Il pericolo dell’ingerenza russa giustifica in Europa il nuovo totalitarismo
di Luciano Lago - 04/12/2017
Fonte: controinformazione
Non sarebbe certo una novità rilevare che il grande apparato dei media in Occidente svolge il ruolo della manipolazione delle opinioni pubbliche e, a tale scopo, utilizza la falsificazione sistematica o l’occultamento di certe notizie per fornire una interpretazione degli avvenimenti conforme agli interessi delle centrali dominanti che sono strettamente collegate con i gruppi finanziari a cui appartengono i grandi media.
Non è un caso che tutte le guerre scatenate dagli USA e dalla NATO siano iniziate con una diffusione di menzogne e diffamazione dei governi che dovevano essere oggetto di “regime change” e di conseguenza venivano indicati dai media occidentali come dittatoriali, violatori dei diritti umani, tirannici ed accusati di compiere atrocità contro il proprio popolo, da Slobodan Milosevic a Saddam Hussein, passando per Gheddafi e al-Assad, abbiamo imparato a conoscere la strategia di falsificazione della propaganda atlantista guidata e diretta dalle grandi centrali di potere dominanti che monopolizzano il flusso delle notizie e indirizzano i commenti degli opinion leaders del sistema.
L’obiettivo non dichiarato è quello di legittimare gli interventi militari e ammantarli di giustificazioni per “portare la democrazia” o “difendere i diritti umani”, occultando il vero obiettivo di imporre l’egemonia degli USA e dei loro alleati sui regimi non conformi agli interessi occidentali.
Nessuno quindi può sorprendersi che anche la campagna orchestrata a proposito delle “fake news” e delle presunte ingerenze della Russia nelle elezioni negli USA e nei paesi europei risponda a questo scopo anche se collegato con una situazione più complessa, quella di giustificare un riarmo della NATO contro la risorgente potenza russa.
Poco a poco si va evidenziando quale sia l’obiettivo occulto e implicito in tutta la campagna di propaganda ed intossicazione basata sulla presunta “ingerenza russa”.
Questa manovra mediatica era iniziata con le elezioni presidenziali negli USA e si poteva facilmente capire che lo “Stato profondo” (il Deep State) stava utilizzando tale espediente (Russiagate) per delegittimare la vittoria nelle presidenziali del candidato istrionico e antiestablishment, Donald Trump.
Porpaganda media control
La stessa campagna dei media è rimbalzata in Europa, grazie alla sudditanza agli USA dei governi e sistemi politici dei paesi del vecchi continente ed è continuata per delegittimare l’inatteso risultato del Brexit nel Regno Unito. Allo stesso modo è proseguita poi per metttere in dubbio risultati di altre elezioni in Europa (dalla Francia alla Germania, all’Austria e Olanda, persino in Cataluña), paventando la mano occulta della Russia in tutti i paesi occidentali per alimentare populismo e ribellione contro i governi filo atlantisti .
Questo spiega gli attacchi e le insinuazioni contro la Russia di Vladimir Putin, considerato il nuovo Zar o l’eminenza grigia che manovra per destabilizzare l’assetto politico dei paesi occidentali e per fare emergere divisioni ed incomprensioni nell’ambito della UE.
Se ci si domanda quale fosse la necessità di alimentare e mettere in pista una campagna così fortemente ridicola che rischia di ritorcersi come un boomerang contro chi l’ha ideata, la risposta immediata è data dalla necessità di identificare un nemico per l’opinione pubblica, necessario per coprire gli interessi del complesso militare e industriale degli Stati Uniti (riarmo NATO = megaprofitti) e giustificare un rafforzamento ed allargamento della NATO verso est.
Appare chiaro che, se si individua la presenza di un nemico che rappresenti un concreta minaccia, in prima battuta sarà necessario adeguare i bilanci militari dei paesi coinvolti nell’alleanza. In seconda battuta sarà giustificato imporre un maggiore controllo di sicurezza ed una censura sui mezzi di informazione per evitare la diffusione di idee e messaggi del “nemico” che si discostino dal “Pensiero Unico” e che possano rappresentare un pericolo.
