"Inattuabile" è la narrativa sovranista o quella europeista?
di Maurizio Blondet - 11/05/2018
Fonte: Maurizio Blondet
Dunque Mattarella, a nome di un’oligarchia parassitaria che ha sfasciato economicamente il Paese con il suo servilismo a Berlino, ha messo in guardia in guardia noi cittadini e i nostri eletti contro “la narrativa sovranista” – e che fa? Subito dopo attacca con la nota “narrativa europeista”: superare i particolarismi, nessun paese ce la può far da solo, “ci vuole più integrazione” eccetera.
Bisogna che finalmente lui e quelli che ripetono questa solfa invecchiata, prendano in mano un libro, finalmente, che li aiuti a capire quanto la loro “narrativa” è fantastica e lontana dalla realtà.
Il libro può essere quello dell’ordinario di Politica Monetaria e Fiscale dell’università di Siena, Sergio Cesaratto , “Chi non rispetta le regole? Italia e Germania, doppie morali dell’euro” (Imprimatur, 124 pagine, 14 euro).
Il libro dimostra proprio quel che dice nel titolo, che la Germania infrange costantemente, e sempre a proprio vantaggio, le regole di una unione monetaria; che impone normative assurde, che avvicinano la destabilizzazione delle economie deboli, invece di scongiurarle; che vuole “ottenere la disciplina” dei paesi con alto debito, come l’Italia, “accrescendone la possibilità di una crisi finanziaria”, e pretende di “stabilizzare i mercati avvicinando il loro breaking point”, come ha scritto Walter Munchau del Financial Times, quindi è persino negativo a conseguire i fini che si propone, il risanamento e la prosperità.
Si tratta di capire che la Germania, “ossessionata dalle sofferenze bancarie” italiane, ha banche che, insieme alle francesi, hanno in pancia titoli tossici derivati per 6899 miliardi, ossia 12 volte le nostre sofferenze. L’Europa sembra avere una sola necessità e urgenza: come costringere l’Italia a ridurre il suo debito pubblico, facendo capire ai mercati che siamo potenzialmente insolventi (e quindi dovrebbero esigere da noi interessi più alti), quando in realtà da quasi 30 anni l’Italia mantiene un avanzo primario, ossia le sue entrate tributarie sono superiori alle spese per la pubblica amministrazione (una volta dedotti gli interessi passivi sul debito).
La Germania proclama che non può condividere i rischi con noi, finché le banche italiane non avranno svenduto i troppi Buoni del Tesoro che hanno in pancia: sorvolando sul fatto che ce li hanno “perché le banche italiane furono sollecitate dalla BCE ad accollarsi i titoli di Stato nazionali di cui le banche franco-tedesche si stavano sbarazzando” a badilate “nel 2011”, ossia quando si sbarazzarono dei titoli nostri per far cadere Berlusconi facendo salire lo spread a 500. Allora la BCE – Draghi – diede alle nostre banche la liquidità creata dal nulla invitandole a spenderla per ingozzarsi di quei titoli, altrimenti sarebbe esplosa una crisi dell’euro.
Cornuti e mazziati, si dice a Napoli.
Pensare di farcela con Berlino significa ingannare i cittadini
Ma soprattutto, Cesaratto illustra molto bene, agli illusi dalla “narrativa europeista” e del “ci vuole più UE”, che “il futuro dell’Europa non promette nessun cambiamento se non nella direzione di un irrigidimento” mortale per noi – e anche per loro, alla fine.
Anzitutto: non ci sarà nessuna integrazione maggiore, perché la Germania non vuole condividere alcuna “solidarietà” finanziaria. Il tentativo di Macron, già molto timido, di piatire da Berlino qualche misura minima di condivisione, è stato liquidato. La Merkel non solo non ha voluto quando era forte , dopo la batosta nelle elezioni ma è troppo debole (buona scusa) per imporre oggi ai suoi elettori una politica che tutti i dirigenti germanici hanno bollato da decenni come “aiutare quelli del Sud che vivono sopra i loro mezzi”. E stanno crescendo in popolarità i partiti euroscettici della destra tedesca, ancor meno disponibili a “integrarsi” all’Europa – pagando il conto. Il conto dovrebbero pagarlo loro infatti per i vantaggi indebiti che hanno lucrato in questi decenni di “europeismo”; ma loro lo attribuiscono alle proprie virtù e meriti.
