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L’immigrazionismo di George Soros

di Giacomo Gabellini - 13/10/2016

L’immigrazionismo di George Soros

Fonte: l'indro



Giorni fa, il magnate e re della speculazione George Soros ha firmato una lettera sul ‘Wall Street Journal’ che si configura fin dalle prime righe come una vera e propria apologia dell’immigrazione di massa, e finisce per rappresentare un appello ai governi europei a favorire questo processo in base ai presunti vantaggi economici, politici e sociali che assicurerebbe.
Soros esordisce scrivendo che «il mondo è investito da un’ondata di migrazioni forzate. Decine di milioni di persone sono in movimento, fuggendo molto spesso dai Paesi d’origine per ricercare una vita migliore all’estero. Alcuni scappano da una guerra civile o dalla tirannia di regimi oppressivi; altri dalla povertà estrema, attirati dalla prospettiva di guadagnare qualcosa di più per se stessi e  per le proprie famiglie. Il nostro fallimento nello sviluppare e implementare politiche efficaci per gestire l’aumento dei flussi migratori ha contribuito notevolmente a diffondere miseria umana ed instabilità politica, sia nei Paesi da cui le persone scappano che nelle nazioni che li ospitano più o meno di buon grado. I migranti sono spesso costretti ad una vita di disperazione e di inattività, mentre gli Stati ospitanti non sono capaci di trarre i benefici che potrebbe assicurare l’integrazione di queste persone […]. I governi devono svolgere un ruolo di primo piano nell’affrontare questa crisi creando e sostenendo una adeguata infrastruttura fisica e sociale per migranti e rifugiati. Ma è essenziale usare anche tutta la forza del settore privato. Riconoscendo queste parole, l’amministrazione Obama ha recentemente lanciato una ‘chiamata alle armi’, per chiedere alle imprese Usa di svolgere un ruolo più incisivo nel far fronte alle sfide messe in atto dalla migrazione forzata. Oggi, i leader del settore privato si stanno coordinando alle Nazioni Unite ad assumere impegni concreti ed aiutare a risolvere il problema».
Di qui la decisione di investire la ragguardevole somma di 500 milioni di dollari per venire incontro alle necessità di coloro che si trasferiscono dal Terzo Mondo verso l’Occidente industrializzato e stimolare le autorità preposte ad agire. Lavorando fianco a fianco con l’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati e l’International Rescue Committee, il magnate cercherà di promuovere quelle che la sua Open Society ha individuato come le soluzioni migliori per affrontare efficacemente il problema, facendo leva soprattutto sugli  alleati affidabili al Parlamento Europeo (2014 – 2019) accuratamente selezionati dai membri del suo staff – stessa tecnica era stata impiegata per appoggiare le cosiddette ‘comunità Lgtb’. In ciò, la missiva inviata da Soros al più autorevole quotidiano economico statunitense ricalca i principi di un documento sottratto dai server della Open Society da Dc Leaks, in cui si affermava senza mezzi termini che la crisi migratoria abbattutasi sull’Europa a partire dal 2014 era ormai divenuta la ‘nuova normalità’, che andava accettata come tale specialmente – significativo che il presidente della Camera Laura Boldrini si sia espressa proprio in questi termini per definire il fenomeno e che lo stesso cancelliere Angela Merkel abbia adottato una prassi del tutto funzionale agli obiettivi perseguiti di Soros – in considerazione delle opportunità che presentava per consentire alla sua rete di Ong specializzate in ‘rivoluzioni colorate’ di agevolare le politiche migratorie su scala globale.
