L’epoca del “come se”
di Flores Tovo - 21/04/2024
Fonte: Flores Tovo
Il filosofo post-kantiano Hans Vaihinger nel 1911 scrisse un libro che lo rese famoso presso i suoi contemporanei: il titolo era “La filosofia del “come se” (Die philosophie des Als Ob). Tale libro si sviluppava su tematiche concernenti le nostre facoltà di fondare un sapere saldo non solo di tipo scientifico, ma anche etico-religioso. Il punto di partenza di Vaihinger faceva propria l’affermazione kantiana che le idee, cioè i concetti puri della ragione teoretica non erano in grado di auto-fondarsi, poiché tutte le dimostrazioni logiche di cui potevano avvalersi cadevano in contraddizioni interne irrisolvibili, quali falsi sillogismi, aporie o per un uso improprio del principio di causa. Sicchè l’idea di anima, che rappresentava la totalità dei fenomeni interni, quella di mondo che rappresentava la totalità dei fenomeni esterni, e l’idea di Dio che ne era la somma sintesi, erano impossibili da sostenere a causa della loro assoluta astrattezza. Per cui la ragione era priva di un fondamento logico e ontologico, e non poteva perciò avere in sé un valore costitutivo di un qualsiasi sapere scientifico. La sua presunzione di pensare scientificamente in assenza di un qualsiasi riferimento all’esperienza sensibile era destituita: tantomeno poteva costruire una metafisica perenne. Alla ragione non restava altro che poter fungere da valore regolativo generale, per la sua aspirazione finalistica alla trascendenza. Comunque Kant nella sua più famosa opera di etica, ”La critica della ragion pratica”, lasciava aperta la possibilità (grazie al perseguimento dell’imperativo categorico) per poter accedere al Sommo Bene, cioè a Dio. Per Vaihinger nemmeno questo era ammesso, per cui possiamo ritenere che l’approdo della sua filosofia non era altro che il neo-scetticismo che in sé, fra l’altro, rivelava caratteristiche di nichilismo radicale. Infatti la sua filosofia del “Come se” venne definita come finzionalismo o finzionismo (Die Fiktion): ciò significa che tutti gli aspetti strutturali della nostra vita, a partire dai nostri pensieri, fino ai nostri desideri, alle nostre pulsioni, ai nostri simboli linguistici, e così via, non sono altro che finzioni. La realtà pertanto non è conoscibile e, per poter vivere, fingiamo di costruire modelli di pensiero, di comportamenti che ci siano utili e che ci acconsentano di partecipare opportunisticamente alla vita comune onde evitare il più completo caos. Persino le ipotesi scientifiche, quali la stessa teoria della relatività, altro non sono che finzioni: infatti Vahinger distingue la finzione dall’ipotesi, perché mentre l’ipotesi può essere corroborata dalla verificazione empirica, la finzione invece non può mai essere dimostrata, poiché essa è “un mondo a parte”, che con la realtà concreta non ha rapporti veritieri di collegamento.
Più che a Kant sembra che Vaihinger si rivolga al velo di Maya descritto da Schopenhauer e ad prospettivismo esaltato dall’ultimo Nietzsche.
Tuttavia riteniamo che la filosofia del “come se” sia di grande attualità nella nostra presente storia occidentale, anche a causa del deprimente spessore culturale che la permea. Il suo nichilismo investe non solo il sapere scientifico, ma anche lo scetticismo della filosofia neo-empirista o della filosofia analitica, radicalizzandolo. La stessa vita quotidiana si è trasformata, soprattutto nelle grandi città, nel mondo delle finzioni e delle fantasie: ne sono l’esempio concreto la società dello spettacolo, della menzogna artefatta dei mass-media, dell’assenza del pensiero, dell’indifferenza. Un mutamento antropologico che è la diretta conseguenza dell’unica vera rivoluzione ideologica di massa è stata appunto quella del “come se”. Si vive come se ci amassimo, come se fossimo tutti solidali e buoni, come se fossimo accoglienti e ben disposti. Soprattutto vive come se non ci fossero le guerre, coi rischi terrifici annessi e connessi, e come se fossimo tutti belli, magri, intelligenti e simpatici, cosicchè l’io minimo diventa massimo. Talvolta ci si presenta agli altri individui addirittura come persone colte perché fa tanto chic. E infine, grazie al supporto della macchina pubblicitaria, coi suoi tremila spot giornalieri medi che ingoiamo assieme al cibo spazzatura, il trionfo del “come se” celebra la sua apoteosi.
Una ideologia che è stata perpetrata ed inoculata con grande e paziente costanza per decenni dal potere dominante. Le multinazionali del consumo e della produzione in serie si sono fatte carico, grazie alle loro enormi risorse finanziarie, della sua massiva diffusione capillare. I risultati in pochi decenni sono stati sbalorditivi: sono scomparsi dietro l’orizzonte oltre il quale c’è il nulla, i credi fideistici, le religioni, le ideologie della lotta di classe e della giustizia sociale, della pace universale. Le stesse aspirazioni verso un mondo migliore sono evaporate come illusioni create da droghe psichedeliche. Pure l’ideologia liberale è diventata il viatico per l’affermazione della supremazia del “come se”. Essa ha preso il sopravvento in ogni manifestazione umana e il suo modo di comunicare è diventato il “politicamente corretto”, per cui tutti sono uguali e buoni, escluse le eccezioni che devono essere bandite con massimo sprezzo. Sembra persino che in questa ideologia ci siano aspetti che generano “ottimismo” sociale. Quando si è convinti che la finzione è il mondo reale, si riesce a sopportare meglio i dolori che la vita comporta. Con la testa dentro in un sacco si vede che le guerre sono quelle degli altr estranei, che le malattie scompaiono quando ci sono i medici e scienziati, novelli stregoni, che ci convincono che si guarirà presto, e che la morte è sempre quella degli altri. “Andrà tutto bene” urlavano gli ossessi del “come se” dalle finestre dei palazzi, chiusi in casa come polli d’allevamento, durante la criminale pandemia. Essi non avevano il minimo sospetto che questa messinscena era servita ai Dominatori di osservare, con sommo gaudio, il livello infimo in cui li avevano fatto precipitare. Ormai l’ideologia del “come se” è diventata la panacea che risolve tutti i mali del mondo. Essa non è come la maschera di Pirandello e come quella del super-uomo nicciano: si dilata nel conformismo più bieco e contorto, che toglie ogni responsabilità, ogni angoscia e paura. Essa è la cifra rivelativa della pochezza umana e della sua miseria spirituale. E’ il mondo della plebaglia che avvelena i pozzi, di una umanità di poveracci senza onore e dignità. Ma il mondo non è solo l’Occidente: altrove ci sono ancora dei leoni che aspettano di farla finita con questo finto mondo.