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Immigrazione, la guerra di cui neghiamo l’esistenza

di Roberto Pecchioli - 07/09/2024

Immigrazione, la guerra di cui neghiamo l’esistenza

Fonte: EreticaMente

E così sono quattrocento. E’ il numero della chiese date alle fiamme in Francia. Si assommano ai luoghi di culto cristiani dismessi o venduti  in giro per il vecchio continente, cioè il continente vecchio. Cambio di destinazione d’uso: diventano locali commerciali o turistici. Una civiltà e una tradizione religiosa  ridotta a mercato delle pulci di se stessa.
Da noi i liberali di centrodestra vogliono lo ius scholae, ossia uno ius soli camuffato, a vantaggio dei ragazzi stranieri che concludono gli studi nella disastrata scuola italiana. Secondo Antonio Tajani, orfano di due re – i Savoia e Berlusconi- ora accasato con Ursula Von der Leyen, è la soluzione ai problemi demografici. Si è infatti accorto che gli italiani  non hanno figli. In trent’anni di attività politica, non se ne era avveduto. In singolare sintonia con l’orfanello di Arcore, i centristi (Azione o Italia Viva, indistinguibili, liti personali a parte) propongono di dimezzare i tempi per l’acquisizione della cittadinanza degli stranieri, il che significa trasmetterla ai figli per gli effetti dello ius sanguinis. Un cocktail devastante che la farà finita in una generazione con la nazione italiana. Nazione, non cittadinanza, il semplice timbro sui documenti. Ma agli italiani – e agli europei- che importa?
E’ in corso una guerra di cui fingiamo di ignorare l’esistenza. Ogni tanto ci svegliamo con la notizia che qualcuno è stato accoltellato da un “ospite” in questo o quel paese dell’invecchiata Europa. Qui o là una chiesa brucia. Le strade sono invase da immigrati clandestini che non rispettano nemmeno le leggi elementari del decoro, talora defecando o masturbandosi in pubblico. Chi non ci crede, legga la cronaca. Le aggressioni sessuali non si contano, ma interessano soltanto i “femminicidi” commessi da bianchi. Dopo un mese di baccano, il caso della ragazza milanese uccisa è derubricato a incidente. Era nel luogo sbagliato al momento sbagliato, afferma il coro buonistaprogressistainclusivo, poiché l’assassino è un cittadino italiano di origini africane. Concittadino, non connazionale.
Lo spazio pubblico è stato consegnato, come le leggi, a chi sta occupando i nostri paesi sfigurati, sovvertendo la nostra cultura plurisecolare, la nostra religione due volte millenaria, il nostro modo di essere. Maneggiano coltelli e machete in assenza di argomenti. La polizia ha paura di affrontarli perché ogni azione solleverà l’ira del coro progressista e porterà loro, non i criminali, sul banco degli imputati. Fine della carriera, rovina economica, forse la galera al posto di chi la merita. Il mondo al contrario: chi glielo fa fare?
Perché siamo arrivati ​​a questo punto? Molto semplice: i leader europei, non solo progressisti, hanno  chiuso volutamente gli occhi su quello che da decenni è il fenomeno più grande del continente. Già negli anni Novanta in Germania il problema dell’immigrazione era molto serio. In Francia la situazione è ancora più grave. Nicolas Sarkozy divenne presidente anche perché osò entrare in alcune periferie degradate in cui nemmeno la polizia si avventurava, salvo dimenticarsi delle promesse una volta all’Eliseo. A Bruxelles, burocratica capitale europoide, interi quartieri non sono sotto il controllo del fallimentare Stato belga e la sharia sostituisce i tribunali ufficiali. Della Gran Bretagna meglio tacere, omicidi “etnici” e stupri di ragazzine bianche povere ad opera di bande straniere celati per non alimentare – secondo governi di ogni orientamento- il razzismo, che avanza invece per la negazione dei problemi. Un bambino di undici anni colpevole di sventolare la bandiera di San Giorgio è stato arrestato. La legge scompare in quanto i politici – con le magistrature di servizio – rifiutano di applicarla o ne riservano i rigori ai loro cittadini. La democrazia cessa di esistere perché non può esserci una democrazia che proclama la disuguaglianza contro i cittadini. Ai connazionali tutti i doveri – compreso quello di finanziare la fine del loro modo di vivere – agli stranieri tutti i diritti.
