Il tradimento della scienza
di Giorgio Agamben - 24/02/2021
Fonte: L'intellettuale dissidente
"La causa di mortalità più frequente nel nostro paese sono le patologie cardiovascolari ed è noto che queste potrebbero forse diminuire se si praticasse una forma di vita più sana e ci si attenesse a un’alimentazione particolare. Ma a nessun medico era mai venuto in mente che le forme di vita e di alimentazione che consigliavano ai pazienti potessero diventare oggetto di una normativa giuridica, che decretasse ex lege come si deve vivere e che cosa si deve mangiare, trasformando l’intera esistenza in un obbligo sanitario. Del resto questo era escluso dal giuramento professionale del medico, che menziona espressamente “il rispetto dei diritti civili circa l’autonomia della persona”. È quello che è ora avvenuto per il Covid-19 e, almeno per ora: la gente ha accettato non soltanto di rinunciare alle proprie libertà costituzionali, alle relazioni sociali e alle proprie convinzioni politiche e religiose, ma ha lasciato che i propri cari morissero da soli e senza funerale. In questo senso si può dire che l’esistenza umana è stata ridotta a un dato biologico, a una nuda vita che occorre salvare a qualsiasi costo, nonostante il fatto che l’IFR, il tasso reale di mortalità della malattia sia, secondo gli studi riportati nella vostra rivista, inferiore all’1%. Quel che è avvenuto è che, attraverso un processo di medicalizzazione crescente della vita, l’unità dell’esperienza vitale di ogni individuo, che è sempre inseparabilmente insieme corporea e spirituale, si è scissa in un’entità puramente biologica da una parte e in un’esistenza sociale, culturale e affettiva dall’altra. Questa frattura è secondo ogni evidenza un’astrazione, ma un’astrazione potente, alla quale gli uomini hanno sacrificato le loro condizioni normali di vita. Ho detto che la scissione della vita è un’astrazione, ma voi sapete che la medicina moderna intorno alla metà del XX secolo ha realizzato questa astrazione attraverso i dispositivi di rianimazione, che hanno permesso di mantenere a lungo un corpo umano in stato di pura vita vegetativa. La camera di rianimazione, con i suoi meccanismi di respirazione e di circolazione sanguigna artificiali e le sue tecnologie di mantenimento della temperatura corporea, attraverso i quali un corpo umano è tenuto indefinitamente in sospeso fra la vita e la morte è una zona oscura, che non deve uscire dai suoi confini strettamente medici. Ciò che è invece avvenuto con la pandemia è che questa vita puramente vegetativa, questo corpo artificialmente sospeso fra la vita e la morte è diventato il nuovo paradigma politico, sul quale i cittadini devono regolare il loro comportamento. Il mantenimento a ogni prezzo di una nuda vita astrattamente separata da quella intellettuale e spirituale e imposta come criterio non di vita, ma di mera sopravvivenza è il dato più impressionante nella situazione che stiamo vivendo.
Se chiamiamo religione ciò in cui gli uomini credono di credere, certamente la scienza è oggi una religione. Ma in ogni religione occorre distinguere fra l’apparato dogmatico (le verità in cui bisogna credere) e il culto, cioè i comportamenti e le pratiche che ne derivano. Come il comune credente poteva ignorare i dogmi e le eresie di cui i teologi discutevano appassionatamente, così oggi l’uomo comune può ignorare completamente le teorie scientifiche di cui discutono gli scienziati. Ma dal punto di vista del culto, cioè delle sue pratiche e dei suoi comportamenti, in particolare per quanto concerne la medicina, egli ne è determinato in misura crescente. E come la religione cristiana si proponeva attraverso il culto la salvezza, così la medicina mira attraverso la terapia alla salute: in un caso dal peccato e nell’altro dalla malattia, ma l’analogia salta agli occhi. La salute non è in questo senso che una secolarizzazione di quella “vita eterna” che il cristiano sperava di ottenere attraverso le sue pratiche cultuali. Se già la medicalizzazione della vita negli ultimi decenni era andata crescendo oltre ogni misura, nella situazione che stiamo oggi vivendo, essa è diventata permanente e onnipervasiva. Non si tratta più di assumere dei farmaci o di sottoporsi se necessario a una visita medica o a un’operazione chirurgica: la vita intera degli esseri umani deve diventare in ogni istante il luogo di un’ininterrotta celebrazione cultuale. Il nemico, il virus è invisibile e sempre presente e deve essere combattuto senza una possibile tregua, in ogni momento della propria esistenza".