L’uso e l’esposizione ai pesticidi sta assumendo dimensioni senza precedenti nella storia mondiale. Gli agrofarmaci sono ora pervasivi e sono in circolo negli organismi e negli ambienti. L’erbicida glifosato è un fattore trainante nell’aumento del loro uso.
Queste affermazioni compaiono in un documento del 2021 “Growing Agrichemical Ubiquity: New Questions for Environments and Health” (Community of Excellence in Global Health Equity).
Gli autori affermano che, quando l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) dell’OMS ha dichiarato il glifosato un “probabile cancerogeno” nel 2015, il fragile consenso sulla sua sicurezza si è dissolto.
Fanno notare che, nel 2020, l’Agenzia per la protezione ambientale degli Stati Uniti aveva affermato che gli erbicidi a base di glifosato (GBH – glyphosate-based herbicides, n.d.t.) non rappresentano alcun rischio per la salute umana, apparentemente ignorando le nuove prove sul legame tra glifosato e linfoma non Hodgkin, nonché i suoi effetti non cancerogenici su fegato, reni e apparato gastrointestinale.
Lo studio multiautore nota:
“In poco meno di 20 anni, gran parte della Terra è stata irrorata con glifosato, e in molte regioni si è stratificato su corpi umani già carichi di sostanze chimiche e su altri organismi e ambienti”.
Tuttavia, gli autori aggiungono che il glifosato non è l’unico pesticida ad aver raggiunto una pervasività su larga scala:
“L’insetticida imidacloprid, ad esempio, ricopre la maggior parte dei semi di mais degli Stati Uniti, rendendolo l’insetticida più utilizzato nella storia degli Stati Uniti. Solo tra il 2003 e il 2009, le vendite di prodotti a base di imidacloprid sono aumentate del 245% (Simon-Delso et al. 2015). L’entità di tale utilizzo e i suoi effetti cumulati su organismi e ambienti non sono ancora stati pienamente stimati, soprattutto al di fuori dei Paesi con buoni livelli di regolamentazione e monitoraggio”.
Secondo l’Annual Agriservice Reports di Phillips McDougall, nel 2019 gli erbicidi rappresentavano il 43% in valore del mercato globale dei pesticidi. Gran parte dell’aumento dell’uso del glifosato è dovuto all’introduzione di semi di soia, mais e cotone tolleranti al glifosato negli Stati Uniti, in Brasile e in Argentina.
L’industria globale dei pesticidi ha un valore di oltre 50 miliardi di dollari (Phillips McDougal 2018).
MANGIARE VELENO
Nel dicembre 2021 è apparso un articolo sull’importante quotidiano danese Weekendavisen. Scritto da Niels Bjerre, responsabile degli affari agricoli presso Bayer CropScience a Copenaghen, “Ringraziamo il cielo per i pesticidi” si proponeva di convincere i lettori che un’agricoltura moderna e sostenibile non può essere ottenuta senza l’uso di pesticidi.
L’attivista ambientale danese Rosemary Mason ha replicato con il documento “Lettera aperta a Bayer: Monsanto ha nascosto la tossicità di Roundup per la salute umana e l’ambiente” che menziona e va anche oltre l’ormai ben documentata falsità della Monsanto (acquisita da Bayer nel 2018) – si vedano i ‘Monsanto Papers‘ – nell’evidenziare i continui danni provocati dai pesticidi come il glifosato.
Mason elenca molti studi pertinenti. Ad esempio, un gruppo francese ha trovato metalli pesanti nei formulanti chimici dei GBH nella dieta della popolazione. Come con altri pesticidi, il 10-20% dei GBH è costituito da coformulanti chimici. Sono state identificate famiglie di molecole ossidate a base di petrolio e altri contaminanti, nonché metalli pesanti come arsenico, cromo, cobalto, piombo e nichel, noti per essere tossici ed interferenti endocrini.
Nel 1988, Ridley e Mirly (studio commissionato dalla Monsanto) avevano rilevato il bioaccumulo di glifosato nei tessuti di ratto. Residui erano presenti nelle ossa, nel midollo, nel sangue e in varie ghiandole, tra cui tiroide, testicoli e ovaie, nonché in organi principali, tra cui cuore, fegato, polmoni, reni, milza e stomaco. Il glifosato era anche associato ad alterazioni degenerative del cristallino oftalmico.
