Imperi e imperialismo
di Gennaro Scala - 30/05/2022
Fonte: Gennaro Scala
Molti riguardo alla politica estera statunitense utilizzano indistintamente la parola impero americano oppure imperialismo americano. In varie occasioni ho accennato ad una distinzione tra i due termini, ma la questione non è tanto terminologica quanto deriva dalla necessità di trovare i termini per distinguere due cose diverse. Sono convinto che un tale concetto sia importante per definire delle nuove teorie politiche per il mondo multipolare. Un compito di lunga portata che dovrebbe essere parte importante delle energie di tutti gli studiosi di buona volontà.
Sia l'impero e l'imperialismo appartengono alle forme del dominio e quindi sono associati alla violenza, quindi appartengono all'ambito del male, ma non distinguere tra due forme di mali è un errore. Finora la totalità degli Stati si sono formati dall'espansione e dell'egemonia di un gruppo sugli altri, ma un espansionismo non è uguale ad ogni altro, ci sono forme di espansionismo che creano un ordine, altre invece che comportano solo distruzione e rovina. Questa distinzione non è uso corrente nell'ambito riflessione politica, tuttavia possiamo ritrovare un illustre antecedente nel nostro poeta nazionale, Dante, di cui viene spesso trascurata o è ignorata l'importanza per q la storia del pensiero politico, nota invece a Giorgio Agamben (vedi il mio lavoro “Il folle volo in Occidente. La tragicommedia di Ulisse (I parte)”).
Il canto di Ulisse si apre con la famosa invettiva contro Firenze “che per mare e per terra batte l'ali”, versi che riprendono sarcasticamente l'iscrizione del palazzo del Burgello ispirata ai versi di Lucano, e vogliono dire che Firenze crede di essere una nuova Roma, ma invece secondo il poeta non lo è neppure lontanamente, anzi Firenze è un'anti-Roma. L'espansionismo fiorentino è privo di quella virtù che permise ai romani di fondare una nuova civiltà. L'espansionismo di Firenze è dettato dalla cupidigia, di cui Ulisse è l'espressione più alta, cioè la cupidigia intellettuale, e quindi la più condannabile. Questo è il motivo per cui l'invettiva contro Firenze è posta all'inizio del “canto di Ulisse”. La cupidigia che Dante incontra all'inizio della Commedia è una trina, ma nella Lupa che le assomma tutte è una brama senza fine, e si accoppia con molte altre bestie. Vi è la cupidigia di ricchezze (il capitalismo), ed è proprio dall'analisi aristotelica del perseguimento illimitato dell'arricchimento che Dante trae un modello che estende alle altre sfere dell'azione umana. Vi è quindi la cupidigia di potere, che è la ricerca dell'accrescimento senza limiti del potere, su cui si orienta l'azione della Chiesa che dei potenti del suo tempo. Sono forme di azione prive di uno scopo definito, il cui scopo è il puro accrescimento senza limiti. Alla stessa regola soggiace l'espansionismo di Firenze, che è uno sbattere le ali per il mondo alla pura ricerca dell'accrescimento di ricchezza e di potenza, ma in quanto tale è incapace di formare un nuovo ordine o una nuova civiltà. Per certi aspetti quella dantesca è simile alla concezione marxista-leninista dell'imperialismo, ma per altri aspetti è più precisa perché per Lenin l'imperialismo è detta dalla ricerca di sbocchi per il capitale monopolistico, quindi è dettata dalla brama di ricchezze, mentre invece Dante distingue i diversi livelli, c'è una cupidigia di ricchezze e una cupidigia espansionista, ma sebbene queste condividano lo stesso paradigma di base sono tuttavia due livelli diversi.
Possiamo quindi che l'imperialismo è l'espansionismo che si accoppia allo sviluppo moderno che vede un enorme accrescimento del controllo sulla sfera economica con la nascita con l'organizzazione capitalistica della società, con lo sviluppo della tecnica, e dello Stato moderno. Tutti fattori che hanno visto un balzo in avanti della ri-nascente civiltà europea dopo la lunga fase di transizione seguita al crollo dell'Impero romano. A differenza della maggior parte degli imperi, l'espansionismo europeo-occidentale non segue una logica territoriale che prevede l'espansione strettamente territoritale, con l'inclusione subordinati dei territori conquistati nel proprio sistema. L'espansionismo occidentale prima europeo e poi statunitense, è un espansionismo che non prevede limiti e confini. Diamo la parola a Limes, rivista che dal nome stesso, sembra rivolta invece a ripristinare nella cultura occidentale il “senso del limite” che fu proprio dell'Impero romano, e che noi italiani, in quanto parenti ed eredi più stretti della civiltà romana dovremmo essere i principali custodi. Scrive Limes nell'editoriale del numero “L'America in tempesta” (1/2021).
“Di norma l’impero stabilisce e difende i suoi correnti limiti. L’America rifiuta di porseli. La sua frontiera è sempre mobile, defnita mai. Se fortifcasse un limes in nome del canone imperiale (voluto il riferimento al Muro del Rio Grande, Sagrada Familia delle architetture di frontiera) rischierebbe di perdere d’un colpo identità e impero.”
Quindi secondo Limes, gli Stati Uniti sono un impero che non è un impero. Ragione per cui sarebbe necessaria una chiarificazione in merito a questi termini.