Il regime della sorveglianza
di Marcello Veneziani - 14/05/2021
Fonte: Marcello Veneziani
Dunque, ricapitoliamo. Non è consentito avere un’opinione difforme in tema di covid e di pandemia, di chiusure e di vaccini rispetto a quelle somministrate dai vettori ufficiali; l’accusa di negazionismo o di no vax, di contravvenire alle regole dei social, della vita pubblica, dell’ordinamento è dietro l’angolo. È poi vietato avere giudizi difformi sulle coppie omosessuali, sulle maternità surrogate, le adozioni gay e in generale sui rapporti omo-trans-lesbiche; chi ha idee diverse, o semplicemente continua a difendere le differenze naturali, la famiglia, la nascita secondo natura e la vita secondo tradizione, entra in una sfera d’interdizione che passa dalla riprovazione al veto. Forti proibizioni sono introdotte da leggi, moniti e censure sui social. In tema di femminismo, diritti delle donne o riguardanti caratteristiche fisiche, etniche, lessicali si innescano processi sommari, a colpi di MeToo, catcalling e affini, che generano separazione e diffidenza tra uomini e donne. È vietato poi chiamare clandestini i migranti irregolari; i rom col nome tradizionale di zingari, i neri con l’appellativo antico di negri, senza alcuna connotazione dispregiativa; per ogni disabilità non vanno usati i termini adoperati da sempre, ma solo diversamente abili. E’ vietato nutrire un’opinione diversa da quella istituzionale in tema di fascismo e antifascismo, di razzismo e di nazismo, di storia e di massacri.
Oltre i divieti ci sono poi le cancellazioni del passato, in termini di amnesia collettiva della memoria storica e rimozione di tanti orrori, autori, imprese, personaggi, storie e pensieri non allineati. Tutto ciò che attiene alla nostra civiltà, tradizione e retaggio va deprecato o va accantonato per non urtare la sensibilità di chi non vi appartiene; bisogna sempre assumere il punto di vista a noi più estraneo e più remoto. Prima gli stranieri, per rovesciare un noto slogan politico fondato sulla preferenza nazionale.
In questa poderosa restrizione di pratiche, linguaggi e opinioni, la libertà consentita è un corridoio stretto e corto che si può percorrere all’interno delle opinioni lecite, in un perimetro assai angusto; appena superi il “range” consentito, coi limiti imposti alle divergenze, scatta la censura, la riprovazione, la denuncia, la condanna o l’isolamento, il cordone sanitario, la morte civile.
Passano gli anni ma la situazione non migliora anzi degenera progressivamente, spesso a norma di legge, con il patrocinio delle massime istituzioni. E si allarga ad ambiti sempre più vari della vita pubblica e privata, degli affetti e dei legami. I governi sono neutrali o consenzienti, ovvero appoggiano la censura o si chiamano fuori.
Si sta creando un pericoloso crocevia in cui confluiscono il potere economico, il potere sanitario, il potere mediatico-ideologico e il potere giudiziario. Rispetto a questi poteri poco o nulla può fare l’unico ambito di potere che può avere una legittimazione popolare, difforme rispetto a quello decretato dall’establishment: mi riferisco alla politica. Che è divisa grosso modo in tre fasce: quella di chi è d’accordo con questo regime della sorveglianza, anzi ne diventa promotrice; chi si lascia trascinare dalla corrente, non oppone resistenza, asseconda, tace e dunque acconsente per non farsi accusare di essere retrogrado; chi vi si oppone, quando sta all’opposizione ma poi abbozza per compromesso o quieto vivere quando è al governo; o al più si limita a frenare, a rallentare il decorso, senza mai opporre un organica visione alternativa.
Siamo entrati in un regime della sorveglianza che non è una vera dittatura o un sistema totalitario, impensabili in un sistema globale e mercatista; ma è una forma potente di coazione pratica e costrizione psicologica, talvolta anche giudiziaria. Mai come oggi, anche grazie all’emergenza indotta dalla pandemia, la libertà ha subito restrizioni senza precedenti che hanno colpito diritti elementari e sfere di libertà in uso nella vita quotidiana. E quando accetti limitazioni assai stringenti seppure per motivazioni sanitarie, opponi poi meno resistenze a chi ti impone un reticolo sempre più fitto di limitazioni anche in altri campi. La coazione è virale e progressiva, come la paralisi; l’inibizione della libertà e della non conformità si estende facilmente anche ad altri ambiti.
I virus ideologici si propagano come gas letali nella nostra società e stanno pericolosamente distruggendo le nostre difese immunitarie naturali, i nostri anticorpi spirituali, il nostro senso critico, la nostra capacità di ricordare, confrontare, commisurare le cose alla realtà. Dalla cancellazione della storia alla cancellazione delle differenze naturali, dalla rimozione dell’ordine naturale delle cose all’espulsione di tutto ciò che evoca l’ordine soprannaturale delle cose; dall’impoverimento del linguaggio all’uso di moduli lessicali prefabbricati.
A colpi di leggi, diritti e tutele speciali di categorie protette, di campagne rieducative e punitive, di censure e chiusure, sta mutando la nostra vita, il nostro rapporto col mondo, col sesso, la nostra relazione con gli altri, col passato e col futuro. Siamo vittime di un pericoloso riduzionismo che uccide differenze e mondi diversi.
Di tutto questo, le vittime principali sono le nuove generazioni perché non hanno termini di paragone, sono i più esposti tra il web, i social e la scuola, sono allevati in un contesto di rimozione, manipolazione e alterazione della realtà. Salvo sparute e lodevoli minoranze, i loro orizzonti sono ristretti al presente e piegati al canone dominante; immiserito il loro lessico e la loro facoltà di giudizio, automatizzati i loro comportamenti; vittime incolpevoli ma difficilmente risanabili.
Non si possono escludere rovesciamenti, variazioni e cambi di passo, ma la previsione più facile è la più terribile: arriveremo per assuefazione a considerare tutto questo come inevitabile, e perfino giusto.