Uno studio di Stout e Rueker (1990) (anch’esso commissionato dalla Monsanto) aveva dimostrato l’insorgenza di cataratta in seguito all’esposizione al glifosato nei ratti. È interessante notare che la percentuale degli interventi chirurgici di cataratta in Inghilterra è “aumentato in modo molto sostanziale” tra il 1989 e il 2004: da 173 (1989) a 637 (2004) casi su 100.000 abitanti.
Uno studio del 2016 dell’OMS aveva anche confermato che l’incidenza della cataratta è notevolmente aumentata: “Una valutazione globale del carico di malattie dovuto ai rischi ambientali” afferma che la cataratta è la principale causa di cecità in tutto il mondo. A livello globale, la cataratta è responsabile del 51% dei casi di cecità. Negli Stati Uniti, tra il 2000 e il 2010 il numero di casi di cataratta è aumentato del 20%, da 20,5 milioni a 24,4 milioni. Si prevede che, entro il 2050, il numero di persone affette da cataratta raddoppierà a 50 milioni.
Gli autori di “Assessment of Glyphosate Induced Epigenetic Transgenerational Inheritance of Pathologies and Sperm Epimutations: Generational Toxicology” (Scientific Reports, 2019) avevano notato che le esposizioni ambientali ancestrali ad una varietà di fattori e sostanze tossiche promuovevano l’eredità transgenerazionale epigenetica di patologie ad esordio tardivo.
Hanno ipotizzato che il glifosato possa indurre l’eredità transgenerazionale di malattie e epimutazioni della linea germinale (ad esempio, nello sperma). Le osservazioni suggeriscono che la tossicologia generazionale del glifosato debba essere presa in considerazione nell’eziologia delle malattie nelle generazioni future.
In uno studio del 2017, Carlos Javier Baier e colleghi avevano documentato problemi comportamentali a seguito di ripetute somministrazioni di erbicidi a base di glifosato per via intranasale nei topi. Il GBH intranasale aveva causato disturbi comportamentali, diminuzione dell’attività locomotoria, indotto un comportamento ansiogeno e prodotto deficit di memoria.
L’articolo contiene riferimenti a molti studi in tutto il mondo che confermano che i GBH sono dannosi per lo sviluppo del cervello fetale e che l’esposizione ripetuta è tossica per il cervello umano adulto e può provocare alterazioni dell’attività locomotoria, ansia e compromissione della memoria.
I punti salienti di uno studio del 2018 sulle modificazioni dei neurotrasmettitori nelle regioni del cervello dei ratti in seguito all’esposizione al glifosato includono la neurotossicità. E, in uno studio del 2014 che esaminava i meccanismi alla base della neurotossicità indotta dall’erbicida a base di glifosato nell’ippocampo di ratto immaturo, era stato scoperto che il Roundup a base di glifosato della Monsanto induce vari processi neurotossici.
Nel documento “Glyphosate damages blood-testis barrier via NOX1-triggered oxidative stress in rats: Long-term exposure as a potential risk for male reproductive health” (Environment International, 2022) è stato osservato che il glifosato danneggia la barriera emato-testicolare (BTB – blood-testis barrier, n.d.t.), induce oligospermia e che la lesione della BTB indotta dal glifosato contribuisce alla diminuzione della qualità dello sperma.
Lo studio Multiomics reveal non-alcoholic fatty liver disease in rats following chronic exposure to an ultra-low dose of Roundup herbicide (2017), rilevava nei ratti la steatosi epatica non alcolica (NAFLD) (Non-alcoholic fatty liver disease, n.d.t.) indotta dall’esposizione cronica a dosi ultra-basse di erbicida Roundup. La NAFLD colpisce attualmente il 25% della popolazione statunitense ed una percentuale simile negli Europei.
L’articolo del 2020 “Glyphosate exposure exacerbates the dopaminergic neurotoxicity in the mouse brain after repeated of MPTP” suggerisce che il glifosato potrebbe essere un fattore di rischio ambientale per il Parkinson.
