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In merito alla scomparsa del M5S

di Fabio Falchi - 27/09/2020

In merito alla scomparsa del M5S

Fonte: Fabio Falchi

Capisco perfettamente le ragioni di chi intelligentemente si interroga sulle conseguenze, rebus sic stantibus, della possibile scomparsa del M5S. Il successo dei pentastellati nel 2013 dipese dalla capacità di intercettare e interpretare una domanda di cambiamento radicale, proponendosi come forza politica alternativa sia alla destra berlusconiana che alla sinistra neoliberale, e in particolare proprio al PD.
Il problema, come cercai allora di evidenziare in un  breve articolo ancora disponibile in rete, era se il M5S sarebbe riuscito a passare dall'antipolitica, tipica di un  certo populismo, alla politica, ossia se aveva davvero la capacità di diventare una forza politica strutturata e matura, e quindi in grado di condurre la lotta politica con coerenza anche e soprattutto a livello istituzionale.
 Le premesse non parevano "incoraggianti", dacché, in sintesi, non vi era - o non era chiaro se vi fosse - una autentica strategia  sotto il profilo geopolitico e nei confronti della UE. Insomma , per capirsi, non si sapeva quale fosse veramente la dottrina politica o l'ideologia (nel senso non negativo del termine) che caratterizzava  o avrebbe caratterizzato il M5S.
Per di più, il "Movimento" pareva volesse rimanere tale, ossia, per così dire "allo stato aeriforme", senza cioè strutturarsi come un partito di massa fortemente radicato nel territorio.
 Non si poteva però non escludere che con il passare del tempo e la necessità di agire come una forza di governo, giacché solo come forza di governo il M5S poteva avere la possibilità di "cambiare" veramente qualcosa, il "Movimento" crescesse nettamente sotto il profilo politico-culturale, geopolitico e sociale.
In questo senso, il governo giallo-verde, nonostante tutti i suoi difetti e la sua evidente "fragilità politica", anche per le non poche differenze tra il M5S e la Lega (passata da circa il 4% nelle elezioni del 2103 ad oltre il 17% nelle elezioni del 2018,  per giunta ancora in continua crescita, e quindi essa stessa, almeno "potenzialmente" in fase di rapida trasformazione in un partito nazionale di massa), sembrava potesse avviare ("per induzione" più che per scelta) un nuovo corso politico, che avrebbe potuto anche essere sfruttato da forze politiche e sociali in grado di mettere seriamente in discussione il "paradigma" dominante atlantista neoliberale.
Com'è noto, così non è stato e la politica italiana è perfino cambiata, se possibile, in peggio.
Il M5S dopo la crisi del governo giallo-verde, "aperta" dalla Lega, anziché "correre" di nuovo da solo (pagando certo un "costo salato" nel breve periodo) ha preferito allearsi con il PD,  di cui politicamente sembra ormai un sorta di "bizzarra appendice".
Sotto il profilo politico, pertanto, se non (ancora) sotto quello elettorale, il M5S se non è scomparso poco ci manca, benché il dissenso interno e le numerose contraddizioni che caratterizzano il M5S potrebbero pure portare alla nascita di "qualcosa di nuovo".
In pratica, però, oggi non vi è né un' alternativa possibile al neoliberalismo, di destra o di sinistra che sia, né una classe dirigente degna di questo nome.
E questo è un problema che non si può risolvere in tempi brevi, sebbene non si debba proprio partire da zero (ma la "triste" vicenda del Covid-19 ha comunque dimostrato che la "cifra" da cui si deve ripartire è perfino più bassa di quanto si potesse immaginare un anno fa).
Peraltro, in Italia non vi sono vere "scuole di formazione politica", né ci si può aspettare granché dalla "cittadella accademica", in cui prevalgono o l'iperspecializzazione (certamente necessaria sotto certi aspetti ma perniciosa sotto quello della "ideazione" e della intelligenza creatrice) o le ciance sofisticate sulla "comunità a venire" e sulla "biopolitica" (che non sarebbe nemmeno priva di interesse se non si ignorasse che le più antiche e principali "forme di biopolitica" sono il culto dei morti e la guerra, inclusa quella civile o la lotta intestina), anziché l'analisi, in un'ottica realistica,  della lotta per l'egemonia, a livello sociale e geopolitico, per non parlare della polemologia, sconosciuta ai più, inclusi coloro che si reputano esperti di geopolitica.
Tuttavia, è proprio il quadro geopolitico mondiale, in specie adesso che si è iniziata una complessa fase multipolare, che non si deve perdere di vista, tanto più che lo scontro tra gli attori geopolitici principali può (eccome!) influire sugli equilibri interni non solo economici ma politici di tutti i Paesi, non escluso ovviamente il nostro.