Il parassita
di Livio Cadè - 14/03/2021
Fonte: EreticaMente
I parassiti sono creature ripugnanti, moralmente ed esteticamente. La loro esistenza ha qualche scopo nell’ordine dell’universo, che la renda degna di rispetto? E un tale ordine esiste? Una pulce potrebbe chiedersi se la vita dell’uomo sia importante o rispettabile. O addirittura, come alcuni credono, sacra. Difficile essere obiettivi in tali questioni. Di fatto, non mi pare che la Natura attribuisca alla vita di un uomo maggior importanza di quella che conferisce alla vita di un insetto o di un fiore, o che abbia per noi una speciale affezione. Nella sua prospettiva, l’uomo non conta più di un’ameba.
Prendiamo il Plasmodium della malaria; un essere che, nella nostra visione antropica, giudicheremmo insignificante. Un semplicissimo organismo unicellulare che ha come unico scopo apparente nella vita quello di alimentarsi e riprodursi. Non possiamo notare in lui alcuna traccia di evoluzione culturale, etica o spirituale. Come può la Natura permettere che una creatura tanto rozza uccida centinaia di milioni di nobili esseri umani? Dobbiamo accettare, con amaro disappunto, che un animaletto microscopico, senza sistema nervoso, senza cervello, senza alcuna nozione del Bene e del Bello, possa distruggere l’uomo, vertice meraviglioso dell’evoluzione.
Tuttavia, se osservassimo il comportamento di questo protozoo, lo troveremmo stupefacente. Le sue uova prendono dimora nello stomaco di una zanzara, dove crescono e si gonfiano di nuove cellule fino a scoppiare. I parassiti si dirigono quindi a migliaia verso la ghiandola salivare dell’insetto e vi alloggiano, come nella sala d’attesa di una stazione. Quando la zanzara punge un uomo, inietta nel foro una gocciolina di veleno, espediente che ritarda la coagulazione del sangue e le permette un pasto più lungo. Il Plasmodium ne approfitta come di un traghetto. Defluisce nella piccola ferita insieme alla saliva e infetta l’ospite umano. Vien da chiedersi come potesse sapere che la zanzara avrebbe punto un uomo e gli avrebbe iniettato del liquido secernendolo proprio da quella ghiandola.
Una volta entrato, il parassita si dirige verso le cellule del fegato, dove si nasconde, sfuggendo alla sorveglianza dei nostri anticorpi. In quell’alveo sicuro si moltiplica, generando migliaia di esseri simili a lui. Questi fanno infine ‘esplodere’ le cellule ospiti e si diffondono nel sangue. I nuovi parassiti penetrano nei globuli rossi, li divorano dall’interno e in essi nuovamente crescono fino a causarne la lisi, riversandosi nel circolo ematico. Invaderanno così altri globuli, ricominciando da capo e consumando gradualmente il nobile essere umano, indifferenti alla sua superiorità morale e intellettuale. Alcuni protozoi resteranno invece all’interno dei globuli, aspettando che un’altra zanzara punga l’uomo e li aspiri. Così il parassita ripercorrerà a ritroso il suo cammino, tornando dall’uomo allo stomaco della zanzara, dove si riprodurrà sessualmente e ripeterà il ciclo.
Questa sorprendente catena di eventi produce da secoli una quantità inimmaginabile di sofferenza e di morte nella popolazione umana. Eppure, come non ammirarne l’incredibile perfezione? Per noi l’uomo vale infinitamente di più del Plasmodium malariae, ma la Natura non sembra dar peso a questa disuguaglianza di valori e al fatto che un parassita incosciente uccida milioni di esseri intelligenti e sensibili. Se crediamo a un universo teleologico, progettato con qualche finalità, è difficile per noi comprendere quale scopo abbia l’esistenza di questo come di tanti altri parassiti. D’altro canto, se il Plasmodium potesse porsi un simile problema, direbbe che l’uomo esiste per permettere a lui di nutrirsi e sopravvivere.
