L'Europa malata di coazione a ripetere
di Marcello Veneziani - 20/02/2025
Fonte: Marcello Veneziani
La malattia del Vecchio Mondo e dei suoi dignitari si può riassumere in un’espressione che è poi il segno della sua patologia senile: coazione a ripetere. Non riescono a uscire da quello schema fisso e datato, da quella recita teatrale, e continuano a ripetere il copione anche se il mondo è cambiato e quello precedente era clamorosamente fallito in tema di pace, equilibri e dissuasione.
La coazione a ripetere si è palesata nel vertice insensato e inconcludente da Macron, nell’insistenza cronica e ostile di Mattarella in funzione antipace trumpiana-putiniana, nel coro di prefiche in loro lode e supporto, e naturalmente nell’evocazione continua del nazismo che sbuca da ogni parte, a est, a ovest, dell’interno e dall’esterno, dalla Russia, dall’America di Trump e di Musk, dal cuore antico dell’Europa, dalle elezioni in Germania.
La coazione a ripetere è la malattia di un mondo che sragiona sulla base degli errori precedenti, come se non fosse stato smentito vistosamente dalla realtà e dai nuovi assetti; coazione a ripetere è l’incapacità corale di produrre soluzioni, preferendo rimanere attaccati alla permanenza dei problemi. Il film è ai titoli di coda e alle soluzioni diplomatiche, ma i coatti della ripetizione sono ancora alla fine del primo tempo, e pensano ancora di far la guerra a Putin, di mandare truppe, di farsi guidare da quella stella della sciagura che è Zelenskij. E se la linea bellicosa sull’Ucraina, combinatasi agli effetti del Covid, ha prodotto morti, distruzioni, disastri economici e sociali e danni incalcolabili all’Europa, per i coatti a ripetere del Vecchio Mondo non resta che insistere sui propri errori, continuare a farsi del male, seguire la linea old America di Biden e del Vecchio Pentagono. Non era un solo leader, dunque, che aveva perso il ben dell’intelletto.
Inutile continuare a dire dell’Europa che non c’è, dell’Occidente che non c’è; lo diciamo tutti da anni, ma la cosa assurda e maligna dei nostri giorni è che quest’assenza vistosa e penosa dell’Europa, questo farsi trainare dai partner e dalla storia, che succede ormai da anni, da decenni, per certi versi dalla nascita dell’Unione, viene ora attribuita all’arrivo di Trump alla Casa Bianca appena un mese fa. Il sottinteso di questi deliri è: stavamo così bene, eravamo così compatti e decisi, noi europei, gliela stavamo facendo vedere a Putin e al mondo; poi è arrivato Trump e non si capisce più niente.
No, signori, l’Europa è una caricatura di se stessa già da prima di Trump, e il modo con cui c’imbarcammo spinti da Biden e Zelenskij in quell’avventura senza uscita, lo comprovava. Poi, non è solo arrivato Trump: ma la Russia stava vincendo, e lo stesso Zelenskij ha ipotizzato soluzioni e cedimenti territoriali che se fossero stati oggetto di negoziato dall’inizio, avrebbero con ogni probabilità risparmiato la guerra, l’aggressione, il martirio del popolo ucraino, la morte di centinaia di migliaia di soldati russi e ucraini, la distruzione di città e strutture vitali.
Sin da allora non ci voleva molto a capire che se l’Ucraina fosse rimasta territorio neutrale tra i due blocchi, zona libera senza pretesa di diventare una grande base Nato puntata sulla Russia, e se avesse restituito la Crimea alla Russia (fu “affidata” all’Ucraina solo dal presidente dell’Urss, l’ucraino Kruscev), trattando magari sul Donbass, e sulla volontà di autodeterminazione del suo popolo, si sarebbe arrivati a una soluzione, molti anni fa, evitando il conflitto e l’invasione. Invece no, fu rifiutato ogni negoziato, dagli Stati Uniti e dal loro ometto a Kiev, e si denunciò l’invasione ancor prima che fosse avvenuta, quasi a sollecitarla per poi suonare le trombe della guerra. E noi europei al seguito, come ausiliari del traffico mondiale o peggio come ascari, truppe coloniali di supporto. Ci siamo bevuti pure in questi anni, l’idea che la Russia volesse prendersi l’Europa e che l’Ucraina fosse solo l’aperitivo, ignorando che per i russi l’Ucraina da tre secoli era Russia, e che all’invasione dell’Europa non ci avevano pensato nemmeno ai tempi del comunismo. Bastava la spartizione di Yalta, che quest’anno ha compiuto ottant’anni, che permetteva loro di asservire, soggiogare, invadere stati e popoli veramente europei, come l’Ungheria, la Polonia, la Cecoslovacchia, finiti nella loro orbita, che osavano ribellarsi al Blocco Sovietico e noi, quelli del mondo libero e democratico, dei diritti umani, zitti e mosca. Per decenni abbiamo patito nel nome della realpolitik quei soprusi, e d’un tratto, a comunismo finito e mondo mutato, abbiamo ripudiato la realpolitik e ci siamo messi a fare i nazionalisti filo-ucraini per non dire gli imperialisti filo-americani.
Ora dobbiamo sorbirci pure i sermoni di chi rimpiange la guerra russo-ucraina e non vuole arrivare a una pace, e passa per grande testimone della pace e della verità. Ma finitela con questa ipocrisia parruccona, con questa menzogna di Stato che capovolge la realtà dei fatti. Insopportabile che un ceto servile di maggiordomi per antica indole e mestiere che capeggiano l’Europa e molti suoi stati, debba oggi denunciare il “servilismo” verso Trump e fingersi al servizio della libertà e della sovranità dei popoli…
La realtà cambia, ma i personaggi di cui sopra, consapevoli del resto di aver fabbricato le loro carriere all’ombra dell’establishment precedente, si ostinano a reiterare all’infinito la loro posizione, incuranti delle “dure repliche della realtà”. Da qui la coazione a ripetere di un ceto che annuncia solo sciagure, e per prevenire sciagure altrui preferisce procurarsele di proprie, non prevedendo che le une non elimineranno le altre, ma vi si accumuleranno.