Nello studio pilota di 13 settimane del Ramazzini Institute del 2019, che esamina gli effetti dei GBH sullo sviluppo e sul sistema endocrino, è stato dimostrato che l’esposizione ai GBH, dal periodo prenatale all’età adulta, induce effetti endocrini e altera i parametri dello sviluppo riproduttivo nei ratti maschi e femmine.
Oltre al glifosato, Mason osserva anche che, nel 1991, Bayer CropScience aveva introdotto negli Stati Uniti un nuovo tipo di insetticida: l’imidacloprid, il primo di un gruppo ora noto come neonicotinoidi.
Imidacloprid era stato autorizzato per l’uso in Europa nel 1994. Nel luglio dello stesso anno, gli apicoltori francesi avevano notato qualcosa di inaspettato. Subito dopo la fioritura dei girasoli, moltissime colonie erano collassate, poiché le api operaie volavano via e non tornavano più, lasciando morire la regina e le operaie immature. Gli apicoltori francesi avevano subito capito il perchè: un nuovissimo insetticida chiamato Gaucho, con imidacloprid come principio attivo, era stato applicato per la prima volta ai girasoli.
Nel documento del 2022 “Neonicotinoid insecticides found in children treated for leukaemias and lymphomas” (Environmental Health), gli autori hanno affermato che diverse molecole di neonicotinoidi sono state trovate nel liquido cerebrospinale (CSF), nel plasma e nelle urine dei bambini. Essendo la classe di insetticidi più utilizzata in tutto il mondo, si trovano ovunque nell’ambiente, nella fauna selvatica e negli alimenti. I dati hanno rivelato molteplici neonicotinoidi e/o loro metaboliti nel liquido cerebrospinale, nel plasma e nelle urine dei bambini.
LINEA DI FONDO
Se i ‘Monsanto Papers’ ci insegnano qualcosa, è che la priorità assoluta di un’azienda è il profitto (a tutti i costi, con tutti i mezzi necessari) e non la salute pubblica. L’obbligo di un CEO è massimizzare i profitti, conquistare i mercati e, idealmente, anche gli organismi di regolamentazione e decisionali.
Le aziende devono anche garantire una crescita sostenibile anno dopo anno, il che spesso significa espandersi in mercati finora non sfruttati. In effetti, nel già citato articolo “Growing Agrichemical Ubiquity”, gli autori osservano che, anche se Paesi come gli Stati Uniti stanno ancora segnalando un maggiore uso di pesticidi, la maggior parte di questa crescita si sta verificando nel Sud del mondo:
“Ad esempio, l’uso di pesticidi in California è cresciuto del 10% dal 2005 al 2015, mentre l’uso da parte degli agricoltori boliviani, pur partendo da un livello inferiore, è aumentato del 300% nello stesso periodo. L’uso di pesticidi è in forte crescita in paesi diversi come Cina, Mali, Sud Africa, Nepal, Laos, Ghana, Argentina, Brasile e Bangladesh. La maggior parte dei Paesi con alti livelli di crescita ha deboli normative, scarso monitoraggio ambientale e carenti strutture di sorveglianza sanitaria”.
E gran parte di questa crescita viene innescata dall’aumento della domanda per gli erbicidi:
“L’India ha registrato un aumento del 250% dal 2005 (Das Gupta et al. 2017), mentre l’uso di erbicidi è aumentato del 2500% in Cina (Huang, Wang e Xiao 2017) e del 2000% in Etiopia (Tamru et al. 2017). L’introduzione di semi di soia, mais e cotone tolleranti al glifosato negli Stati Uniti, in Brasile e in Argentina è chiaramente responsabile di gran parte della domanda, ma l’uso di erbicidi si sta espandendo notevolmente anche in Paesi che non hanno approvato né adottato tali colture e dove la piccola proprietà contadina è ancora dominante”.
In risposta al crescente uso di GBH in India, l’influente organizzazione Swadeshi Jagaran Manch ha recentemente chiesto il divieto totale dell’uso del glifosato nel Paese. Al ministro dell’agricoltura è stata presentata una petizione con più di 201.000 firmatari a favore di un divieto totale del glifosato.
