Il vero cambiamento
di Guido Dalla Casa - 11/04/2025
Fonte: Guido Dalla Casa
Secondo le abitudini in uso nella civiltà industriale, espressione attuale della cultura occidentale, che oggi ha invaso il mondo, i problemi vengono affrontati uno per volta in modo lineare, ovvero separatamente uno dagli altri, prendendo in considerazione al massimo qualche “effetto collaterale” al contorno, e non sempre.
La civiltà industriale è per sua natura inquinante, dato il suo modo di funzionare non ciclico, cioè prelevando le cosiddette risorse e producendo i cosiddetti rifiuti. Questo modo di procedere è incompatibile con il modo di vivere del Pianeta Terra (per i materialisti: di funzionare, ma non cambia niente), che è comunque il Sistema molto più grande di cui facciamo parte come sottosistema.
Oggi sappiamo che qualunque azione si ripercuote su tutto il resto del mondo e riceve controazioni da tutte le altre componenti del Sistema Terrestre. Sul piano pratico, questo significa che tutti i problemi andrebbero esaminati e studiati in un contesto sistemico-olistico e non lineare. Quest’ultimo metodo, detto anche cartesiano-newtoniano per le sue origini filosofiche di due-tre secoli fa, è stato in gran parte la causa della visione meccanicista che caratterizza la scienza “ufficiale”, quella che viene divulgata ed è poi diventata schiava della tecnologia e dell’industria.
Studi sistemici
Mi risulta che l’unico studio sistemico completo eseguito sul Sistema Mondiale e divulgato è stato quello riassunto e pubblicato in italiano nel 1972 con il titolo I limiti dello sviluppo. Le sue proiezioni in avanti si stanno rivelando esatte, dopo più di 50 anni. Allora fu fatto un errore da parte dei divulgatori, che misero in evidenza soprattutto l'esaurimento delle risorse, mentre il risultato essenziale era l'impossibilità di proseguire con gli andamenti della civiltà industriale perché incompatibili con il funzionamento del Sistema Terrestre. Dei 12 scenari esaminati, solo due non portavano a un collasso del sistema, ma avevano come condizione necessaria e non sufficiente lo stabilizzarsi della popolazione mondiale attorno all'anno 1975, che corrisponde circa alla metà di quella attuale. Anche lo scenario-limite con l'ipotesi di "risorse infinite" collassava (solo qualche anno più tardi degli altri), perché la curva dell'inquinamento andava all'infinito.
Questo ha dimostrato che il problema non è “l’esaurimento delle risorse”, ma qualcosa di molto più profondo, cioè “il modo di vivere” o la “visione del mondo”.
Qualunque considerazione logica e/o emotiva consigliava di proseguire su quella strada, cioè eseguire nuovi studi sistemici-olistici sul Sistema Terrestre, magari suddividendolo in componenti diverse da quelle originarie, ancora piuttosto antropocentriche. Come noto, le cinque componenti erano la popolazione umana, l’inquinamento, le risorse, la produzione industriale e gli alimenti (pro-capite): una componente essenziale resta comunque la popolazione umana mondiale, oggi circa raddoppiata dal 1975.
Invece non è stato fatto niente di simile, anzi, dopo circa un decennio è stato messo tutto sotto silenzio, almeno per quanto riguarda l’informazione al grosso pubblico. Ci sono stati alcuni aggiornamenti, divulgati pochissimo, che hanno sostanzialmente confermato i risultati precedenti.
Forse il motivo di questo “silenzio” è dovuto al fatto che molto probabilmente i risultati di ulteriori nuovi studi sistemici globali avrebbero evidenziato ancora di più l’impossibilità di persistenza della civiltà industriale, e questo avrebbe potuto spaventare le masse e probabilmente provocare disordini.
Poi… molti non riescono neppure ad immaginare che si possa vivere in modo diverso.
Un vero cambiamento
Dalle brevi considerazioni sopra esposte si deduce che occorre uscire dalla civiltà industriale, intaccando quindi i fondamenti di pensiero che l’hanno originata, due o tre secoli fa. Forse si poteva dare un’occhiata ad alcune antiche filosofie dell’Oriente, ma non è stato fatto niente in tal senso.
Altrimenti…ci penserà la Terra, in qualche modo.
La Terra è un Sistema Complesso. Nei sistemi complessi si manifestano fenomeni mentali. Lo sappiamo da qualche decennio (Bateson, Capra, Prigogine, Minati), anche se, come al solito, ci vorrà un tempo molto più lungo prima che questa idea di fondo entri nella mentalità corrente. “Mentale” non significa necessariamente “Cosciente”, come ben sappiamo dopo un secolo di psicoanalisi: potrebbe trattarsi di un “Grande Inconscio”, oppure il sistema potrebbe avere un tipo di coscienza molto diversa dalla nostra. Comunque è un “Sistema Totale”, che “sopravviverà”.