Di fatto, il parassita della malaria vive grazie a noi, come noi viviamo a spese di altri esseri viventi. Noi siamo preda del Plasmodium malariae come altri esseri sono nostre prede. V’è in questo, più che una lotta per la vita, un’incredibile complessità di interazioni inconsce e involontarie tra le varie forme esistenti. Stento a credere che questo parassita possa far progetti e perseguirli con precisione, come se avesse una perfetta conoscenza degli organismi di una zanzara e di un essere umano, nonché della relazione tra loro. Eppure, anche se non possiede organi di senso o di pensiero come noi li concepiamo, tutti i suoi movimenti sembrano guidati da un sistema finalistico cosciente, da una mente che sa bene come usare l’ambiente per i propri scopi.
In questi casi la scienza ricorre a congetture che, con l’aria di fornire una spiegazione, lasciano le cose nella più totale oscurità. Potremmo supporre che questi parassiti, noi umani e ogni altra cosa creata, siamo cellule di una Mente Cosmica, e che sia quest’ultima ad assegnare comportamenti specifici, caratteri e ruoli ben definiti a ciascuno di noi, in un vasto insieme di relazioni naturali. Siamo tutti partecipi di un gioco strategico, legato ad alcune regole fondamentali, come gli scacchi o il Go, le cui combinazioni sono infinite e imprevedibili.
L’uomo sembra essere avvantaggiato, potendo disporre della scienza e della tecnologia che la sua intelligenza ha forgiato nel corso dei secoli, ma è solo un’illusione. Non v’è ragione per credere che in questo Grande Gioco non possiamo venire sconfitti. Non tanto perché un semplice virus, batterio o parassita può coglierci indifesi e annientarci. Se siamo particolarmente vulnerabili è perché la nostra stessa evoluta complessità ci minaccia, con le sue contraddizioni, i suoi intimi conflitti. L’uomo è il vero grande nemico dell’uomo, il peggior parassita e il più temibile predatore di sé stesso.
In gioco non c’è semplicemente la sua esistenza biologica, cui oggi si dà così enfatica e ingiustificata importanza, ma la sua umanità, cioè il suo patrimonio di valori. Noi vediamo che al nostro rapido sviluppo materiale corrisponde sempre più un impoverimento spirituale altrettanto imponente. Si fa sempre più concreta la possibilità di perdere quelle ricchezze intangibili che ci rendono autenticamente umani – la libertà, la creatività, la compassione, la bellezza ecc. – per sostituirle con banali proprietà e comodità materiali. Responsabili di tale declino sono tanto l’azione di parassiti spirituali e dei loro mediatori, quanto la nostra incapacità di trovare difese e terapie efficaci.
Prendiamo ad esempio la grave sindrome da ‘pandemia allucinatoria’ – o pandemenza – che oggi affligge il mondo. A questo fenomeno morboso concorrono alcuni fattori che lo accomunano alla malaria. Alla base del ciclo dell’infezione v’è infatti un piccolo insetto, il Medium Anofele (dal greco ἀνωϕελής, «inutile, dannoso»), che vive nelle paludi del giornalismo e ogni giorno depone nei cervelli della gente le sue uova, contaminate dal parassita della menzogna e della stupidità. Come il veleno della zanzara trasporta il Plasmodium nell’uomo causando la patologia malarica, così i mass media fanno da intermediari al parassita della pandemenza permettendogli di introdursi nel sistema circolatorio della mente collettiva.
Un ruolo essenziale in tale processo è svolto dal Politicum Anopheles, insetto ematofago che col suo tormentoso pungiglione inietta il veleno paralizzante di norme e decreti, rendendo impossibile al soggetto colpito muoversi e lavorare, condannandolo all’inedia. Questo liquido, come la saliva della zanzara, contiene per altro un potente anticoagulante – detto “distanziamento sociale” – che impedisce alle persone di associarsi e unirsi contro l’infezione, e permette al Politicum di pasteggiare più a lungo. All’espansione dell’agente parassitario contribuisce in modo determinante anche un altro insidioso insetto, il Peritus Anopheles, il quale inibisce la reazione immunitaria della coscienza mediante la deiezione di dati scientifici ufficiali, per loro natura falsi ma non contestabili.
