L'obiettivo di Israele non è "distruggere Hezbollah"
di Daniele Perra - 24/09/2024
Fonte: Daniele Perra
L'obiettivo di Netanyahu e soci è occupare nuovamente il sud del Libano perché così è previsto nel disegno messianico del Grande Israele "dal fiume Eufrate al fiume d'Egitto" (che taluni ritengono sia il Nilo, altri un corso d'acqua ormai estinto che si trovava ai confini meridionali dell'attuale Striscia di Gaza). A questo proposito, mi pare opportuno ricordare che molti rabbini interpretarono la restituzione del Sinai all'Egitto a seguito degli accordi di Camp David del 1978 come un vero e proprio tradimento (il Sinai era stato occupato nel 1967, e già l'attacco congiunto anglo-francese-israeliano del 1956 contro l'Egitto era stato considerato dal "laico" Ben Gurion come una via per stabilire Israele lungo i confini biblici).
Al 1978 risale anche la prima aggressione militare al Libano (Operazione Litani). In quella circostanza il rabbinato militare aveva distribuito ai soldati impiegati nell'azione delle carte in cui i nomi delle aree e dei villaggi erano presentati nella loro versione ebraica. Va da sé che nel corso della pluridecennale occupazione del Libano meridionale, Israele usufruì dell'aiuto della milizia collaborazionista di Antoine Lahad (il cosiddetto Esercito del Libano del Sud, resosi colpevole di numerosi atti terroristici contro la popolazione civile e contro gli sciiti in particolare). La storia drammatica delle torture nel centro detentivo di Khiyam è tristemente nota e venne raccontata anche nella pellicola "La donna che canta" del regista canadese Denis Villeneuve.
Ora, qual è l'obiettivo della nuova aggressione al Libano?
In primo luogo è chiaro che la "dottrina Dahiya" (che prende nome proprio da una località libanese), già applicata (con scarso successo, ad onor del vero, nel 2006) verrà utilizzata in modo esteso (come fatto a Gaza). La dottrina Dahiya prevede il bombardamento esteso sulle zone residenziali e sulle infrastrutture civili per terrorizzare e mettere in fuga la popolazione e, successivamente, attaccare le stesse aree in modo più violento attraverso l'utilizzo combinato di forza aerea e forza di terra. Liberare il Libano meridionale dai civili (in larga parte sciiti), provocando un ingente flusso di profughi verso Beirut, significa in primo luogo destabilizzare politicamente e demograficamente il Libano. L'obiettivo secondario dell'occupazione, magari anche nel "lungo periodo", è garantire la sovranità israeliana sull'area (non dimentichiamo che l'amministrazione Trump ha riconosciuto, in sfregio al diritto internazionale, la sovranità israeliana sulla alture del Golan occupate).
Occupando il Libano meridionale, Tel Aviv prende pieno possesso sulle risorse idriche della regione (da sempre uno degli obiettivi della geopolitica sionista) e, come a Gaza, mette le mani sugli importanti giacimenti gassiferi contesi proprio da Libano e Israele che si ritrovano a largo della costa.
Hezbollah non rappresenta una minaccia esistenziale per Israele. La presenza di Hezbollah, molto più semplicemente, impedisce ad Israele di realizzare un simile progetto.
In tutto ciò, colpisce la totale assenza di una guida politica in quell'"incidente della storia" che corrisponde al nome di "Occidente".