Ecco perché ormai il concetto di democrazia attrae così poco, mentre le reazioni che salgono dal ventre del corpo sociale ferito – deboli ma reali – sembrano l’ultimo graffio dell’animale ferito, un’estate di San Martino con il sole che non scalda, ricordo delle stagioni passate. L’invasione è in atto ma non si può chiamarla così, la sostituzione etnica – ma anche valoriale – è in corso . E’ la guerra non dichiarata delle oligarchie contro i popoli. La politica dà segnali deboli, quando li dà. Giorgia Meloni è capo del governo anche perché promise il blocco navale, su cui è calato il silenzio dopo il veto europeo. Sovranisti dei miei stivali. In Francia è stato necessario che tutto il sistema si unisse affinché Marine Le Pen non andasse al governo – ma il popolo ha seguito le consegne del potere, non dimentichiamolo – in Germania l’avanzata dell’Afd e dei social populisti è potente, ma non riesce a scalfire il muro dell’establishment.
Intanto la potenza industriale tedesca declina e si parla addirittura di chiusura della Volkswagen. Un colpo peggiore della fine ingloriosa della Fiat in Italia. La reazione dei terminali del potere – politica, economia, cultura, comunicazione – è la solita. Chi difende se stesso è razzista, fascista eccetera eccetera. Segno inequivocabile che non si intende modificare l’agenda. Dobbiamo andare verso l’estinzione etnica,  l’impoverimento economico e il degrado sociale e civile ridendo, perché in alto così hanno deciso. Destra e sinistra di potere concordano su quasi tutto, anche sull’invasione, alleate nella guerra contro i popoli. Noi stessi, con il nostro voto, la nostra indifferenza, l’adesione assurda alle parole d’ordine calate dall’alto, siamo responsabili di ciò che accade. La legittima difesa dei popoli è criminalizzata, come quella di chi reagisce a ladri, rapinatori, assassini.
Una legittima difesa che dovrebbe partire dal rifiuto delle parole d’ordine dei ventriloqui del potere. I paesi europei devono consentire l’immigrazione economica se vogliono superare la sfida dell’invecchiamento della popolazione e migliorare la crescita in modo duraturo. Lo ha detto Fabio Panetta, governatore della Banca d’Italia. Un profilo interessante, il suo. Un tecnocrate finanziario cresciuto nella London School of Economics (Soros e i fabiani, il cui simbolo è un lupo in pelle d’agnello), dove il capitalismo diventa globalismo progressista nel culto della “società aperta”. Panetta dice che l’immigrazione è una risposta razionale dal punto di vista economico. Ha pensato ad altri punti di vista? Perché tutti gli  aspetti di coesione sociale, culturale, politica, civile, spirituale restano fuori dal campo visivo di questo perfetto rappresentante della monocultura mercantile?
Che il mondo del denaro abbia deciso l’immigrazione di massa è evidente da tempo, in particolare dopo la grande crisi migratoria del 2015 deliberatamente provocata dai potentati economici. Se qualcuno ne dubitava, Panetta è lì a ricordarcelo. Nello stesso evento in cui ha parlato il  governatore, l’incontro annuale di Comunione e Liberazione detto Meeting per ossequio coloniale, Tajani – vice primo ministro – ha parlato di ius scholae. Entusiasmo clericale, da Zuppi in giù: il rancore anti nazionale percorre da sempre la chiesa italiana. Le sue posizioni sono le stesse della finanza, di ampi settori dell’industria (che fatica a trovare personale perché la crisi demografica ha accentuato la curva negativa) e del partito unico di sistema al potere in Occidente.