Si sviluppa così questa terribile malaria che sta divorando dall’interno il nostro organismo sociale. Con ciclica regolarità siamo scossi da assurde disposizioni di legge che, mentre si autodefiniscono misure di protezione della vita, provocano un’esiziale lisi della nostra economia, della nostra cultura, della nostra libertà. Soprattutto del nostro senso di realtà, che viene profondamente alterato dall’azione psicolitica del parassita. La società si consuma in ripetute febbri terzane o quartane, trascolora, scossa da brividi e da dolori, soffocata da un’anossia sempre più grave, fino a un collasso generale, mali di cui dà la colpa a un romanzesco virus, ignorandone la causa reale.
È interessante osservare come il parassita della falsità e della follia, penetrato in noi attraverso la puntura del Medium Anopheles, si comporti in modo simile al Plasmodio della malaria. Si accasa infatti nelle nostre cellule mentali e le erode dall’interno, dilagando nella società, dove si mimetizza coi nostri valori morali e ne provoca il disfacimento. Come il protozoo si nasconde nei globuli rossi, questo parassita si annida in alcuni principi inoppugnabili – la difesa della vita, la responsabilità, il rispetto degli altri – eludendo la reazione dei nostri anticorpi etici e intellettuali. Questo è per sommi capi il meccanismo naturale, mirabile e terribile, con cui si diffonde questa malaria della psiche, portando interi popoli al delirio e all’autodistruzione.
Come altre infezioni, anche questa ha origine e si propaga nelle zone umide e malsane dell’anima. E anche il parassita della pandemenza, come il Plasmodio, ricorre a mediazioni e ad astute strategie cellulari per infettare il suo ospite. L’analogia con la malaria biologica presenta tuttavia limiti palesi. Infatti, la zanzara anofele è portatrice sana del parassita. Al contrario, i vettori umani di questo contagio psichico sembrano mostrare anch’essi disturbi psicotici. Inoltre, è molto improbabile che la zanzara interagisca consapevolmente col disegno del protozoo, o che pensi di trarne qualche beneficio. Ma è arduo credere che questi giornalisti, politici, tecnici, veicoli umani dell’infezione, che compiacenti offrono una via al parassita perché invada le nostre vite e le distrugga, siano altrettanto ignari. Disponendo di un sistema nervoso più evoluto rispetto a un protozoo, è verosimile che capiscano quello che fanno o ne abbiano una vaga percezione. Quindi, a differenza del Plasmodium malariae e della zanzara anofele, potrebbero essere penalmente perseguibili e venire un giorno processati per crimini contro l’umanità.
Ci si può chiedere per quale ragione costoro collaborino col parassita. La spiegazione più logica è che insetti di ordine superiore – appartenenti alla famiglia della Anopheles Summum, composta da gruppi di potere finanziari ed economici – li abbiano colonizzati e sottomessi. L’Anopheles Summum dispone infatti di un’enorme ghiandola salivare, simile a quella della zanzara, che secerne un veleno micidiale con cui corrompe e controlla le reazioni volitive e cognitive delle sue vittime. Questi organismi, assimilabili a grandi predatori, non attribuiscono alla vita umana più valore di quanto faccia un parassita unicellulare. E forse anch’essi agiscono spinti non da disegni ponderati ma da oscuri impulsi chimici, da un elementare tropismo. Nel perseguire i loro scopi potrebbero essere non più consapevoli di quanto lo sia il Plasmodium malariae. Anzi, credo siano assai meno lucidi e più fallibili di un protozoo senza cervello, privi di quel senso della misura e della realtà che il Plasmodio possiede in modo intuitivo e sicuro. Non si può quindi escludere che la loro illimitata sete di potere venga frustrata da un meccanismo di equilibri naturali o che lo stesso golem mediatico-sociale da loro creato possa infine ribellarsi e travolgerli.
