Attenti al territorio dell'indefinibile
di Mario Adinolfi - 06/08/2024
Fonte: Mario Adinolfi
Quando Imane Khelif vincerà la sua semifinale dopo aver battuto un’italiana che si è ritirata dopo 47 secondi dicendo “fa malissimo, non è giusto”, un’ungherese che ha esplicitamente detto che “è maschio” con tanto di protesta ufficiale della sua federazione, mentre una bulgara anch’essa sconfitta da un pugile che considera maschio ha alzato al cielo una X per protestare con il segno del suo cromosoma contro una palese prepotenza.
Ieri in una conferenza stampa dell’International boxing association è stato affermato: “Il problema non era con il livello di testosterone di Khelif, perché oggigiorno può essere regolato, ma con il risultato del test di genere, che ha rivelato chiaramente che il pugile algerino è biologicamente maschio”. Il ginecologo greco Ioannis Filippatos, che presiede il comitato medico dell’Iba, ha detto testualmente: “Un primo test del sangue nel 2022 rivelò anomalie, poi confermate nel 2023: Khelif e Yin presentavano un cariotipo anomalo, che indica che sono maschi. Non sono contro Khelif ma il risultato medico e i laboratori dicono che questo pugile è maschio. Come medico devo tutelare la categoria femminile, perché la boxe è uno sport di contatto e si rischia di far uccidere delle persone”. Il segretario generale dell’Iba, l’ex militare britannico Chris Roberts, ha aggiunto: “I cromosomi a cui ci riferiamo nelle regole di competizione rendono entrambi i pugili ineleggibili”.
A tutto questo il Cio come ha risposto? Che i test dell’Iba non esistono? Che sono stati falsificati? No. Queste le parole del portavoce: “Non possiamo tenere conto dei test del Dna. Non riconosciamo i test che Iba ha mandato al Cio sul genere perché il loro procedimento non è lecito. Nessuno vuole tornare ai giorni in cui si facevano i test sui genitali. In ballo c’è una questione di diritti umani. Per noi vale quello che c’è scritto sul passaporto”. Il Cio ammette dunque che i test esistono, che li ha visionati, che non li ritiene falsi ma “illeciti”.
Chiunque stasera non esulterà per l’accesso irregolare di Khelif alla finale olimpica verrà additato come omofobo, retrogrado, di estrema destra e filoputiniano perché ci hanno detto che la questione è figlia delle “mani dei russi sulla boxe” messe tramite l’Iba. Hanno protestato con lacrime, gesti e parole chiarissime un’italiana, un’ungherese, una bulgara, un inglese e un greco. Sono stati prodotti test, documenti e analisi che anche il Cio non ha smentito, ha visionato, ha solo definito inaccettabili per una presunta ragione ideologica di “diritti umani”. Che, per quanto mi riguarda, è preceduta di gran lunga dal diritto delle donne a non essere imbrogliate in maniera così palese.
Aggiungo che ventidue paesi arabi messi insieme hanno raccolto finora un argento e un bronzo. Il valore nazionalistico di quest’oro per l’Algeria è immenso. Farebbero carte false? Sì, farebbero carte false. E chi cita la famosa intervista al padre di Khelif ascolti bene la frase che pronuncia: “L’abbiamo cresciuta come una bambina”. Come una. Non credo si debba aggiungere molto altro. Il Cio sta combattendo una battaglia ideologica che prepara l’inquinamento dei criteri di genere nelle competizioni sportive, i media occidentali stanno massicciamente indirizzando l’opinione pubblica affinché simpatizzi con Khelif a cui non a caso sono state vietate conferenze stampa o interviste indipendenti, non può parlare senza stretto controllo della federazione che ha gestito l’unica intervista rilasciata a Sntv.
La parte più tremenda di questa vicenda è il rapporto servo-padrone del Cio con i media occidentali, s’è notato anche sul tema dell’inquinamento della Senna. Su Khelif è stato dato l’ordine: deve partire la vittimizzazione insieme alla criminalizzazione di chi pone anche solo un dubbio. O una domanda: perché il Cio non svolge nessuna analisi indipendente facendosi andare bene l’autocertificazione della federazione algerina? I test Iba sono “illeciti” perché? Perché certificano il genere di appartenenza? E dunque sta diventando un illecito definire chi è maschio e chi è femmina? Eccolo il punto.
Ricordatevi: questa è tutto tranne che una questione sportiva. Il tema è che il maschile e il femminile devono entrare nel territorio dell’indefinibile, centrando così l’agognato traguardo che da anni segmenti del potere e dei media stanno perseguendo. Ma le donne resisteranno, sono loro le prime vittime, loro sanno che una donna è irrimediabilmente diversa da un uomo. Rivendicheranno la differenza, non può che essere così perché sono più sveglie di noi uomini che invece stiamo fedelmente trascrivendo sui giornali e declamando in tv le veline, quelle sì false, del Cio. E viva la velina Maddalena Corvaglia che si è esposta facendosi massacrare per aver detto la verità. Maschile e femminile non abitano il territorio dell’indefinibile, è troppo chiaro.
Resistiamo a chi ci vuole imporre di dire il contrario, per toglierci anche questo residuo rapporto certificabile con l’identità e con la natura, che è necessariamente binaria perché solo grazie alla binaria distinzione netta tra maschile e femminile genera la vita. Ricordatevelo: non stiamo parlando di sport, di boxe, ma della questione più importante di tutte. Stiamo parlando di chi siamo, dell’esistenza o meno di una verità identitaria non controvertibile. Forse l’argomento più importante di tutti, che non può essere condotto nel territorio dell’indefinibile, il relativismo non può spingersi fin qua.