La catastrofe
di Vincenzo Costa - 20/07/2023
Fonte: Vincenzo Costa
A volte immaginiamo la catastrofe come la fine del mondo, come l’arrivo delle bombe nucleari. Pensiamo che la catastrofe sia qualcosa che verrà. E ci facciamo sfuggire che è già accaduta, che le trasformazioni sono già la nuova realtà.
Pensiamo la catastrofe come rumore, caos, e dimentichiamo che la catastrofe è il silenzio, il venire meno della discussione democratica, del pluralismo dei pensieri e delle posizioni. E questa catastrofe è già accaduta.
La catastrofe è quando si spegne l’idea stessa che si possa cambiare. La catastrofe è quando muore la speranza.
E a essere venuta meno non è una speranza. Questo fa parte della storia, e bisogna sapere attraversare le epoche, capire che nel tempo alcune idee muoiono e altre nascono.
Ciò che è accaduto è qualcosa di diverso. Si è spenta la capacità di sperare.
Non sappiamo più pensare che il mondo e la vita possano essere diversi. Non sappiamo più immaginare la nostra vita diversamente.
La catastrofe è che è diventato normale che in Europa ci sia una guerra, che è un incendio che può deflagrare. Ci siamo assuefatti, abbiamo accettato che nessuno di noi possa farci niente, abbiamo accettato che il nostro destino non è nostro.
Non siamo più attori: attendiamo e basta. Magari distraendoci.
La catastrofe è la spirale del silenzio che ormai governa la sfera pubblica, in cui pensarla diversamente significa accettare la criminalizzazione, l’esclusione, la marginalizzazione.
La catastrofe è accettare che il sistema mediatico sia divenuto un mero sistema di propaganda, che le informazioni e le opinioni non girino più.
Prima la pandemia poi la guerra in Ucraina hanno trasformato le nostre società, le hanno rese sempre più totalitarie, dispotiche.
Si può pensarla diversamente sulla pandemia, sui vaccini, sulla guerra, ma dovrebbe stare a cuore a tutti che chi la pensa diversamente e le posizioni differenti possano circolare, dovrebbe stare a cuore a tutti un’informazione che racconti la realtà, con le sue contraddizioni.
E invece il mondo liberale ha scelto la via della spirale del silenzio, di imporre la logica bianco/nero, buoni/cattivi. Di costruirsi una sfera pubblica priva di consapevolezza.
Forse dovremo iniziare a chiederci: siamo ancora in una democrazia? Esiste ancora una sfera pubblica?
Siamo ancora cittadini, o solo sudditi?
La catastrofe è la regressione in cui siamo sprofondati.
La catastrofe è che di tutto ciò non interessa niente a nessuno.
La catastrofe è il silenzio che, come un sudario, si è steso sulla vita.