L'avvento della tecnarchia e la fine della politica
di Riccardo Paccosi - 26/03/2024
Fonte: Riccardo Paccosi
La Tecnarchia è già qui.
Per considerare veritiera quest'affermazione, non c'è bisogno di aspettare che le AI riescano a replicarsi fra loro, né che l'uso dei Neuralink assuma dimensioni di massa e nemmeno che la vita sociale si sposti nel Metaverso.
La Tecnarchia è già qui perché, qualunque sia il grado di sviluppo tecnologico in questo momento, le innovazioni sono accompagnate sempre e comunque da una filosofia completamente devota alla razionalità strumentale e al principio capitalistico di accumulazione, del tutto disinteressata alla protezione e alla conservazione dell'umano.
Assistiamo, così, alla fine della politica.
Le visioni generali su cui la politica si reggeva, infatti, sono state sostituite dalla convinzione che qualunque aspetto della vita - sia sociale che individuale - possa essere affrontato a partire da un approccio tecnico-pragmatico.
Quest'idea di sussunzione della politica da parte della tecnica si è avviata negli anni '90 con le prime teorie visionarie della Rete, con la corrente filosofica del New Realism e, in Italia, con l'ascesa del Movimento 5 Stelle.
L'emergenza pandemica, più recentemente, è stata il frutto maturo di tale processo. Poco importa che la narrazione sanitario-securitaria enunciasse una "verità scientifica" poi rivelatasi un ammasso di menzogne: quel che ha contato è stato il principio filosofico, ovvero l'idea che il mondo si reggesse non già su interessi specifici e su rapporti di forza come vuole la filosofia politica, bensì ed esclusivamente su risoluzioni dei problemi che possano dimostrarsi efficaci o inefficaci.
Cancellata la sfera religiosa e spirituale e cancellata la sua declinazione secolarizzata nelle ideologie di massa, ecco quindi che il capovolgimento più significativo ha finito per attuarsi nella sfera dell'etica: il Bene e il Male coincidono, oggi, con l'efficacia o inefficacia delle soluzioni tecniche in atto, con la loro presunta neutralità politica.
Se tutto questo lo associamo, poi, a trent'anni di egemonia ideologica neoliberale volta ad alimentare la solitudine individuale e vi aggiungiamo, altresì, l'imbozzolamento domestico legato alla digitalizzazione, ecco come la Tecnarchia possa dirsi già in essere in quanto divenuta anche ambiente, spazio vitale quotidiano, per la maggioranza dell'umanità.
Un ambiente non più pubblico, ma interamente privato e all'interno del quale il principio giuridico di cittadinanza è destinato a essere sostituito dall'appartenenza della nuda vita alle corporation, proprietarie dei brevetti con cui verrà predefinito il corredo genetico dei nascituri.
In questo contesto, la politica risulta già cancellata alla partenza.
E anche così non fosse, non è certo la sinistra - totalmente ignara di quanto descritto ma al contempo aderente ai valori post-umani - né la destra che chiama questa privatizzazione del bìos "comunismo", a poter ridare spazio di agibilità alla politica.
Infine, un'ultima annotazione va fatta in merito alla terza guerra mondiale (per ora) a pezzi: quest'ultima, rappresenta il colpo di coda finale della politica, ovvero trattasi d'un conflitto al quale, comunque vada, seguirà il consolidamento definitivo della Tecnarchia.
Infatti, se da una parte il blocco geopolitico eurasiatico si pone in antagonismo all'unipolarismo dell'Occidente, dall'altra esso non esprime alcuna alternativa sul versante del rapporto fra tecnologia e società.
E' possibile un pensiero critico - totalmente e definitivamente sganciato da destra e sinistra - che sappia mettere in discussione la presunta ineluttabilità dell'avvento della Tecnarchia?
E qualora fosse possibile, avrebbe qualche chance di divulgarsi?
I prossimi mesi e anni, dovranno essere dedicati alla ricerca di risposte a tali domande. Nella consapevolezza, però, che il tempo a disposizione è tutt'altro che elevato.