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L’attacco all’identità sessuale, punta di lancia dei fautori del “mondo nuovo”

di Enrico Galoppini - 30/12/2016

L’attacco all’identità sessuale, punta di lancia dei fautori del “mondo nuovo”

Fonte: Il Discrimine

In un certo senso, è proprio vero, come certuni affermano, che l’“ideologia gender” non esiste.

Ne esiste infatti l’ancor più pericolosa pratica. Quotidiana, alla chetichella, senza tanto scalpore, di tanti “volenterosi carnefici” di quel che va assolutamente massacrato: il “vecchio mondo”, il “passato”. Quello cioè che per secoli, nei suoi assunti di base ed “indiscutibili”, ha costituito le fondamenta di ogni civiltà.

Un “vecchio mondo” pieno di “ingiustizie” e non sufficientemente “evoluto”, secondo i dettami delle agenzie internazionali del mondialismo e le profezie di qualche ciarlatano.

Accade così che, un pezzo dopo l’altro, si attenta al cuore di ciò che rappresenta la base pre-politica di ogni civiltà: l’identità sessuale e la nozione di confine, di limite e di misura. È addirittura l’idea stessa di “forma” che viene contestata, perché fuori dalla forma vi è solo il caos.

Nulla, secondo una tendenza multiforme ma coerente nella sua cangiante manifestazione, deve rimanere in piedi. Perché è dal caos e dalla distruzione assoluti che deve sorgere il “mondo nuovo”. L’era della pace definitiva, della completa neutralizzazione di tutto ciò che è “sbagliato” e “ingiusto”, e dunque anche dell’uomo in quanto creatura “ad immagine di Dio”, maschio e femmina.

Tutto dev’essere ridiscusso e contestato. Da’altra parte il Sessantotto non era altro che una tappa di un processo assai più complesso, profondo e pervasivo che non il “vietato vietare” e “l’immaginazione al potere”, anche se con quest’ultimo slogan si potevano già intuire le follie che il post-sessantottismo avrebbe riservato.

pannellaLa “rivoluzione” non la vogliono più gli studenti e gli operai (poveri illusi), bensì personaggi ben inseriti nelle “istituzioni”. È la “rivoluzione permanente”, dall’alto.

È il potere stesso, infatti, che detta la linea “rivoluzionaria” nell’era post-contestataria.

Ed è in questo modo che l’Anagrafe si può trovare costretta a modificare il sesso di un maschio che si sente femmina. Ma non – si ponga attenzione – dopo che quello ha subito un’operazione chirurgica. No, per il semplice fatto che quel maschio si considera una femmina. Vince dunque una concezione psicologica del sesso, avallata da un simulacro di “diritto”.

Una volta stabilito questo precedente, ci sarà parecchio da lavorare per tutti gli uffici dell’Anagrafe. Anche perché uno/una, dopo aver modificato ufficialmente sesso, potrebbe cambiare di nuovo idea quanto volte vuole. E giù altre carte e timbri. Ma in fondo così fan tutti: i processi, anche dopo il terzo grado di giudizio, vengono riaperti, così un intero apparato pubblico deputato all’esercizio della “giustizia” si alimenta perpetuamente. E i parlamenti “legiferano” in continuazione per giustificare la loro esistenza. Sono tecniche di auto-perpetuazione.

Tutto – se si sa cogliere la sottesa coerenza di questi movimenti – converge nell’instabilità. Nulla più dev’essere certo e stabilito una volta per tutte. Ti riapro un processo chiuso; legifero e cambio le regole di continuo; ti modifico il sesso con le carte bollate ed un clic.

national_geographic_gen2017L’epilogo di un processo simile, applicato all’identità sessuale, è facile da scorgere al di là dell’effimera soddisfazione del beneficiato di turno che andava “compreso” nel suo “dramma”. Alla fine la differenza tra “M” e “F” non varrà più nulla. Ed è esattamente dove vogliono andare a parare i “rivoluzionari istituzionali”, supportati da tutta la carovana cantante dei “diritti” e dell’“amore”.

Una volta eliminata ogni rilevanza del sesso a fini anagrafici, giungerà a compimento la formazione di famiglie non solo “omogenitoriali”, bensì composte da individui qualificabili secondo l’indefinita (ed in continuo aggiornamento) serie dei “generi”. E nessuno potrà più obiettare nemmeno sul numero di coloro che si “uniscono” per formare una famiglia. Ridotta a questo punto a mera aggregazione di individui assolutamente fungibili.

Al che si comprende che l’individualismo spinto alle sue estreme conseguenze non tollera più nulla tranne l’individuo e le sue paturnie. Ma il prezzo della vittoria dell’individuo e dei suoi “desideri” sulla storia, la società e persino sul suo Creatore qual è? Perché tutto ha un prezzo a questo mondo.

Ecco, nessuno s’è posto il problema del prezzo da pagare.

Se un individuo, che appunto vuol dire “non diviso”, anziché cercare l’Uno (ovvero la sua corrispondenza nell’ordine metafisico, qui “perduta”) pretende abusivamente e con protervia l’“Infinito” rifiutando la nozione del “limite” e della “misura”, quale può essere il suo triste destino su una via lastricata di “comprensione” e “amore” a buon mercato?

regno_quantita_guenonSì, perché a forza di pretendere “rispetto” in quanto individuo, mera unità numerica separata dal Tutto, l’essere umano, maschio o femmina che sia, accampa una pretesa assolutezza o “compimento” che non gli sono pertinenti e finisce così per preparare l’esatto contrario delle premesse dalle quali era partito: un individuo vale l’altro, “uno vale uno” (in ambito familiare come politico ecc.),  con buona pace dell’inimitabile singolarità e dell’irripetibilità di ciascuno, che era sì, quella, l’unica cosa da tutelare. Si parla tanto di “rispetto delle differenze” e non ci si accorge che per dare soddisfazione ad ogni schiribizzo dell’ego si finisce per cancellare, nella teoria e nella pratica, la più basilare delle differenze, che è quella tra maschio e femmina.

Se un maschio che si sente femmina (anche per un limitato lasso di tempo), un adulto che si sente bambino, un essere umano che si sente animale eccetera, riscuotono tutte le attenzioni di questo mondo e vengono subito “compresi” e “accolti” nei loro disturbi, il risultato non può che essere l’appiattimento di tutti nell’uomo senza qualità. Il che ci riporta a quel Regno della Quantità preconizzato da René Guénon, nel quale anche due più due può fare cinque, tanta è la forza delle suggestioni a sfondo sentimentale e delle “idee fisse” che, in opposizione alla “fissità” dei Principi, col loro carnevale gaudente e la loro bontà di facciata predispongono le condizioni per la fine di un’era e l’inizio di un’altra.