Il vaccino e le varianti
di Andrea Zhok - 20/08/2021
Fonte: Andrea Zhok
Il tema del ruolo del vaccino in rapporto alle varianti mi lascia sempre più interdetto.
Il vaccino aiuta l'emergere di varianti vaccino-resistenti oppure no, e anzi le limita?
Diversi studiosi e molti articoli menzionano questo rischio, ma il meccanismo non è immediatamente chiaro.
Ora, so perfettamente che ogni ragionamento su questi temi può essere inficiato da dati fattuali magari trascurati, e dunque è chiaro che un ragionamento come quello che segue può essere refutato se questo o quell'assunto risultano differenti dai presupposti.
E tuttavia, visto che tutto quello che propone la scena del discorso pubblico sono sfottò ai "virologi del web" (mentre invece quelli in TV si distinguono per rigore e acribia...) più qualche affermazione dogmatica condita da "lei non sa chi sono io", credo che una riflessione sul tema, pur con elementi necessariamente congetturali, non faccia male. (Naturalmente ciò non sostituisce uno studio specialistico, ma magari stimola lo specialista a spiegarsi meglio).
Dopo aver letto un po' di ragionamenti sul tema proverei a riassumere la questione in questi termini.
1) Le varianti di un virus sono prodotte da meccanismi endogeni (antigenic drift), che non vengono di per sé né accelerati, né ridotti dalle attività esterne, come gli interventi farmacologici.
2) Qui c'è una differenza rispetto alla selezione darwiniana classica, cioè alla selezione che interviene su fenotipi sessuati, in quanto in quel caso l'accoppiamento di esemplari con caratteristiche specifiche (selezionate) aumenta il numero degli esemplari con quelle caratteristiche. (Se elimini le giraffe dal collo corto, si riprodurranno sempre più giraffe col collo sempre più lungo; se elimini una variante questo non aumenta la produzione delle altre varianti.)
3) Nel caso di un virus la selezione prodotta da un vaccino interviene togliendo di mezzo alcune sue forme, sperabilmente tutte.
3.1) Se un vaccino è in grado di sopprimere il 100% (o quasi) delle forme in cui si presenta il virus, impedendone la replicazione, una vaccinazione generalizzata a TUTTI i potenziali serbatoi del virus può condurre di diritto alla scomparsa del virus.
3.2) Se un vaccino è invece imperfetto, cioè consente una significativa percentuale dei contagi e lascia passare alcune forme che il virus può prendere, allora ci troviamo di fronte ad un caso non dissimile da quello dell'assunzione di antibiotici senza concludere il ciclo, o comunque senza raggiungere l'estinzione del batterio in un organismo: in questo caso si formano bacilli resistenti al farmaco.
4) A questo punto nella somministrazione di un vaccino dovremmo però pesare due processi.
4.1) Il primo è definito dalla misura in cui il vaccino riesce a bloccare la proliferazione e il contagio, e a ridurre con ciò la diffusione del virus: questo processo riduce statisticamente il numero delle varianti disponibili, e dunque anche di quelle eventualmente 'resistenti'.
4.2) Il secondo è quello dove il vaccino lascia passare alcune varianti e/o non arresta la capacità di contagio su terzi: questo processo crea le condizioni per l'emergere di forme virali vaccino-resistenti.
5) Come facciamo a valutare quale dei due processi prevarrà nel lungo periodo? Come facciamo a valutare se l'esito complessivo sarà una riduzione della diffusione e della dannosità del virus in futuro, o se invece la stiamo aumentando?
A priori non c'è modo di capirlo, ma in verità anche a posteriori è difficile discriminare i due scenari, perché non siamo in un contesto sperimentale, controllato, ma abbiamo un unico evento che si dispiega, senza un gruppo di controllo.
A occhio e croce siamo di fronte ad una scommessa.
Sul piano del mero ragionamento si può comunque dire questo.
5.1) Le varianti non sono prodotte dal vaccino. Esse si presentano spontaneamente, che il vaccino ci sia o non ci sia. Il vaccino può tutt'al più toglierne di mezzo alcune forme.
Dunque di per sé sembra che abbiamo a che fare col bicchiere mezzo pieno: alcune persone vengono salvate, altre persone non contageranno o contageranno di meno. Nell'assunto che tutte le altre condizioni cautelative, dal distanziamento alle mascherine rimanga identico nel tempo, sembra una strategia positiva.
5.2) Tuttavia la selezione esercitata dal vaccino isola e consente alcune forme del patogeno, quelle appunto resistenti al vaccino. Perché questo processo dovrebbe essere di per sé dannoso, visto che quelle varianti si sarebbero prodotte comunque, anche senza il vaccino? La risposta direi che è la seguente:
a) in assenza di vaccino si sarebbero diffuse, supponiamo per fissare le idee, 100 varianti in un continuum di variazione (alfa, beta, gamma, ecc.). Queste varianti avrebbero contagiato la popolazione, ne avrebbero ucciso una parte (e questo avrebbe abbattuto la diffusione delle varianti più letali) e avrebbero formato una risposta immunitaria in quelli che superavano la malattia.
Per un virus ad alta contagiosità e bassa letalità (come il Covid) la risposta organica avrebbe mantenuto le risposte immunitarie medie in prossimità delle varianti: si creano continuamente nuove varianti, ma la parziale sovrapponibilità con le precedenti rende il loro impatto progressivamente meno grave. Questo processo sarebbe quello di endemizzazione di un virus.
b) in presenza di un vaccino imperfetto, che copre parzialmente dal contagio e identifica solo alcune componenti del virus (diversamente dai vaccini a virus attenuato) si crea invece un gap tra la risposta immunitaria della popolazione e le varianti vaccino-resistenti. Sotto queste condizioni non c'è più un continuum in cui c'è la variante Delta o Lambda o Epsilon immersa tra 97 altre varianti parzialmente simili, diffuse nella popolazione, ma c'è un panorama in cui ci sono solo difese parziali da vaccino o la nuova variante vaccino-resistente. Sotto queste condizioni non abbiamo alcuna endemizzazione e le varianti vaccino-resistenti appaiono progressivamente sempre più virulente, perché c'è un gap tra la variante vaccino-resistente e lo sviluppo delle difese della popolazione.
In sostanza, il problema della selezione da vaccino imperfetto non è che crea qualcosa che altrimenti non sarebbe nato, ma che lascia ad imporsi e diffondersi solo le forme più virulente, senza che le difese medie della popolazione si siano 'esercitate' con le altre. Il problema è dato dunque dalla divaricazione tra lo sviluppo delle difese medie della popolazione e l'evoluzione del virus. Per queste ragioni un vaccino imperfetto in presenza di virus ad alta contagiosità sembra effettivamente aumentare l'impatto delle varianti più virulente sulla popolazione.
[Contributi scientifici a complemento, supporto o critica sono i benvenuti. Polemisti che devono dire la loro purchessia invece non saranno tollerati].