Appare invece del tutto ascientifico identificare il parassita della malaria spirituale con queste persone od organizzazioni. Anche le grandi banche o multinazionali, che potrebbero sembrare la causa prima del processo morboso, sono solo strumenti del vero parassita, mostruose Anopheles che si limitano a succhiare il sangue dei popoli e a trasmettergli l’infezione. Tutte queste figure, il vanitoso pennaiolo di provincia, il capo di governo, l’amministratore del colosso farmaceutico o il vorace usuraio della finanza internazionale, sono semplici pedine, anelli tra noi e il male in questa immensa concatenazione di fatti, nel Grande Gioco che dà forma e sostanza all’universo. Alcune di loro hanno col parassita un rapporto di collaborazione formale, ben definito – forse lo chiamano Padrone o Maestro. Altre ne ignorano l’esistenza e semplicemente abboccano alle esche del denaro e del potere con cui il parassita le attira.
Sono tramiti, complici di una forza immateriale che convive con noi dalla notte dei tempi, adattandosi a ogni nostro cambiamento ambientale e culturale. Per nutrirsi e riprodursi questo essere ha bisogno infatti di esseri come noi, consci del bene e del male, sensibili alle sue seduzioni. Si crea così tra lui e alcuni uomini una sorta di simbiosi, da cui entrambe le parti calcolano di trarre dei vantaggi. Una volta che ha infettato il metabolismo dell’ospite, il parassita ne corrode le strutture spirituali, sostituendole con modelli d’azione e di pensiero che, avvalendoci di un concetto tradizionale, potremmo definire satanici, e che conducono l’anima alla morte. Il parassita può così soddisfare le sue esigenze alimentari, essendo un saprofita, cioè abituato a nutrirsi di organismi in decomposizione. Per questo, una volta entrato nell’ospite, ne trasforma le strutture organiche di coscienza in forme inorganiche, marcescenti.
I sintomi dell’infezione, essendo interiori, possono restare nascosti a un occhio inesperto. Esteriormente, le persone colpite da questo morbo sembrano infatti animate da buone intenzioni e da fondate ragioni. Vi sono tra loro scienziati, filosofi, filantropi, riformisti sociali, leader religiosi. Persino la Chiesa ne abbraccia le idee e le posizioni morali. Siamo arrivati al punto che un tale, fingendosi Papa, dichiara lecito, quasi un gesto d’amore, uccidere i bambini nel grembo della madre per ricavarne un intruglio vaccinale. I moderni difensori della fede non vedono in questo alcuna contraddizione con la dottrina cristiana. Perfettamente in linea con l’etica cattolica pare sia anche licenziare i dipendenti della Santa Sede che rifiutino di inocularsi il ‘vaccino’, cioè di ricevere il nuovo sacramento satanico. Forse domani questo pseudo-papa proporrà che la Città del Vaticano si chiami Città del Vacinato, per mandare al mondo un messaggio di speranza e di responsabilità. E si potrebbero fare numerosi altri esempi di come il parassita si mimetizzi in un ‘agire a fin di bene’ e celi sotto un’apparente bontà la sua natura omicida.
Quindi, non siamo molto lontani dal vero se vediamo in questa malaria una nuova manifestazione o variante di quell’antica tragedia che pesa sull’umanità fin dalla sua nascita. L’arcaico, primordiale Parasitus Satanas che causò la nostra caduta fin dall’origine ancora e sempre ci insidia. E se fossimo dotati di una vista spirituale vedremmo oggi il mondo ricoperto di anime morte, vittime della sua infezione, decomposte e trasformate in cibo per il suo stomaco insaziabile.
Non bisogna però saltare a conclusioni affrettate e disperanti. Le ragioni ultime del Male restano un mistero inaccessibile alla ragione. Chi può dire che il flagello di questo parassita metafisico non imprima all’umanità una spinta evolutiva, che il suo transitorio trionfo non stimoli una rivolta di anime forti e risvegli in noi nuove energie spirituali? Dunque, come è inutile odiare il Plasmodium malariae o la zanzara che lo trasporta, così è vano odiare il Grande Umanicida o chi ha scelto di servirlo. Occorre invece custodire la propria anima e preservarla dall’infezione, sapendo che il male non può entrare in noi senza il nostro interiore consenso. Per il resto, non possiamo impedire il naufragio dell’attuale civiltà. Ma forse il mare ci restituirà qualche relitto di verità e di bellezza. Da lì potremo ripartire insieme, noi e il parassita.