Israele si prepara a svuotare Gaza
di Chris Hedges - 14/04/2025
Fonte: Giubbe rosse
Israele si prepara a concludere la più grande campagna di pulizia etnica dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Dal 2 marzo, a Gaza ha bloccato tutti gli aiuti alimentari e umanitari e ha tagliato l’elettricità per rendere inutilizzabile l’ultimo impianto di desalinizzazione dell’acqua. L’esercito israeliano si è impadronito di metà del territorio – Gaza è lunga 25 miglia e larga quattro o cinque miglia – e ha posto due terzi della striscia sotto ordine di sfollamento, rendendoli “no-go zone”, compresa la città di confine di Rafah, che è circondata dalle truppe israeliane.
Venerdì il ministro della Difesa Israel Katz ha annunciato che Israele “intensificarà” la guerra contro Hamas e farà uso di “tutte le pressioni militari e civili, tra cui l’evacuazione della popolazione di Gaza verso sud e l’attuazione del piano di migrazione volontaria del presidente degli Stati Uniti [Donald] Trump per i residenti di Gaza”.
Dalla cessazione unilaterale del cessate il fuoco da parte di Israele il 18 marzo – mai rispettato – Israele ha condotto bombardamenti e cannoneggiamenti senza sosta contro i civili, uccidendo oltre 1.400 palestinesi e ferendone oltre 3.600, a detta del Ministero della Salute palestinese. Secondo le Nazioni Unite, ogni giorno vengono uccisi in media cento bambini. Allo stesso tempo, Israele sta fomentando tensioni con l’Egitto per gettare le basi di quella che sospetto sarà una massiccia espulsione di palestinesi nel Sinai egiziano.
Il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich, riecheggiando Katz, ha affermato che Israele non avrebbe revocato il blocco totale finché Hamas non fosse stata “sconfitta” e i restanti 59 ostaggi israeliani non fossero stati rilasciati. “Nemmeno un chicco di grano entrerà a Gaza”, ha giurato.
Ma nessuno in Israele o a Gaza si aspetta che Hamas, che ha resistito alla decimazione di Gaza e a continui massacri di massa, si arrenda o scompaia.
La domanda non è più se i palestinesi saranno deportati da Gaza, ma quando saranno cacciati via e dove andranno. La leadership israeliana è apparentemente combattuta tra l’espulsione dei palestinesi oltre il confine, in Egitto, o il loro trasferimento in paesi africani. Stati Uniti e Israele hanno contattato tre governi dell’Africa orientale – Sudan, Somalia e la regione separatista della Somalia, nota come Somaliland – per discutere il reinsediamento dei palestinesi sottoposti a pulizia etnica.
Le conseguenze di una pulizia etnica su larga scala saranno catastrofiche, mettendo a repentaglio la stabilità dei regimi arabi alleati di Washington e scatenando una tempesta di proteste all’interno dei paesi arabi. Probabilmente significherà la rottura delle relazioni diplomatiche tra Israele e i suoi vicini Giordania ed Egitto, già prossimi al punto di rottura, e spingerà la regione verso la guerra.
Le relazioni diplomatiche hanno raggiunto il punto più basso dalla firma degli Accordi di Camp David nel 1979. Le ambasciate israeliane al Cairo e ad Amman sono in gran parte vuote, con il personale israeliano ritirato per motivi di sicurezza in seguito all’incursione del 7 ottobre in Israele da parte di Hamas e di altre fazioni armate palestinesi. L’Egitto ha rifiutato di accettare le credenziali di Uri Rothman, nominato ambasciatore israeliano lo scorso settembre. L’Egitto non ha nominato un nuovo ambasciatore in Israele quando l’ex ambasciatore, Khaled Azmi, è stato richiamato l’anno scorso.
Funzionari israeliani accusano l’Egitto di violare gli accordi di Camp David aumentando la sua presenza militare e costruendo nuove installazioni nel Sinai settentrionale. L’Egitto afferma che le accuse sono inventate. L’allegato al trattato di pace autorizza la presenza di ulteriori installazioni militari egiziane nel Sinai.
L’ex capo di stato maggiore israeliano, Herzi Halevi, ha messo in guardia da quella che definisce la “minaccia alla sicurezza” da parte dell’Egitto. Katz ha affermato che Israele non permetterà all’Egitto di “violare il trattato di pace” tra i due paesi, firmato nel 1979.
I funzionari egiziani sottolineano che è Israele ad aver violato il trattato occupando il corridoio di Filadelfia, noto anche come asse di Salahuddin, che corre lungo il confine di nove miglia tra Gaza e l’Egitto e che dovrebbe essere smilitarizzato.
