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Il passo del gambero della opposizione sociale in Italia

di Riccardo Paccosi - 28/04/2025

Il passo del gambero della opposizione sociale in Italia

Fonte: Riccardo Paccosi

Le celebrazioni del 25 aprile hanno confermato l’esistenza di una dinamica sociale e culturale palesatasi a partire dalla manifestazione a Roma contro la guerra del 5 aprile, promossa dal Movimento 5 Stelle: la variegata galassia denominata “area del dissenso” – materializzatasi negli anni tra il 2020 e il 2022 in opposizione alle politiche d’emergenza pandemica – si è dissolta definitivamente e lo spazio generale dell’opposizione sociale, quindi, viene oggi coperto da una spinta movimentista avente una connotazione più marcatamente “di sinistra”.
Non è necessario, ormai, aggiungere ulteriori analisi sul come e perché l’area del dissenso abbia finito per dissolversi, in quanto quasi tutto mi pare sia già stato scritto.
Riguardo al merito del rinnovato dinamismo a sinistra, invece, ci si potrebbe a lungo soffermare sulle enormi contraddizioni che lo caratterizzano e, naturalmente, sulle differenze qualitative e rilevanti che intercorrono fra le varie reti e organizzazioni che stanno mobilitando le piazze in questi giorni.
Mi pare più urgente, però, spiegare perché io ritenga che questo passaggio di testimone dal dissenso alla sinistra rappresenti una sorta di passo del gambero – ovvero una regressione – rispetto a quelle che sarebbero invece le auspicabili prospettive di un’opposizione sociale in Italia.
Per argomentare come la dinamica odierna sia regressiva, credo bastino due elementi:
1) La società cosiddetta multiculturale sta esplodendo dentro le sue contraddizioni, spesso violentemente, in ogni paese d’Europa. Pensare di poter bypassare il problema parlando all’opinione pubblica di temi “più importanti”, sarebbe pura velleità. Il problema si sta infatti acutizzando, forse anche per ragioni psicosociali inerenti allo stato d’emergenza permanente.
Sarebbe, quindi, necessario un punto di vista autonomamente popolare: per esempio, come quello dei Gilets Jaunes francesi quando, ormai sette anni or sono, nei loro documenti distinsero tematicamente fra problema dell’integrazione e problema dei flussi migratori.
Il ritorno dell’opposizione sociale a sinistra, invece, implica il mantenere egemone una visione sull’argomento volta al più assoluto negazionismo riguardo ai costi sociali dell’immigrazione. Una posizione, cioè, che pretende il deregolazionismo dei flussi rifiutando di riconoscere le conseguenze tragiche di tale approccio sul piano della guerra fra poveri, su quello dei diritti del lavoro e, ancora di più, su quello dell’integrazione della popolazione immigrata..
2) La connotazione di sinistra dell’opposizione sociale, inoltre, implica una rimozione dell’emergenza pandemica dal piano dello storicamente compreso.
Questo perché l’identità culturale di sinistra in quanto tale – negli anni 2020-2021 – ha coinciso con il più categorico negazionismo politico nei confronti della vicenda, ovvero col rifiuto di riconoscere come reali le strategie e gli interessi di potere che – pur esplicitati pubblicamente dagli esponenti delle èlite – in quello stato d’emergenza erano entrati in gioco.
Questo non sarebbe un problema solo nell’eventualità di una nuova emergenza sanitaria, ma implica un più complessivo disarmo del pensiero critico di fronte al ruolo di sintesi fra i diversi poteri capitalisti – e quindi di direzione – che è stato svolto dal World Economic Forum nell’ultimo decennio.
La maggioranza degli intellettuali e dei gruppi marxisti, difatti, non considera o minimizza il ruolo del WEF, malgrado tutte le deliberazioni recenti della Commissione Europea siano state palesemente scritte come un copia-incolla dei documenti fuoriusciti dai panel di discussione del Forum di Davos.
Queste due motivazioni, dunque, credo bastino e avanzino per parlare di dinamica regressiva in atto.
La speranza per l’opposizione sociale verso cui puntare, pertanto, ritengo consti del riaffioramento di fenomeni di autonomia popolare, disancorati dalle categorie di destra e sinistra: fenomeni come la base sociale del M5S nei primi anni, come il movimento dei Gilets Jaunes francesi negli anni 2017-2019 e, naturalmente, come il movimento italiano contro il green pass nel 2021.
Tutte esperienze rivelatesi inadeguate per un qualsivoglia sbocco politico di cambiamento ma, ciò malgrado, espressione di una dimensione soggettiva di popolo, di una composizione sociale, che non può più essere ri-condotta nel recinto identitario di destra o di sinistra.
Volendo parlare in termini marxisti, tra l’altro, va anche detto che oggi, dinanzi al fatto che la principale contraddizione di classe è quella inerente al conflitto tra élite e resto della popolazione, parlare di autonomia popolare significa altresì parlare di autonomia di classe.
Questa autonomia implicherebbe il saper affrontare questioni come l’immigrazione o l’agenda del WEF per come esse sono vissute realmente e quotidianamente dai ceti popolari, senza sovrastrutture “di sinistra” o di altro tipo che ne condizionino e delimitino la comprensione.