È interessante notare, a questo proposito, che secondo un’inchiesta basata su rivelazioni di agenti dello Österreichischen Abwehramts (ovvero i servizi d’intelligence militare di Vienna) e pubblicata dal periodico austriaco ‘Info Direkt’ (molto ammanicato con le forze armate nazionali), dietro le ondate migratorie – per quanto connesse ai disastri geopolitici causati da Stati Uniti ed Europa in Medio Oriente  e in Nord Africa – con cui ogni Paese del ‘vecchio continente’ ha dovuto fare i conti si celasse in realtà una realtà assai poco edificante. Da tempo i servizi segreti di Vienna sono convinti che il costo che ogni persona intenzionata a sbarcare illegalmente in territorio europeo sia di gran lunga superiore ai 3.000 dollari di cui parlano insistentemente i giornali. Si stima che gli scafisti pretendano tra i 7.000 ai 14.000 euro a seconda delle zone di partenza e dei gruppi di trafficanti cui ci si rivolge. E dal momento che i fuggiaschi quasi mai dispongono di cifre simili, i servizi sono giunti alla conclusione che «organizzazioni provenienti dagli Usa hanno creato un modello di co-finanziamento per contribuire a sostenere i costi necessari alla traversata  […]. Si tratterebbe delle stesse organizzazioni che, con il loro lavoro sporco, hanno gettato nel caos l’Ucraina un anno fa». L’allusione è chiaramente alle Ong finanziate da Soros e dal Dipartimento di Stato, per le quali soffiare sul fuoco di una crisi migratoria suscettibile di far saltare gli accordi di Schengen rientra nella strategia efficacemente sintetizzata dallo storico Eric Zuesse, secondo cui «in ogni gioco ci sono due modi per vincere: o si migliorano le proprie performance o si cerca di peggiorare le prestazioni dei concorrenti. Gli Stati Uniti stanno battendo quasi esclusivamente quest’ultima strada», perché «le migrazioni nel Mediterraneo, che per il momento sono soltanto un problema umanitario, continueranno a crescere fino a divenire un grave problema economico».
Un problema che, dalle colonne del ‘Guardian’, lo stesso Soros ha avuto l’audacia di imputare all’intervento russo in Siria, che a detta del magnate sarebbe stato progettato da Mosca allo scopo specifico di inondare l’Europa di profughi siriani così da mettere a rischio la tenuta stessa dell’Unione Europea. L’idea attribuita da Soros al Cremlino sarebbe quella di far leva sulle ondate migratorie per facilitare l’implosione della costruzione comunitaria del ‘vecchio continente’ in quanto «una Ue a pezzi non avrebbe la forza di mantenere le sanzioni inflitte alla Federazione Russa dopo la sua incursione in Ucraina». Che esista una connessione tra l’emergenza migratoria – così come la germinazione del ‘califfato’ – e le operazioni destabilizzanti ordite da Usa, Gran Bretagna e Francia in Iraq e Libia in combutta con le petro-monarchie sunnite del Golfo Persico è un’ipotesi nemmeno sfiorata da Soros nella sua disamina, tutta orientata a dipingere Vladimir Putin come «una minaccia più grave dello ‘Stato Islamico’ per l’Europa» anche se la crisi migratoria sia iniziata molti mesi prima dell’intervento militare russo.
Nell’articolo pubblicato dal quotidiano britannico, l’abile speculatore si è invece guardato bene dal mettere in evidenza il ruolo centrale svolto dal binomio Erdoğan-Davutoğlu nell’alimentare ad arte la crisi migratoria per strappare ai leader europei concessioni particolarmente favorevoli quali sostanziose sovvenzioni e la solenne promessa relativa allo sblocco del processo di adesione della Turchia all’Unione Europea pur di trattenere i profughi siriani entro i confini turchi. Angela Merkel, recatasi di persona ad Ankara per raggiungere un accordo, si è piegata alla politica ricattatoria del governo turco assicurando 3 miliardi di euro di ‘contributi’  per arginare la crisi migratoria ed arrivando a dirsi «inorridita dalla sofferenza umana causata dai bombardamenti russi in Siria» pur di ingraziarsi il favore di Erdoğan. Consapevole di avere il coltello dalla parte del manico, lo spregiudicato presidente turco ha ovviamente continuato a giocare sulla sottomissione europea per alzare la posta in gioco. Vista sotto questa luce, la ‘migrazione indotta’ (o progettata) si inquadra quindi, al pari del terrorismo, della pirateria informatica, della manipolazione dei mercati finanziari, ecc., nel novero delle armi non convenzionali che vengono usate per combattere quella che due acuti strateghi cinesi hanno definito ‘guerra senza limiti’. Ne è convinto il premier ungherese Viktor Orbán, secondo cui «probabilmente quello di Soros è l’esempio più lampante riguardo all’identità delle forze che appoggiano tutto ciò che promette di indebolire gli Stati nazionali e alterare lo stile di vita tradizionale degli europei […] Questi attivisti che appoggiano gli immigrati diventano più o meno consciamente parte di una rete di contrabbando-umano internazionale».