In Italia si rasenta la farsa con l'”algoritmo della verità”
La campagna contro le “fake news” di ispirazione russa in Italia rasenta il ridicolo e diventa l’ennesima commedia all’italiana. Sotto esplicita direttiva della Commissione Europea che si è dichiarata pronta a intervenire sul tema delle “fake news” e sulla rimozione dei contenuti illegali in rete, se gli operatori non si attiveranno in maniera efficace per arginare il fenomeno, si sono mossi gli esponenti politici italiani a difesa del “Pensiero Unico”. Se non ci saranno novità (ovvero decreti emanati dal governo) allora dovremo intervenire sul piano legislativo», ha spiegato nel corso di un dibattito, la ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli e lo ha confermato la presidente della Rai Monica Maggioni.
La campagna contro le “fake news”, per come è stata presentata dalle massime cariche istituzionali e politiche del paese, dalla ineffabile Laura Boldrini che ha arruolato presunti esperti cacciatori di “bufale” (della rete web naturalmente non quelle dei grandi giornali) all’impagabile Matteo Renzi, quando il suo stretto collaboratore Marco Carrai, ha dichiarato in serio:
“Stiamo lavorando con uno scienziato di fama internazionale alla creazione di un algoritmo verità che, tramite l’intelligenza artificiale, riesca a capire se una notizia è falsa”.
Lo stesso Carrai risuta essere un importante esponente del cosiddetto “giglio magico”, facente parte dell’enturage degli intimi di Matteo Renzi, considerato tra i massimi esperti italiani di cybersicurezza. Imprenditore del ramo, che era stato a un passo dalla nomina ai vertici dei servizi di sicurezza informatica del governo del “rottamatore” fiorentino. Un personaggio considerato da molti vicino ai servizi di intelligence di Israele.
Ministero della Verità
Sotto accusa sono la Lega di Salvini ed i 5 Stelle, accusati di “collusioni con Putin” e sospetti di finanziamenti da parte della Russia, rilanciati anche da un articolo apparso sul New York Times (non poteva mancare).
Senza perdere tempo, due senatori del PD, Zanda e Filippin, hanno presentato in Senato un disegno di legge volto a colpire con pesanti multe e gravi peni detentive i propalatori “di notizie false che suscitano allarme sociale, spesso immesse nel circuito dei social network per condizionare l’opinione pubblica di un Paese”. Obiettivo dichiarato dei proponenti è quello di sanzionare chi commette questo tipo di delitti contro la Repubblica. Imminente quindi la costituzione di un enensimo ente pubblico, una sorta di “Ministero della Verità” che dovrà vigilare sulla conformità delle informazioni fornite in rete ai dogmi previsti dai guardiani del “Pensiero Unico”.
Vari esponenti della politica e della cultura potrebbero ambire ad avere un posto in tale ente, i più probabili candidati si sussurra siano, Paolo Mieli, Roberto Saviano, Beppe Severgnini, Laura Boldrini ed altri volti noti. Naturalmente si tratta di “voci di corridoio” prive di ogni credibilità.
In sostanza i rappresentanti del potere politico, mediatico e informativo che risulta il massimo propagatore di notizie false e di manipolazione della realtà, accusa gli altri, coloro che approfittano dello spazio libero offerto dalla rete, non condizionato o filtrato dagli interessi delle consorterie economiche ed affaristiche, di diffondere notizie false. Il bue che da del cornuto all’asino.
Si torna quindi ad una riedizione della vecchia “Pravda”, l’organo del Partito Comunista Sovietico che filtrava e diffondeva le informazioni consentite dal potere dell’epoca.
Non per niente autorevoli ex dissidenti della vecchia URSS come Vladimir Bukovsky, un ex dissidente sovietico di 63 anni, ha dichiarato di temere che Unione Europea stia trasformandosi in un’altra Unione Sovietica. Lo stesso Bukovsky, in un discorso tenuto a Bruxelles lo scorso anno, aveva definito l’UE un “mostro” che deve essere abbattuto al più presto, prima che si trasformi in un vero e proprio stato totalitario.
Il filosofo Diego Fusaro ha scritto che l’ordine dominante non reprime il dissenso, ma opera affinché esso non si costituisca. Fa in modo che il pluralismo del villaggio globale si risolva in un monologo di massa. (“Pensare altrimenti”).