Aprire le porte, lasciar entrare tutti, criminalizzare i dissidenti, come il povero Salvini dai mille difetti, sotto processo per avere difeso i confini marittimi dall’ingresso di ospiti non invitati. Anzi no, invitati eccome, voluti, finanziati, da un potere nemico che odia il suo popolo. Naturalmente il banchiere e il politico di casa Mediaset parlano di “immigrazione legale” (non possono difendere apertamente quella clandestina), ma quello che vogliono è un’apertura dei criteri: l’immigrazione è legale se si valutano esclusivamente i fattori economici. Dopo averli provocati, beninteso.
Che l’Unione Europea promuova l’immigrazione di massa è una verità che non può essere smentita, alimentata da autorità religiose in disarmo, come Bergoglio che accusa di peccato mortale chi non approva l’accoglienza forzata di masse straniere, peraltro tutt’altro che cattoliche. Il suicidio nella dottrina di ieri era un grave peccato, ma nel mondo capovolto anche la chiesa è al contrario. Ue, preti e finanza sono indifferenti agli effetti drammatici delle politiche migratorie: fanno i loro affari. Business, as usual.  A Rimini c’era anche un garrulo presule – ammiratore di Pannella e protagonista di affreschi assai discutibili nella cattedrale di Terni – il presidente della Pontificia Accademia per la Vita Vincenzo Paglia.
Non dubitavamo del ruolo di ruota di scorta delle élite mondialiste del Vaticano, non solo sul tema migratorio; lorsignori direbbero sinergia. La benedizione papale avvolge nell’incenso le scelte economiche e politiche dei Panetta, dei Tajani e degli  altri venerabili fratelli dei circoli riservati che hanno rubato la sovranità dei popoli.  Tutto è chiaro: c’è immigrazione massiccia perché così vuole il potere. E poiché è chiaro, ricordiamo alcune cose essenziali. Sul fronte economico,  ’immigrazione ha senso quando un’economia cresce e ha bisogno di manodopera qualificata. Difficile giustificarla se le economie crescono poco, in un contesto di disoccupazione giovanile elevata aggravata da una gigantesca operazione di automazione e robotizzazione che espelle milioni di lavoratori, intere categorie e figure professionali. Chi sosterrà la massa di popolazione appena arrivata? Perché ? Per creare un neo proletariato meno esigente di quello autoctono? Di certo al prezzo dell’ impoverimento della classe lavoratrice e dei ceti medi europei.
Per quanto riguarda la demografia, è vero che bisogna “vincere la sfida dell’invecchiamento della popolazione”, ma che cosa e chi ha causato l’invecchiamento della popolazione in Europa? Svolgiamo da mezzo secolo politiche deliberatamente antinataliste e ora dobbiamo lottare contro l’invecchiamento importando persone nate altrove? Non è più razionale favorire le nascite tra la popolazione locale? Avere figli è fascista se si è europei e progressista se si è africani? Su tutto, una domanda di fondo: perché l’argomento economico è l’unico ammesso, su questo e su ogni altro tema?  Il mondo non si regge solo su considerazioni economiche. Ci sono fattori culturali, sociali, religiosi, storici, comunitari e  politici più importanti – lo ribadiamo, più important i- quando si tratta di strutturare una società equilibrata. La riduzione mercantile dell’esistenza – avvolta o meno nell’incenso – è uno dei sintomi più evidenti del declino.  Intanto, in Germania i nuovi tedeschi ammazzano a coltellate, in Inghilterra lo fanno i nuovi britannici con l’accetta; in Francia bruciano le chiese e diventano inferni metropolitani centinaia di periferie. In Spagna non sanno più dove mettere gli ultimi arrivi. Gli Usa sono sull’orlo della guerra civile per motivi etnici e per immigrazione non incontrollata, bensì provocata. Nel clima di fine impero, il contributo italiano è il caso farsesco del ministro della Cultura (della Cultura!) e della sua Boccia di rosa. ‘O ministro nnammurato, una farsa di quart’ordine. Anche Napoli non è più quella di una volta. Dopo la comica finale, cala la tela. L’ultimo chiuda la porta.