L'anno nero della scienza
di Massimo Fini - 23/03/2021
Fonte: Massimo Fini
L’ ‘annus horribilis’ segna una straordinaria défaillance della Scienza medica. Si è fatta sorprendere da un’influenza, certamente molto aggressiva, ma pur sempre un’influenza, non un morbo sconosciuto venuto da Marte. Di influenze ce ne sono ogni anno, vengono studiate, classificate, monitorate. La Scienza medica si basa, come ogni altra scienza, sulla ricerca, il che vuol dire non solo ricercare strumenti nuovi e più efficaci per curare un morbo conosciuto, ma provare a prevederne gli sviluppi. È arrivato un profluvio di interventi di epidemiologi, di virologi, di infettivologi, nessuno dei quali era d’accordo con l’altro, segno appunto che non se ne sapeva e non se ne capiva niente, confondendo ulteriormente una popolazione già turbata. L’unica cosa che, all’inizio, la Scienza medica è riuscita a dirci è: restate a casa. Ma questo avrebbe potuto dirlo anche un bambino di 5 anni. Dopo aver utilizzato cure non solo inefficaci ma a volte dannose, dando così il colpo di grazia al malato, si è deciso di ricorrere ai vaccini. Con un certo ritardo direi, se la campagna vaccinale è cominciata, più o meno in tutti i paesi, da poco più di un mese.
Adesso per inoculare il vaccino si sono ingaggiati medici di base, odontoiatri, dottorandi, infermieri, farmacisti. Ma, logistica a parte, il problema non è questo: fare un’iniezione è cosa che è in grado di fare una domestica o un marinaio o lo stesso interessato, avendo le necessarie informazioni. Il problema sta nel fatto che il medico di base dovrebbe essere in grado di capire alla svelta se certi sintomi segnalati dal paziente sono Covid o col Covid non hanno nulla a che fare, ed eventualmente, nei casi meno preoccupanti, curarlo a casa evitando di intasare gli ospedali. Ma, pur con molte eccezioni, il medico di base non è in grado di farlo, di fare il medico, è un burocrate che ha bisogno dell’ausilio della tecnologia. Quando vai in ambulatorio non ti guarda nemmeno in faccia, ti prescrive subito una mezza dozzina di esami, con perdita di denaro e soprattutto di tempo che nel caso del Covid è particolarmente decisivo. C’è una differenza fondamentale fra l’attuale medico di base e il vecchio “medico di famiglia”. Il medico di famiglia conosceva bene la tua storia e appunto quella della tua famiglia ma, soprattutto, il suo unico strumento di conoscenza era proprio il corpo del malato, gli respirava addosso (adesso non vengono a visitarti nemmeno a casa, le diagnosi le fanno a distanza, magari utilizzando il video). E conoscendo il corpo e le reazioni, fisiche e psicologiche, dei suoi pazienti, era in grado di fare le necessarie comparazioni e valutazioni, la diagnosi. Il rapporto di fiducia col proprio medico è già una cura. Non si può avere lo stesso rapporto con una macchina.
Sui vaccini si è capito poco. Si sa che gli attuali vaccini antiCovid non immunizzano per sempre, ma hanno una durata limitata. Per un anno? Per soli sei mesi, per tre? Se fosse per tre mesi o anche per sei sarebbe un grosso guaio, non solo per i rifornimenti e la logistica, ma per la psicologia del cittadino il quale non ha troppa voglia di farsi ogni due per tre la trafila per rivaccinarsi, come fosse un malato di reni perennemente in dialisi. E questo potrebbe aumentare l’istintiva ripulsa verso i vaccini. Non è certo che chi è vaccinato non sia più contagioso. Non si sa a che livello di vaccinati si raggiunge l’agognata “immunità di gregge”.
C’è stato poi il ‘pasticciaccio’ Astrazeneca che ha creato il panico nelle popolazioni, ma anche nei governi. E la sfiducia nella Scienza medica su base tecnologica è giunta al punto che le rassicurazioni dei vari Enti di controllo, Ema, Aifa, Oms, hanno ottenuto l’effetto opposto. Le morti sospette in seguito al vaccino sono, ad ora, una trentina circa su decine di milioni di vaccinati (gli “effetti indesiderati” sono molti di più, questo è fisiologico, perché nessuna medicina, anche la più usata, poniamo l’aspirina, è del tutto innocente, perché altera comunque gli equilibri del nostro corpo, basta leggere un qualsiasi ‘bugiardino’). Una trentina di decessi su decine di milioni di vaccinati fanno in percentuale lo 0,000 virgola. Un’inezia (anche se poi vai a dirglielo a uno che è morto in seguito al vaccino che lui è irrilevante per la statistica, e questo vale anche per quel che dirò in conclusione). È quindi del tutto irragionevole aver paura per dei decimali di pericolosità. Ma questo vale anche per il Covid19. La percentuale, in un anno, di decessi per Covid in Italia è stata dello 0,16%. Poniamo pure che senza le misure di contrasto, fra le quali la più decisiva è il distanziamento sociale, i decessi sarebbero quadruplicati. Saremmo allo 0,60% della nostra popolazione. È stato ragionevole per questo 0,60 derubare il restante 99,4 di un periodo di vita che non tornerà più, frantumare la socialità, la struttura nervosa, l’economia di un’intera popolazione, oltretutto con gravi conseguenze che si protrarranno molto oltre la fine della pandemia, se mai fine ci sarà? Secondo me no.