In sintesi, consideriamo come fondamenti filosofici principali di questa civiltà:
- L’antropocentrismo, che vede la nostra specie come staccata, al di fuori o “al di sopra” del mondo naturale: ha la sua base principale nell’Antico Testamento;
- Il materialismo, che ha iniziato la sua diffusione nel nostro mondo dopo la netta separazione fra spirito e materia operata dalla filosofia cartesiana e in seguito alla sciagurata alleanza fra le più diffuse istituzioni religiose e il nascente mondo degli industrialisti-sviluppisti: alle prime lo spirito, ai secondi la materia, ormai manipolabile senza alcun problema morale.
Una nuova visione del mondo
Oltre che sui comportamenti pratici, è sui fondamenti di pensiero che bisogna agire, a cominciare dalla scuola e da tutti gli ambienti familiari e culturali: bisogna ripristinare nel pensiero corrente l’idea della completa appartenenza della nostra specie alla Natura, che è l’Organismo più grande di cui siamo una componente, totalmente collegata, in modo complesso, a tutte le altre componenti. Occorre poi liberarsi dall’idea newtoniana del tempo “lineare dal passato verso il futuro” e dall’idea più o meno cosciente che c’è stato comunque un progresso (tempo lineare!) dai primitivi alla civiltà, naturalmente con culmine nell’Occidente moderno. Invece viene sottinteso quasi sempre che la storia sono gli ultimi 5000 anni che hanno portato all’Occidente, tutto il resto è preistoria, mettendo nello stesso calderone i dinosauri con i primitivi, quelli dell’età della pietra! Alcuni di quei cosiddetti “selvaggi” erano lì da almeno 40.000 anni, mentre tutto lascia intendere che la nostra civiltà ne ha per poco…
Ricordiamoci anche che la Natura ha impiegato un miliardo di anni per “inventare” i due sessi, con il preciso scopo di avere una variabilità molto maggiore per la creazione di nuove specie. E ora qualche “genio” (!!) vorrebbe distruggere anche questo! Inoltre, non possiamo dimenticare che i nostri bambini hanno continuo bisogno della mamma nei primi mesi di vita, semplicemente come i cuccioli degli altri mammiferi.
Il problema più grosso, ormai insolubile, è il fatto che siamo veramente in troppi: non occorrono grandi studi per capire che un Primate di 70 Kg non può stare in 8 miliardi sulla Terra. Se poi vuole fare il quasi-carnivoro… c’è un’aquila ogni mille marmotte, un leone ogni mille gazzelle. Altrimenti un ecosistema non può reggersi. Gli altri animali senza predatori fanno pochissimi figli. E’ evidente che due figli per coppia renderebbero costante il numero di umani, che però attualmente dovrebbero diminuire non poco. Anche senza troppi studi: Nel Manifesto per la Terra di Mosquin e Rowe (2004) c’è un ragionamento empirico molto semplice: quanti eravamo quando abbiamo cominciato ad estrarre e bruciare combustibili fossili? Circa un miliardo. Ma poi, perché vivere così fitti e negare una vita decente agli altri esseri senzienti? Perché il problema diventi risolvibile, tramite la consapevolezza, occorre qualche secolo…
Un altro pregiudizio da sfatare: Lamarck e non Darwin è stato il primo a teorizzare l’evoluzione biologica in termini occidentali. I seguaci del naturalista francese erano chiamati “trasformisti”, perché consideravano la Vita come Unica con la trasformazione da una specie all’altra, mentre il termine “evoluzionisti” ha già un sottile significato di “progresso”, molto utile alla nascente civiltà industriale, assieme all’idea subito esaltata e oggi accettata anche in modo inconscio di “competizione e selezione”: in particolare sembra che la competitività economica sia diventata un dogma intoccabile.
La cooperazione fra cellule (Lynn Margulis) è stata molto più importante della competizione per la comparsa degli organismi pluricellulari. La competizione non è la “molla del progresso” ma è una delle cause dei guai del mondo. La teoria di Lamarck vedeva come causa delle trasformazioni di specie “l’ereditarietà dei caratteri acquisiti”, in seguito smentita…ma solo prendendo come fatto certo che tutta l’eredità avviene attraverso la materia, “dogma” di cui oggi è lecito dubitare fortemente. Comunque, al di là di queste considerazioni, Lamarck era stato il primo in Occidente a teorizzare le trasformazioni da una specie all’altra, con la comparsa di nuovi viventi.
Conclusioni
Il cambiamento necessario in questi anni è molto profondo, è un cambiamento di “visione del mondo”: dobbiamo renderci conto fino in fondo che la visione ideologica che ci fa credere unici e diversi, cioè inconfondibili e migliori di tutti gli altri esseri viventi sul pianeta, è solo un curioso delirio di grandezza. Non solo, ma che facciamo completamente parte inscindibile di un unico Organismo (che potete chiamare la Terra, il Grande Inconscio, l’Ecosfera, Wakan Tanka, l’Anima del Mondo, o con mille altri nomi), dove comunque mente e materia non sono separabili.
Gli accorgimenti pratici, i comportamenti spiccioli, anche se singolarmente “virtuosi” e localmente molto utili, non risolveranno il problema ecologico globale, da cui discendono tutti gli altri problemi.