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Ius scholae e subalternità culturale

di Mario Adinolfi - 21/08/2024

Ius scholae e subalternità culturale

Fonte: Mario Adinolfi

Sia nel 2022 che nel 2023 l’Italia è stata il Paese europeo che ha concesso più naturalizzazioni: sono diventati italiani 213mila stranieri nel 2022, 230mila nel 2023. Antonio Tajani si fa intervistare da Repubblica per dirsi favorevole allo ius scholae: è d’accordo dunque con la proposta del Pd di dare la cittadinanza italiana a 10 anni ai bambini stranieri che abbiano fatto le scuole elementari da noi. Oggi possono presentare la domanda di cittadinanza con percorso agevolato al compimento dei 18 anni e prima di compierne 19. Il boom di naturalizzati italiani si deve al numero sempre più massiccio di stranieri che diventano maggiorenni.
Gli italiani non fanno più figli e così oggi il 12% della popolazione è straniera o naturalizzata. I minori stranieri extracomunitari e i minori italiani hanno tutti gli stessi identici diritti: scuola, sanità, assistenza, movimento. C’è una piccola differenza nei viaggi all’estero, i cittadini italiani hanno la libera circolazione nei Paesi Ue. Al di là di questa differenza, i diritti dei minori residenti in Italia sono identici. C’è bisogno di allargare ulteriormente le maglie della concessione della cittadinanza italiana, la cittadinanza in assoluto concessa con più facilità in Europa visti i numeri che sono incontestabili? Nessun paese europeo adotta lo ius scholae e ci sarà una ragione (la Grecia ha uno ius culturae basato su sei anni di frequentazione delle scuole e conoscenza della lingua). Perché settori sempre più ampi della maggioranza di governo si fanno attrarre dalle proposte delle sinistre? A cosa è dovuta questa subalternità culturale?
Meloni grida “la 194 non si tocca”, Zaia vuole l’eutanasia, Marina Berlusconi detta la linea “sui diritti, come il Pd”, Tajani vi si adegua. Nel frattempo la convention dei dem americani conferma sull’asse Clinton-Obama-Harris le due differenze fondamentali dai repubblicani del ticket Trump-Vance su cui si giocheranno le elezioni presidenziali di novembre: aborto e immigrazione. Il valore che si assegna alla vita degli esseri umani e al concetto di cittadinanza (una volta si sarebbe detto di “patria”, parola cacciata tra quelle ormai impronunciabili) è assolutamente il tratto distintivo che caratterizza i due campi politici che si confrontano ovunque.
Solo da noi prevale questa poltiglia, la continuità di governo nell’indistinzione, che fa sì che francamente sia per me difficilissimo distinguere i due anni di governo Meloni dai due anni di governo Draghi. Anzi, ora che ci penso: nel biennio Meloni ci sono state meno nascite che nel biennio Draghi, più nascite di stranieri e più naturalizzazioni, più concessioni di cittadinanze. In più il 2023 è il primo anno in cui si sono verificati casi di suicidio assistito in Italia, anche se la sentenza della Corte Costituzionale che lo ha parzialmente depenalizzato è antecedente al governo Draghi, è del 2019. Gli aborti sono sempre più di sessantamila l’anno in un’Italia che ha disperatamente bisogno di figli, nulla è stato fatto dal governo per limitarli, i repubblicani americani lo hanno di fatto abolito in 14 Stati in cui governano. Un po’ come i conservatori britannici che dal governo hanno vietato l’uso dei bloccanti della pubertà per preparare i minori al cambio di sesso, da noi il governo ha disposto un’ispezione per poi stabilire che si può continuare a somministrare triptorelina a bambini tra i 10 e i 12 anni.
Guardassi i dati, dovrei dire che è un governo di sinistra. Forse se vince Trump faremo qualcosa per la pace in Europa, ci sfileremo dalla dottrina dem di fornire armi per miliardi di dollari per infiammare il conflitto che ci sta portando sull’orlo del baratro, ma se aspettiamo un segnale di discontinuità da questo governo, hai voglia ad aspettare. Destra e sinistra italiane sono avviluppate in un’unica insopportabile melassa derivante dal mero interesse per la gestione del potere, ogni tanto partono campagne senza senso su fascismo e antifascismo che di solito sono preparatorie alla spartizione dei posti in Rai o nelle altre controllate dallo Stato, per il resto nel territorio del concreto governo della comunità nazionale non si avvertono differenze.
Tutto questo accapigliarsi sui social tra opposte fazioni appare così ancora più ridicolo di quanto il tifo acritico abitualmente non sia. Sarebbe bene tornare a discutere con intelligenza delle singole questioni. E chiunque sia intelligente capisce che il dividersi sullo ius scholae è una sciocchezza estiva, eppure ci piace così tanto ingaggiare battaglie inutili e senza senso. Bisognerebbe liberarsi dalla subalternità culturale verso i diktat ideologici della sinistra, costruire una visione del futuro che sia alternativa ad essa. Ma, schiacciati dalle esigenze del qui ed ora, della mera amministrazione del potere, questa visione valoriale diversa non interessa a nessuno edificarla. Meglio rincantucciarsi nella melassa indistinta, in questa notte in cui tutte le vacche sono nere.