“Ogni azione israeliana lungo il confine di Gaza con l’Egitto costituisce un comportamento ostile alla sicurezza nazionale dell’Egitto”, ha dichiarato al quotidiano in lingua araba Asharq Al-Awsat il generale egiziano Mohammed Rashad, ex capo dell’intelligence militare. “L’Egitto non può restare inerte di fronte a tali minacce e deve prepararsi a tutti gli scenari possibili”.
I dirigenti israeliani chiedono apertamente il “trasferimento volontario” dei palestinesi in Egitto. Il membro della Knesset, Avigdor Lieberman, ha affermato che “sfollare la maggior parte dei palestinesi da Gaza al Sinai egiziano è una soluzione pratica ed efficace”. Ha contrapposto l’alta densità di popolazione – Gaza è una delle aree più densamente popolate del pianeta – alle vaste “terre inesplorate” del Sinai settentrionale egiziano, osservando che i palestinesi condividono cultura e lingua con l’Egitto, rendendo “naturale” qualsiasi deportazione. Ha anche criticato l’Egitto perché presumibilmente “trae beneficio economico dall’attuale situazione politica”, in quanto mediatore tra Israele e Hamas, e “ricava profitti dalle operazioni di contrabbando attraverso i tunnel e il valico di Rafah”.
Il think tank israeliano Misgav Institute for National Security, composto da ex funzionari militari e di sicurezza israeliani, ha pubblicato un documento il 17 ottobre 2023, invitando il governo a sfruttare “l’opportunità unica e rara di evacuare l’intera Striscia di Gaza” e a reinsediare i palestinesi al Cairo con l’assistenza del governo egiziano. Un documento trapelato dal Ministero dell’Intelligence israeliano proponeva di reinsediare i palestinesi da Gaza al Sinai settentrionale e di costruire barriere e zone cuscinetto per impedirne il ritorno.
Qualsiasi espulsione avverrebbe probabilmente rapidamente, con le forze israeliane che stanno già radunando senza pietà i palestinesi nelle aree di contenimento a Gaza, conducendo una campagna di bombardamenti prolungata contro i palestinesi intrappolati e creando al contempo punti di evacuazione permeabili lungo il confine con l’Egitto. Ciò comporterebbe uno scontro potenzialmente letale con l’esercito egiziano, gettando immediatamente in crisi il regime egiziano di Abdel Fattah al-Sisi, che ha definito qualsiasi pulizia etnica dei palestinesi a Gaza una “linea rossa”. Da lì a un conflitto regionale, il passo sarebbe breve.
Israele ha conquistato territori in Siria e nel Libano meridionale, nell’ambito della sua visione di un “Grande Israele”, che include l’occupazione di territori in Egitto, Giordania e Arabia Saudita. Ambisce ai giacimenti marittimi di gas al largo della costa di Gaza e ha varato progetti per un nuovo canale che bypassi quello di Suez, collegando il porto israeliano in bancarotta di Eilat sul Mar Rosso, al Mar Mediterraneo. Questi progetti richiedono lo svuotamento di Gaza dai palestinesi e il popolamento di coloni ebrei.
La rabbia nelle strade arabe – una rabbia a cui ho assistito negli ultimi mesi durante le mie visite in Egitto, Giordania, Cisgiordania e Qatar – esploderà con una furia giustificata se si verificheranno deportazioni di massa. Questi regimi, semplicemente per mantenere il potere, saranno costretti ad agire. Gli attacchi terroristici, sia da parte di gruppi organizzati che di lupi solitari, prolifereranno contro obiettivi israeliani e occidentali, in particolare negli Stati Uniti.
Il genocidio è un sogno per il reclutamento per i militanti islamici. Washington e Israele devono, in qualche modo, comprendere il costo di questa barbarie. Ma sembra che lo accettino, cercando stupidamente di annientare coloro che hanno espulso dalla comunità delle nazioni, coloro che definiscono “animali umani”.
Israele e Washington cosa credono che accadrà quando i palestinesi saranno espulsi da una terra in cui hanno vissuto per secoli? Come pensano che reagirà un popolo disperato, privato di speranza, dignità e di un modo per guadagnarsi da vivere, massacrato da uno degli eserciti tecnologicamente più avanzati del pianeta? Pensano che creare un inferno dantesco per i palestinesi smorzerà il terrorismo, frenerà gli attacchi suicidi e promuoverà la pace? Non riescono a comprendere la rabbia che dilaga in Medio Oriente e come questa instillerà un odio nei nostri confronti che durerà per decenni?
Il genocidio a Gaza è il crimine più grande di questo secolo. Tornerà a perseguitare Israele. Tornerà a perseguitare noi. Porterà fino alle nostre porte il male che abbiamo perpetrato contro i palestinesi.
Si raccoglie ciò che si semina. Noi abbiamo seminato un campo minato di odio e violenza.
di Chris Hedges per Scheerpost – Traduzione a cura di Old Hunter