel Manifesto per la Terra di Mosquin e Rowe (www.ecospherics.net) si legge: L’esperimento dell’umanità, vecchio di diecimila anni, di adottare un modo di vita a spese della Natura e che ha il suo culmine nella globalizzazione economica, è fallito. La ragione prima di questo fallimento è che abbiamo messo l’importanza della nostra specie al di sopra di tutto il resto. Abbiamo erroneamente considerato la Terra, i suoi ecosistemi e la miriade delle sue parti organiche/inorganiche soltanto come nostre risorse, che hanno valore solo quando servono i nostri bisogni e i nostri desideri. E’ urgente un coraggioso cambiamento di attitudini e attività. Ci sono legioni di diagnosi e prescrizioni per rimettere in salute il rapporto fra l’umanità e la Terra, e qui noi vogliamo enfatizzare quella, forse visionaria, che sembra essenziale per il successo di tutte le altre. Una nuova visione del mondo basata sull’Ecosfera planetaria ci indica la via.         (Anno 2004)

Il nuovo Cantico

  Per 40 anni siamo stati sull’orlo di un “grosso guaio”: vi siete mai chiesti perché non è successo? Il carico di missili e testate nucleari di un solo sommergibile era in grado di far fuori quasi un intero continente, il Dottor Stranamore non era soltanto un film, la crisi di Cuba aveva portato a poche ore dall’Apocalisse … In Italia erano installati missili Jupiter con testata nucleare pronti a partire in tempo brevissimo (su ordine USA). Anche un uomo solo poteva far scattare tutto in pochi minuti, e 40 anni sono un tempo lungo per questo genere di eventi. Bastava ben poco, in tante occasioni, ma non è successo. Non credo proprio che ciò sia dovuto a “saggezza umana”.

 In realtà il disastro nucleare non poteva succedere, perché la Terra si sarebbe ridotta in pochi giorni a quella che era stata chiamata (nel libro di Jonathan Schell Il destino della Terra, uscito in quegli anni) ”una repubblica di insetti e di erbe”: avrebbe impiegato decine di milioni di anni per riprendersi. Ma la Terra è molto più importante di noi umani, che ne siamo solo componenti, come le cellule di un Organismo: il Pianeta non poteva ridursi così. Ora invece, una forma di collasso è non soltanto possibile, ma necessaria per salvare il Complesso dei Viventi, in gravissimo pericolo: questa civiltà ha ormai invaso il pianeta e il numero di umani ha largamente superato ogni valore tollerabile. Forse ci sarà una specie di guerra a pelle di leopardo, alimentata da fanatici e contro-fanatici, o sarà la mente estesa che difende il Pianeta?

….  Se quel “giorno dopo” di un romanzo di fantascienza venisse scritto oggi?   

  Mi sembra di leggere il racconto: chi nominava il P.I.L. veniva linciato dalla folla, conoscere il significato dello spread, del tasso di sconto e dei bond era considerato un delitto. Pronunciare parole come inflazione o deflazione poteva avere conseguenze  gravissime. Il termine crescita veniva accuratamente evitato: per indicare l’aumento di qualcosa si usava piuttosto un giro di parole. La Bocconi era già stata data alle fiamme. Chi nominava il Nasdaq si salvava solo se diceva che era il nome di una montagna della Groenlandia. Forse qualcuno sapeva che un tempo esisteva perfino un Ministero per lo sviluppo economico, ma non lo nominava neppure per non  incorrere in gravi conseguenze.

Il linguaggio economico

  Il primato dell’economia ci sta portando verso il disastro, verso un mondo senza varietà dei viventi. Nessuna attività umana ha distrutto la Vita quanto la smania economicista che ci sta divorando.

 Molti movimenti integrati nel sistema, quelli cosiddetti “ambientalisti”, continuano a parlare con il linguaggio dell’economia.  Ci sono poi movimenti utilissimi e animati dalle migliori intenzioni, come la Decrescita felice o quelli “della transizione”, che propagandano idee di cambiamenti notevoli, vogliono giustamente sostituire le fonti energetiche, ma in sostanza tendono a “verniciare di verde” il mondo attuale, troppo spesso usano ancora il linguaggio dell’economia.

  Non ci salveremo continuando a usare quel linguaggio. Penso che bisognerà andare oltre, abbandonare anche nei discorsi le merci, i beni, il PIL, il mercato, forse anche il denaro e l’economia stessa.

  Il primato dell’economico deve assolutamente cadere. Un grosso aiuto può venire da un pensiero appena nascente che comprende diversi movimenti, anche se numericamente non molto rilevanti: l’Ecologia Profonda, gli studi sulla mente animale, la mente estesa, l’Ecopsicologia, lo studio delle culture native e orientali antiche, il miglioramento dei rapporti con gli altri esseri senzienti (fino a pervenire a forme di simbiosi), la critica alla civiltà, e così via.

