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La 86° vittima della strage di Bologna

di Valerio Cutonilli - 15/10/2019

La 86° vittima della strage di Bologna

Fonte: Valerio Cutonilli

Strage di Bologna. Gli esiti degli esami comparativi del Dna di Maria Fresu - la vittima innocente dell'esplosione il cui cadavere non è mai stato ritrovato - rappresentano la prova certa di circostanze tanto gravi quanto utili a capire cosa è accaduto realmente il 2 agosto 1980.
I periti della Corte d'Assise di Bologna hanno escluso che i resti tumulati nella tomba della povera Fresu appartengano effettivamente alla vittima scomparsa.
Tali resti in realtà appartengono a due donne, nessuna delle quali appunto è la Fresu.
I resti riguardanti le dita di una mano potrebbero riguardare una delle altre vittime censite, esistendo casi di donne rimaste uccise con mutilazioni compatibili.
I resti che riguardano il lembo facciale-scalpo assolutamente no. Prestate attenzione perchè ieri è stata acquisita la prova dell'esistenza di una ottantaseiesima vittima.
Innanzitutto va compreso un fatto. Il termine lembo facciale, attribuitogli dal perito Pappalardo che lo esaminò nel 1980 su mandato verbale della Procura di Bologna, è quanto meno riduttivo.
Purtroppo la fotografia di tale resto non è pubblicabile per l'aspetto terrificante. Ma si tratta della faccia di una giovane donna quasi completa e munita di capelli. Manca solo un occhio e la parte sovrastante.
Questa faccia non può essere attribuita a nessuna delle vittime censite delle strage. A darne atto, sin dal 1980, è stato il perito della Procura di Bologna, professore Giuseppe Pappalardo.
Ciò per una serie di ragioni inoppugnabili.
Le due uniche donne sfigurate, scrive Pappalardo, sono over 50 e hanno un gruppo sanguigno incompatibile con quello individuato nella faccia.
Leggendo tutti gli esami tanatologici acquisiti agli atti dell'istruttoria, io ne ho individuata in realtà una terza parzialmente sfigurata.
Ma la musica non cambia perchè esiste una ulteriore evidenza scientifica che esclude l'attribuzione della faccia a una delle vittime censite. A spiegarla in udienza sono stati proprio i periti esplosivistici della Corte d'Assise che per definire il reperto hanno usato il termine tecnico di "scalpo".
La faccia erroneamente attribuita alla Fresu per 39 anni è stata strappata dallo scheletro a causa dell'esplosione. Si tratta di un fenomeno possibile solo se la persona è molto vicina alla valigia con l'esplosivo. Per la precisione, la vittima dello scalpo deve avere la valigia affianco. Il movimento d'aria provocato dalla detonazione penetra l'orecchio a una velocità spaventosa espellendo la faccia.
Al contrario, le vittime femminili conosciute hanno il viso deturpato dai traumi contusivi generati dai crolli.
Ciò è tanto vero che i periti esplosivisti hanno scritto di essere stati interessati dallo scalpo anche perchè le sue caratteristiche lo facevano ritenere il reperto in assoluto più vicino al punto dell'esplosione. Dato poi confermato dal quantitativo di esplosivo rinvenuto nei pezzi riesumati dello scalpo medesimo.
Non v'è alcun dubbio che i pezzi sottoposti a esame del dna siano quelli dello scalpo esaminato nel 1980 dal perito Pappalardo. Nella nuova perizia esplosivistica è pubblicata la foto dello scalpo scattata nel 1980 ed è identifca a quella che ho visto personalmente negli atti della vecchia istruttoria, ivi ancora custodita.
Non si scappa.
Ciò significa che esiste una ottantaseiesima vittima rimasta sconosciuta per 39 anni, mai reclamata da nessuno e talmente vicina alla valigia con l'esplosivo (attaccata al suo fianco) da aver subito lo scalpo spiegato dai periti della Corte d'Assise.
Non solo.
L'esame del dna ha escluso che i resti (anche le dita della mano) tumulati nella tomba di Maria Fresu appartenessero a questa ultima.
Ciò significa che non v'è traccia alcuna dei resti della vittima sicuramente innocente e scomparsa nel nulla. I periti della Corte d'Assise hanno scritto per due volte, in maiuscolo, che nessuna vittima può essersi disintegrata nella stazione di Bologna. A maggior ragione la povera Fresu, considerato che l'amica sopravvissuta ha più volte dichiarato che la scomparsa si trovava vicino a lei al momento dell'esplosione, lontana diversi metri dal punto in cui era ubicata la valigia.
La carta d'identità della scomparsa è stata trovata tra le macerie dalla Polfer che l'ha consegnata ai carabinieri.
Tutto ciò significa che la scomparsa del cadavere della povera Fresu è dovuta necessariamente alle condotte volontarie di terzi. Fantastica e insostenibile l'ipotesi per cui i soccorritori si siano persi tale cadavere. Ben più fondata è quella di un occultamento che ha consentito di prolungare l'inganno per 39 anni. Se infatti il cadavere della povera Fresu fosse stato rinvenuto, la faccia (che fu repertata da una giovane e incorruttibile dottoressa in servizio all'obitorio) avrebbe costituito sin dall'agosto 1980 la prova legale dell'esistenza di una ottantaseiesima vittima.
Questi i fatti ma non pensiate che sarà facile renderli di pubblico dominio. A breve partiranno le ennesime cortine fumogene.Magari da qualche furbetto che scriverà in questa bacheca.
Non ci sono stupide medaglie da assegnare ma è importante capire un aspetto di questa storia. Il caso Fresu è stato creato dal libro che ho scritto assieme al giudice Priore. Fummo insultati, invitati a non andare a Bologna. Ci furono promesse conseguenze penali. La perizia è arrivata nel dibattimento (una fortuna perchè si tratta della fase del procedimento penale in cui la difesa può partecipare in modo paritetico) perchè l'hanno richiesta ad alta voce gli avvocati difensori dell'imputato. Solo loro. Tutte le scoperte sulla strage di Bologna degli ultimi 20 anni . a partire da quelle di Gian Paolo Pelizzaro che per primo con le sue ricerche sfondò il muro di gomma - arrivano dall'esterno. La Procura di Bologna e la polizia giudiziaria di Bologna si sono sempre limitate a prenderne atto. Il mio rispetto finanche ossequioso per loro è il massimo possibile. Ma la fiducia, che è un sentimento personale, è finita da tanto, tantissimo tempo.
Nel processo bolognese è stata impedita l'acquisizione dei documenti del centro Sismi di Beirut del 1980. Non solo quelli del maggio, giugno e luglio che contenevano l'annuncio di un attentato contro l'Italia. Ma anche quelli del periodo 2-14 agosto 1980 dove della faccia in questione, e della misteriosa proprietaria, si sarà parlato a lungo.
La strada purtroppo è ancora in salita. Per la prossima udienza del processo bolognese erano previste due audizioni, una richiesta dalla difesa e l'altra dalla parte civile. Il teste della difesa, il colonello Sportelli all'epoca nel Sismi, non parteciperà per ragioni di salute. In compenso sarà ascoltato l'onnisciente Vinciguerra, in carcere dal 1979.
Ciascuno di voi è importante per la diffusione di questa nota. Con la speranza che qualche opinionista autorevole non si nasconda anche questa volta. Ma ci metta la faccia.