Come sappiamo la Germania ha accumulato un surplus enorme, che è oggettivamente causa di squilibrio mondiale ed è contrario alle regole europee – quelle stesse che impone a noi, a scanso di sanzioni punitive, di non sforare un deficit annuo oltre il 3% dovrebbero imporre alla Germania minacciando pari sanzioni di non sforare il surplus: inizialmente del 3%, che lei poi si è aumentata al 6%; ma anche questo limite continua a superarlo: ormai il suo surplus commerciale, mostruoso, 253 miliardi, supera di 10 volte quello cinese, mette in pericolo la stessa globalizzazione e induce Trump a imporre i primi dazi.
Macron ha già fallito. e presto ne pagherà le conseguenze in disordini interni.
Ora, se Mattarella vuole accusare qualcuno di “particolarismo” e di egoismo anti-europeista, non guardi a Borghi o Bagnai; punti il dito sugli economisti tedeschi che scrivono, in documenti pubblici e ufficiali “La Germania non ha interesse diretto a ridurre il proprio surplus” (p.72) Se vuole accusare qualcuno di sovranismo, anzi di estremo nazionalismo, non accusi a Salvini (!) ma al più influente economista tedesco, Clemens Fuest capo del potente Ifo Institute: “Perché la Germania dovrebbe deviare da una politica fiscale ottimale dal punto di vista nazionale solo perché altri paesi ne possano beneficiare?”.
Se non si vede in queste frasi un anti-europeismo radicale, un nazionalismo che nega tutti i principi di fratellanza europea e valori della UE, e non si capisce che questi avendo il coltello dalla parte del manico non cederanno mai alle fantasiose preghiere di condividere qualcosa – vuol dire che si è preda di “narrative” allucinatorie su un futuro europeo che, in realtà, esiste solo nei sogni.
Qui vanno chiamate in causa le generazioni di politici, da Ciampi, Carli, Padoa Schioppa, da Prodi alle sinistre che “sfasciarono l’economia del paese” attraverso queste scelte europeiste, accettando di essere trattati da imputati permanenti di fronte a Bruxelles, di inadempienti ai “compiti a casa” da Berlino e sotto esame perenne di Francoforte, con l’argomento che “senza l’ancoraggio all’Europa, Italia è un paese perso”, come straparla Mattarella. In realtà, dice Cesaratto, “esso è smarrito ancor di più con l’Europa, e la diritta via se la deve cercare da solo”. E dice chiaro che di fronte a questa UE-giungla, “Il Paese farebbe bene a realizzare una coesione politica attorno ad una linea del Piave che sancisca che un ulteriore irrigidimento della governance europea sarebbe inaccettabile, e da ultimo fallimentare, per l’Italia e per la stessa Europa”.
Coesione politica attorno ad una linea del Piave stanno facendo Salvini e Di Maio, con tutti i limiti e i condizionamenti imposti dall’Oligarca-capo. Naturalmente, accadrà che tutti gli altri, invece di unirsi a loro, li dilanieranno, opereranno per il loro fallimento – come sempre succede nella eterna guerra civile italiana -dove sempre una fazione chiama lo straniero ad intervenire contro un’altra fazione interna. Invece l’ultima speranza è unirsi in una visione realistica dell’Europa come luogo degli egoismi, dove le regole le fa il più forte, le cui istituzioni sono “macchinose, arbitrarie e pro-cicliche” e se applicate davvero fino in fondo dall’Italia – come pretendono lorsignori – destabilizzerebbero i mercati e tutti noi. Legga Cesaratto, Presidente.