  Un modo con cui la Terra inizia a difendersi dalle distruzioni provocate dalla nostra civiltà può essere il sorgere di esaltazioni fanatiche (e contro-fanatiche), in una gran parte dell’umanità. Ne scoppierebbe una violenza diffusa a macchie di leopardo, senza fronti di guerra, ma che potrebbe essere l’innesco della fine di questa civiltà, che crede di poter arrivare a una Terra con 12-15 miliardi di individui di un Primate

di 70 Kg che pretende anche di mangiare carne. Sono già in corso migrazioni di massa da un continente la cui popolazione umana raddoppia ogni trenta anni senza speranza di contenimento, un continente dove il 90% della Natura originaria è già stata distrutta nel silenzio di tutte le Autorità e delle istituzioni cosiddette “religiose”.

   Non importa ipotizzare che la Terra sia un essere senziente (non necessariamente cosciente) come nella teoria di Gaia: possiamo anche considerarlo un sistema complesso in evoluzione, in procinto di recuperare le sue capacità omeostatiche e riportarsi in una situazione consona con i suoi tempi di variazione, che sono diecimila volte più lunghi di quelli che caratterizzano i processi della civiltà industriale.

  Se non volete accettare la presenza del “Grande Inconscio” o della mente di Gaia,  possiamo dire che il sistema complesso “Terra” si sta preparando a riprendere un andamento accettabile con un punto di quasi-discontinuità: agli effetti pratici immediati non cambia molto. Nessuno ci pensa semplicemente perché ogni modello culturale umano è incapace di concepire la propria fine.

Le “quattro religioni”

  Le tre religioni abramitiche (cristianesimo, ebraismo, islam) sono fortemente antropocentriche e filosoficamente uguali: forse è proprio per questo che, di fatto, sono sempre state in forte contrasto fra loro, con fasi alterne.

   Mente estesa, Anima del Mondo, Inconscio Ecologico, Animismo, esseri senzienti, Madre Terra: non sanno neanche di cosa stiamo parlando, o fanno finta di non saperlo. Forse perché se ci sono queste idee di fondo, o comunque  si trova la Divinità immanente nella Natura, non c’è più bisogno di intermediari: quelle tre visioni del mondo (che in realtà sono una sola) possono andare a casa, e con esse i loro sedicenti rappresentanti.

  La parte laica dell’Occidente, più che mai seguace della “crescita” e fanaticamente legata al materialismo e alla visione cartesiana-newtoniana del mondo, si comporta nei fatti come un’altra religione: ha fatto un’alleanza con la parte “religiosa”, ha sostituito il merito selettivo dell’evoluzione al diritto divino conservando alla nostra specie tutti i suoi privilegi e il suo distacco dal mondo naturale. La scienza “ufficiale” continua su questa via, in netto disaccordo con le sue stesse conoscenze.

  Anche la definizione classica della sostenibilità (un processo sarebbe sostenibile se “i nostri discendenti” non ne hanno un danno) è assai discutibile. Mi sembra invece molto migliore l’espressione seguente: “L’andamento di un sistema è sostenibile se può durare a tempo indefinito senza alterare in modo apprezzabile l’evoluzione del sistema più grande di cui fa parte”. Tale definizione è priva di riferimenti antropocentrici e tiene conto della vita (o del funzionamento) dell’Ecosfera, che comprende anche la nostra specie.

  Senza un sottofondo animista-panteista che dia un valore in sé (e non in funzione umana) a tutte le entità naturali, sarà ben difficile pervenire a modelli culturali veramente diversi e compatibili con i più grandi cicli naturali che persistono da centinaia di milioni di anni. Tra l’altro, l’animismo-panteismo è stata la visione del mondo durata più a lungo (forse due milioni di anni).

Conclusioni

  Possiamo sempre sperare in un “meraviglioso imprevisto”, ma comunque girerò in modo “ottimistico” le conclusioni: L’attuale civiltà industriale sempre-crescente è il modello culturale umano più distruttivo per la Vita che sia mai comparso sulla Terra. Quindi la sua prossima fine dovrebbe rallegrarci.

  Bisognerà comunque gestire la transizione, e non sarà facile.

  Terminerò con due citazioni:

 “L’uomo è la specie più folle: venera un Dio invisibile e distrugge una Natura visibile, senza rendersi conto che la Natura che sta distruggendo è quel Dio che sta venerando”                     Hubert Reeves (Astrofisico canadese)   

  L’ideologia industriale è alle corde. Il tragico ecologico l’ha sconfitta. (Guido Ceronetti–1992)