Il ministro è stato anche informato che l’erbicida è stato palesemente utilizzato per il cotone geneticamente modificato tollerante agli erbicidi (HT – herbicide tolerant, n.d.t.) coltivato illegalmente. Gli è stato riferito che “compagnie sementiere disoneste” stanno cercando di diffondere illegalmente cotone transgenico HT su centinaia di migliaia di acri di terra per promuovere l’uso del glifosato.
In una ricerca del 2017, gli accademici Glenn Stone e Andrew Flachs descrivono come i coltivatori di cotone in India siano stati incoraggiati a cambiare le loro pratiche di aratura, portando ad un maggiore sviluppo di infestanti. Il risultato in termini di resa (o profitto dell’agricoltore) non è probabilmente migliore, ma il cambiamento (opportunamente) ha coinciso con la comparsa di una fornitura crescente di questi semi di cotone HT illegali. Gli agricoltori vengono così indotti ad aumentare l’uso di erbicidi.
Figure del settore come Niels Bjerre affermano che l’uso di pesticidi è necessario nell'”agricoltura moderna”. Ma non è così: ora ci sono prove sufficienti per suggerire il contrario. Semplicemente, non è necessario che i nostri corpi siano contaminati da prodotti agro-chimici tossici, indipendentemente da quanto l’industria cerchi di rassicurarci sul fatto che siano presenti a livelli “sicuri”.
C’è anche la narrativa promossa dall’industria, secondo cui, se metti in dubbio la necessità di pesticidi sintetici nell'”agricoltura moderna”, sei in qualche modo ignorante o addirittura “anti-scientifico”. Questo è semplicemente falso. Che cosa significa “agricoltura moderna”? Significa un sistema adattato per soddisfare le richieste dell’agrocapitale globale, dei suoi mercati e delle catene di approvvigionamento internazionali.
Come ha recentemente affermato lo scrittore e accademico Benjamin R Cohen:
“Soddisfare le esigenze dell’agricoltura moderna – coltivare prodotti che possano essere spediti per lunghe distanze e trattenuti in negozio e a casa per più di qualche giorno – può portare a pomodori che hanno il sapore del cartone o fragole che non sono dolci come dovrebbero. Questi non sono i bisogni dell’agricoltura moderna. Sono le esigenze dei mercati globali”.
Quello che veramente viene messo in discussione è un paradigma politico che privilegia un certo modello di sviluppo sociale ed economico e un certo tipo di agricoltura: urbanizzazione, ipermercati, mercati globali, filiere lunghe, fattori di produzione in mano a privati (sementi, pesticidi sintetici e fertilizzanti, macchinari, ecc.), monocoltura chimico-dipendente, alimenti altamente trasformati e dipendenza dal mercato (aziendale) a spese delle comunità rurali, delle piccole imprese indipendenti e delle piccole aziende agricole, a danno dei mercati locali, delle filiere corte, delle risorse aziendali, della diversità agroecologica, di una dieta equilibrata e della sovranità alimentare.
Gli effetti di questo paradigma hanno avuto conseguenze ecologiche, ambientali, sociali, economiche e agronomiche devastanti sui sistemi agrari tradizionali altamente produttivi (si veda la lettera aperta di Bhaskar Save del 2006 ai funzionari indiani).
Inoltre, nonostante le affermazioni contrarie, questa Rivoluzione Verde ad alta intensità chimica pare non abbia effettivamente portato ad un aumento della produzione alimentare pro capite (si veda l’articolo di Glenn Stone ‘New Histories of the Green Revolution‘).
Tuttavia, i conglomerati predatori agroalimentari hanno guidato questo paradigma politico. In tal modo, hanno attivamente consolidato la loro posizione nell’intero sistema alimentare globale, promuovendo al contempo la falsa narrativa secondo cui la loro presenza e i loro input sono necessari per nutrire il mondo.
Rosemary Mason e Colin Todhunter
Fonte: off-guardian.org
Link: https://off-guardian.org/2022/01/27/bathed-in-pesticides-the-narrative-of-deception/
Tradotto da Papaconscio per comedonchisciotte .org