Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Israele al bivio

Israele al bivio

di Enrico Tomaselli - 09/10/2023

Israele al bivio

Fonte: Enrico Tomaselli

L'effetto - e l'efficacia - dell'operazione 'shock and awe' lanciata da Hamas contro l'occupante israeliano è interamente riscontrabile nelle parole di fuoco con cui sta reagendo l'establishment politico-militare di Tel Aviv: sono, appunto, sorpresi e terrorizzati, e quindi i discorsi che sentiamo in queste ore frenetiche riflettono soprattutto ciò, nonché la rabbia per essersi fatti cogliere con le braghe calate.
Inoltre, comprensibilmente queste parole sono rivolte essenzialmente alla popolazione israeliana, per la quale l'effetto shock è stato ancora maggiore, e rischia di mettere seriamente in discussione la fiducia nelle capacità delle forze armate di difenderla da qualsiasi minaccia. In questo senso, l'immediato assalto agli aeroporti, con centinaia, se non migliaia di israeliani che cercano di fuggire all'estero, sono un segnale preciso. Per un paese piccolissimo, e con una popolazione esigua (in cui, peraltro, il tasso di natalità della popolazione araba supera di gran lunga quello della popolazione ebraica), se dovesse scattare un fenomeno di ampie dimensioni sarebbe estremamente pericoloso, per la tenuta sociale e politica del paese stesso.
Ovviamente, inoltre, le parole di fuoco servono anche a coprire il persistere della situazione fuori controllo. Non solo gruppi di guerriglieri palestinesi sono ancora in giro nei territori occupati, ma proseguono indisturbati i lanci di razzi su molte città, comprese Tel Aviv e Gerusalemme.
Stesso significato hanno i bombardamenti su Gaza. Che, peraltro, non solo non sono una novità, ma sono ancora ben lontani da quanto gli occupanti israeliani hanno fatto in passato (nel 2018, oltre 31.000 morti).
Purtroppo, gran parte dell'establishment sionista, vuoi per ragioni ideologiche, vuoi per convenienza elettorale, è scivolato sempre più verso posizioni radicali, nella folle convinzione di poter tenere eternamente i palestinesi in una condizione di vita sub-umana, e di poterne reprimere qualsiasi insurrezione, senza però rendersi conto che così facendo stavano solo riempendo di esplosivo il barile su cui siedono.
Un altro grande errore della leadership israeliana è stato rispetto alla percezione del quadro internazionale. Storicamente, Israele è sempre stato un alleato strategico degli USA in Medio Oriente, ma questo ha anche a che vedere soprattutto con la convinzione che l'ombrello americano fosse la garanzia 'ultima' per l'esistenza dello stato ebraico. Al tempo stesso, i leader israeliani hanno sempre messo l'interesse nazionale al di sopra di qualsivoglia alleanza, ragion per cui sono sempre stati pronti a qualsiasi spregiudicatezza, pur di garantirla. Il che vuol dire che, se domani fosse più sicura una garanzia di altro tipo, volterebbero le spalle a Washington senza pensarci due volte.
L'emergere di una leadership mediocre quanto fanatica, è anche lì al tempo stesso causa ed effetto del declino, lo stesso dell'intero occidente. La ragione della sorpresa risiede anche in questo, nel non aver compreso i cambiamenti radicali intercorsi, non solo nel mondo in generale, ma significativamente nell'intero scacchiere mediorientale. Quello che, invece, hanno ben compreso i leader di Hamas, ed i loro alleati iraniani.
A questo punto, quindi, la domanda vera è: quanto questa leadership, mediocre, fanatica, spaventata ed infuriata, saprà gestire una situazione di eccezionale emergenza? Quanto sapranno, gli 'amici' di Israele, consigliarla per il meglio?
Va tenuto presente che Israele è poco più grande della Sicilia, con una popolazione sotto i dieci milioni, di cui il 74% circa ebraica, ed il 21% araba, ed è completamente circondata da stati arabi. Anche se i governi di questi sono ovviamente poco entusiasti all'idea di una guerra per la Palestina, le popolazioni dei paesi arabi e musulmani sono indefettibilmente favorevoli al sostegno. A parte quindi l'Iran, la Siria, il Libano, lo Yemen - tutta la filiera legata a Teheran - che potrebbe intervenire, basti pensare cosa potrebbe accadere se qualche autorità religiosa chiamasse alla jihad...
Le mosse dei prossimi giorni, quindi, sono tra le più difficili che Israele abbia mai dovuto affrontare, stretto tra la necessità di dare una risposta ed il rischio di contraccolpi potenzialmente devastanti.