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Il protocollo "Renzi"

di Andrea Cometti - 02/12/2016

Il protocollo "Renzi"

Fonte: Il Corriere delle regioni

 

Verso il Referendum. Dal sistema Verdini all’occupazione del Paese: un protocollo di conquista del potere che non prevede prigionieri e con all’orizzonte lo Ius soli e forse un nuovo “ventennio” all’ombra della Leopolda.

 

Altro che referendum volenti o nolenti, quelle di domenica 4 dicembre saranno le elezioni più importanti nella storia d’Italia, un vero spartiacque per il futuro del Paese. In ballo c’è tutto quello che conta: Sovranità nazionale e popolare, Costituzione Repubblicana, leadership e classe politica di riferimento, rapporti con l’Unione Europea e tanto altro, ma soprattutto lo “Ius soli” - oggi in aspettativa referendaria - che in caso di vittoria del “Sì” ne determinerebbe un’apertura pressoché completa, con le conseguenze immaginabili e un cambiamento del corpo elettorale stesso, non più solo autoctono italiano.

La valenza politica, al che ne dica il premier Matteo Renzi è fuori discussione, anzi dal risultato dipenderanno tutte le scelte e destini degli italiani; non vi sarà il famigerato “Quorum” per cui niente strategie ostruzionistiche e sabotaggio del quorum: domenica a prescindere dal “Sì” o dal “No” bisogna “fisicamente” andare a votare per esprimere la propria scelta. Non andare significa delegare quelli che ci andranno; e questa volta senza appelli, rimpianti e tempi supplementari.

Il “Premier” finalmente si gioca tutto (non aveva altra scelta) e lo sa bene, avendone fin dove possibile procrastinato la data: sfruttando al limite della legalità ogni più piccolo vantaggio alla causa delle sue strategie e del “Sì”. In una campagna elettorale - mai vista in passato - incredibilmente “lunga”, fatta dal timone del comando e non prima di essersi accaparrato i posti chiave istituzionali (su tutti la Presidenza della Repubblica), fino a corpose parti delle opposizioni (Giannini Ncd, Alfano e Verdini eletti con Pdl-Forza Italia) oltre a Confindustria, Coldiretti & C. in aggiunta al gioiello di famiglia Coop. E ancora, occupato per intero la Rai, addomesticato Mediaset, per stessa ammissione del suo “incomprensibile” proprietario, anche capo dell’opposizione di centro-destra e completando il “Monopolio” mediatico con la defenestratura di Belpietro a “Libero”, in aggiunta al patrimonio di famiglia di Unità, Repubblica e il Corriere della Sera. In tal senso Renzi, tranne la “rete” ha lasciato pressochè nulla all’opposizione, in barba a garanti, autority e par-condicio.

Oltre il suo personale “fosso” a pochi giorni dal voto Renzi lascia un popolo diviso che dovrà misurarlo sulla fiducia - come ampiamente usato in parlamento - perché di un referendum con “voto di fiducia” si tratta, ma su questi ricatti e italiche pigrizie il “Protocollo Renzi” conta molto per il successo finale. Il “Premier”, è bene ricordarlo è la prima volta che si confronta con l’intero corpo elettorale italiano, uscendo finalmente dal suo “guscio toscano” caratterizzato dal sistema della falsa opposizione di “Verdini” pagate con un po’di poltrone: non c’è questa volta la “minaccia europea”, e non è l’elezione alla segreteria del Partito Democratico, da lui comunque abilmente vinte.

Tre anni al vertice da “tecnico” targato Pd e pur non essendo parlamentare ne hanno mostrato eventuali pregi e i tanti limiti, con un’incredibile capacità politica di promessa, che neanche nel suo predecessore, quello “eletto dagli italiani” avevamo visto.

L’unica cosa certa e incontrovertibile ottenuta sotto il suo governo è che l’Italia è divenuto il 27° paese, - pardon 26° dopo il Brexit inglese - dell’Unione Europea che riconosce legalmente le coppie omosessuali, ma già nel 2012 da sindaco di Firenze sui Pacs dichiarò testuale: "Io sono cattolico ma il matrimonio, parlando da politico, non deve essere considerato un sacramento”, e qui c’è tutta l’essenza contraddittoria dell’uomo Matteo Renzi che da premier, comunque è innegabile, è stato di parola.