L’evoluzione
di Guido Dalla Casa - 17/10/2017
Fonte: marchesinietologia
Premesse
Le conoscenze sul mondo vivente diffuse fino alla fine del Settecento possono essere sintetizzate in questa lapidaria affermazione di Giorgio Dagoberto Cuvier: Tot sunt species quot ab initio creavit Infinitum Ens. Le specie erano entità ben definite rimaste come ora le vediamo fin dal momento della creazione.
L’affermazione di Cuvier, un’autorità dell’epoca, fu contestata profondamente da Jean Baptiste de Lamarck, anch’egli francese, che formulò per primo in termini scientifici una teoria dell’evoluzione biologica: le specie non sono fisse, ma si trasformano continuamente, ne nascono di nuove, alcune si estinguono.
Ma allora, perché si parla sempre di Darwin, e quasi mai di Lamarck?
Il naturalista francese riteneva che l’evoluzione fosse dovuta all’ereditarietà dei caratteri acquisiti, fatto poi smentito dalla moderna genetica, mentre Darwin la attribuiva alla lotta per la vita e sopravvivenza del più adatto. Ma questi sono dettagli: resta il fatto che la Philosophie zoologique (1809) di Lamarck ha preceduto di 50 anni L’origine delle specie (1859) di Darwin. Importante era soprattutto la constatazione che la Vita è unica, le specie si trasformano, non ci sono confini né barriere. I processi vitali sono gli stessi in tutti gli esseri senzienti, i Viventi sono tutti strettamente collegati, l’uomo è un vivente anche facilmente classificabile.
Darwin era dotato di maggiore documentazione dopo il famoso viaggio del Beagle descritto nel suo libro Viaggio di un naturalista attorno al mondo: il viaggio durò cinque anni e Darwin espose la teoria in modo più completo e convincente di Lamarck, che però lo aveva preceduto di 50 anni.
In realtà quello che si vuole difendere come un tabù intoccabile è il meccanismo darwiniano della “lotta per la vita e sopravvivenza del più adatto”, frase molto gradita alla nascente civiltà industriale nell’Inghilterra dell’Ottocento. Ma, sul piano scientifico-filosofico, il fatto importante è che la Vita è un fenomeno unico e noi ne facciamo parte a tutti gli effetti. La differenza fra l’uomo e lo scimpanzé bonobo è inferiore alla differenza fra una rana e una raganella.
Conseguenze filosofiche
L’evoluzione biologica intaccò decisamente l’idea che l’umanità fosse “speciale”, “frutto di creazione separata”, qualcosa di “staccato dalla Natura”.
Tuttavia, quando comparve questa forma di pensiero su base scientifica, si perse un’ottima occasione per una vera svolta culturale. Invece di mettere in evidenza il fatto essenziale, cioè l’appartenenza della nostra specie alla Natura e quindi la necessità di seguirne le grandi leggi cicliche, l’evoluzione fu inquadrata in pieno nel meccanicismo imperante: venne evidenziata soprattutto l’idea di selezione naturale e sopravvivenza del più adatto con ogni sorta di estensione arbitraria.
Ricordo di aver letto, su un quotidiano di circa 40 anni fa, che uno scienziato aveva tentato una fecondazione in vitro fra un gamete umano e uno di scimpanzé: dopo alcuni tentativi, la fecondazione era riuscita e si era sviluppato un embrione, vissuto poche ore, o pochi giorni. Sono contrario alle eccessive manipolazioni fra esseri senzienti, ma questa era una prova della nostra totale appartenenza alla Natura. Non se ne è saputo più niente: forse l’Occidente non poteva sopportare una notizia simile.
Evoluzionismo e creazionismo
Al pensiero corrente di maggioranza vengono proposte due alternative:
– l’evoluzionismo dovuto a competizione e selezione, oppure
– il creazionismo, rilanciato recentemente soprattutto negli Stati Uniti.
Come se fossero le uniche posizioni possibili e ciascuno debba scegliere fra una delle due! Ci sono molte altre posizioni, le più semplici e chiare sono quelle non-dualistiche, dove non c’è bisogno di distinzione fra Dio e la Natura.
Non ci sono problemi di anelli mancanti, ma non possiamo sostenere che tutto sia avvenuto per il “caso e la selezione”, attraverso la competizione. Per passare da un minuscolo cefalocordato a un passerotto con il caso e la selezione, non basterebbero seicento miliardi di anni, invece dei seicento milioni calcolati dalla scienza ufficiale.
Osserviamo un uccellino: pesa 7-8 grammi, ha le ossa alleggerite per renderle adatte al volo, la sua temperatura interna è mantenuta a 40 gradi anche se fuori è sotto zero, è una mente attenta a tutto, e così via. Pensarlo come frutto esclusivo del caso e della selezione è assurdo quanto crederlo creato così com’è da un Dio personale ed esterno al mondo.
Ma il materialismo-meccanicismo si presenta come una religione. Il “materialismo nell’evoluzione” e il “creazionismo” sono i due assurdi che propone l’Occidente. E pensare che, mentre in biologia si insegue il meccanicismo (con lodevoli eccezioni, come Rupert Sheldrake), nella “dura” e “matematica” fisica i più giovani e i più svincolati dall’establishment ufficiale parlano tranquillamente di fenomeni mentali nei sistemi complessi, o dell’entanglement, che è un’azione istantanea a distanza anche notevole, un effetto non-locale.
Credo molto all’unità della Vita, compresa l’umanità naturalmente, ma non penso che competizione e selezione siano le uniche molle dell’evoluzione, probabilmente dovuta a cause molteplici, a una specie di creazione continua, un processo immanente nella Natura animata. L’uomo non fa eccezione, è una specie animale, un componente dell’Ecosistema.
La Vita, o il tempo stesso, sono processi creativi, per una forza immanente che hanno in sé. Per non voler ammettere questo, si ricorre alle assurde acrobazie intellettuali del creazionismo e dell’evoluzionismo meccanicista.
In altre parole, penso che Dio sia la Natura. Se preferite, che la Natura sia una Mente, o che l’Universo sia un Grande Pensiero (Eddington, Hoyle, Jeans, Bateson).
Invece la scienza “ufficiale”, quella che viene divulgata, pensa che l’universale sia una Grande Macchina, con l’optional del Grande Ingegnere: ha sostituito il diritto divino con un ”merito” evolutivo-selettivo e tutto è rimasto come prima, o peggio di prima, per quanto riguarda il comportamento verso gli altri esseri senzienti.
Conclusioni
Dopo quanto sopra detto, c’è proprio da chiedersi come può persistere il dualismo uomo-animale, visto ancora da qualcuno come una contrapposizione. Neppure la scienza ha mai promosso un’etica che riguardi tutti gli esseri senzienti, o tutte le entità naturali, mentre sappiamo da oltre due secoli che la Vita è unica, che siamo animali, anche facilmente classificabili. Termino con una citazione di Enzo Tiezzi, scienziato dell’Università di Siena scomparso qualche anno fa:
La biodiversità e la meravigliosa bellezza biologica giocano in favore di un disegno metafisico nell’evoluzione della vita. Lungi dall’essere in linea con l’ideologia del creazionismo, il riconoscimento di un disegno metafisico in natura è in linea con il punto di vista dell’evoluzione, ma non con la sua deriva determinista, o meglio, in linea con il punto di vista di una “evoluzione senza fondamenti” nella quale libero arbitrio, scelte e caso giocano un intergioco complesso e meraviglioso.