L'identità "migrante" e la colonizzazione delle coscienze
di Enrica Perucchietti - 27/11/2018
Fonte: Enrica Perucchietti
Anche l'identità sessuale è diventata “migrante”. In una società sempre più liquida e precaria, non dovrebbe stupire l’articolo de L’Espresso di qualche giorno fa dal titolo: “Né maschio, né femmina: sui documenti arriva il Gender X. Perché anche l’identità è migrante".
Si tende così a sfumare, fino alla sua definitiva cancellazione, la differenza “binaria” tra uomo e donna: la distinzione sessuale finisce con l’essere riconosciuta più come un fatto sociale, culturale che biologico, se non addirittura un vecchio vessillo da abbattere, come sono da abbattere le nazioni, le radici, le culture dei singoli Stati, per creare quel mondo nuovo che gli architetti del mondialismo sognano. Un mondo in cui la forbice della diseguaglianza continua ad allargarsi e la concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi è sempre più accentuata.
Eppure sembra ieri che ci veniva ripetuto come un mantra dai media mainstream che “la teoria gender non esiste”, è una “bufala”. Non esisteva e non era possibile parlarne. Poi, gradualmente, il gender è penetrato nell’opinione pubblica e oggi è ovunque: campeggia sulle copertine delle riviste, gli stilisti fanno a gara per mettere in passerella capi genderless e compare nei film o serie TV. Si è convertita per gradi l’intera popolazione alla tematica. Si tratta di una vera e propria "colonizzazione delle coscienze".
Nel giro di pochi anni, si è prodotta una campagna di propaganda che, facendo ricorso alla teoria della gradualità da una parte e al metodo della desensibilizzazione e del bloccaggio ha trasformato la mentalità e l’immaginario di massa rispetto ad alcuni temi fino a poco tempo fa ritenuti “impensabili”. Così il poliamore, il gender, il cambio di sesso ai bambini e il bombardamento di ormoni per i preadolescenti o pratiche come la maternità surrogata sono gradualmente penetrati nell’opinione pubblica come fari del politicamente corretto e del progresso. E se non le condividi sei un fascista, un reazionario, un retrogrado e ovviamente un omofobo. Potresti persino essere affetto da turbe psichiche e da qualche patologia che troverà presto spazio sulla prossima edizione del "Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali".
Ora che il gender è mainstream e la sua farmacologia si insegna in molte università occidentali, la neolingua sta riscrivendo la nostra cultura in questo processo di rivoluzione antropologica mirante a scardinare ogni identità. Si vuole sradicare l’identità sessuale per rendere fluida la sessualità e a-morfo l'individuo. Si vuole rendere sempre più incerta, indecisa, destabilizzata e soprattutto precaria la società, in un'apparente battaglia per la modernità, l'emancipazione e il progresso. Il tutto ovviamente condito da buona dose di buonismo e politicamente corretto.
Si vuole far credere che si tratti di un faro del progresso che permette di vivere in completa libertà la propria vita e in modo liquido, anzi "migrante" il proprio orientamento sessuale. Perché ci dobbiamo abituare a "migrare", cambiando continuamente lavoro, paese, partner (il poliamore è la nuova tendenza!), orientamento sessuale, persino genere.
Siamo di fronte a un’ideologia che è strumentale a quella rivoluzione antropologica che stiamo vivendo. Lo scopo ora è chiaro: modellare un’umanità docile, spersonalizzata, terrorizzata dal potersi esprimere liberamente, progressista, asservita ai miti del consumo compulsivo, schiacciata sotto il peso dell’indefferenziazione, votata a rivendicare diritti individuali a scapito di quelli sociali e collettivi, convinta che ciò che è nuovo sia sempre migliore del vecchio, liquida persino nella propria identità sessuale oltre che nelle proprio orientamento.
L’umanità deve diventare a-morfa (senza forma), per poter essere meglio controllata e plasmata: siamo di fronte a una ideologia che porta con sé un ferreo codice verbale e morale, che comporta il biasimo collettivo e successivamente il castigo per chi traligna e che ha riassunto in sé le caratteristiche tipiche della neolingua orwelliana (riscrive infatti i termini svuotandoli del proprio significato simbolico) e dello psicoreato.
Il rischio è quello di risvegliarci presto in un mondo in cui la “persona” in quanto tale non esiste più, dove ogni sorta di “identità” è abolita e dove l’individuo è perfettamente amorfo e “resettato”, naufrago solitario in un oceano di non-senso.