La deriva dell’Occidente
di Franco Cardini - 10/10/2023
Fonte: La Gazzetta del Mezzogiorno
La deriva dell’Occidente (Laterza, pagg. 176, euro 17,00) è l’ultimo libro di Franco Cardini. L’ottantatreenne medievista, professore emerito all’Istituto di Scienze Umane e Sociali aggregato alla Scuola Normale Superiore, è instancabile nella sua attività d’insegnante, saggista, giornalista, blogger, conferenziere in giro per il mondo e spesso in televisione.
Perché, professore, l’Occidente andrebbe alla deriva?
Ha confini e anche frontiere che però si spostano con il tempo e la sensibilità. L’attuale Occidente ha abbracciato l’american way of life, il primato economico e tecnologico, l’ideologia del mercato e della globalizzazione, l’idea balzana di Francis Fukuyama della fine della storia rispetto all’ordine liberista. L’Europa è assorbita in una dimensione che, con la guerra in Ucraina, esclude la Russia dalla sua collocazione cristiana ed europea per relegarla verso l’Asia e quindi la Cina. Ma questo Occidente con una sola superpotenza al comando di stati vassalli, come piaceva a Samuel Huntington, non ha senso. Serve solo a interessi che, con il loro progetto, hanno creato ostilità nei cosiddetti Brics (le economie emergenti: Brasile, Russia. India, Cina, Sud Africa)
Il progetto è scalzare Putin?
No: il progetto è creare una grande prateria di piccoli staterelli difesi dalla Nato, fondati sul principio consumistico e il cui mercato aperto è suddito del dollaro. L’idea è costruire un impero che ha un centro sicuro e una dipendenza dal sistema multinazionale fondato sulla globalizzazione attuata attraverso la civiltà del dollaro e del consumo. Questo impero dovrebbe andare dall’Europa fino alla muraglia cinese. Ma questa costruzione, avviata con la guerra contro l’Islam cosiddetto fondamentalista, tarda a divenire una realtà effettiva.
La Nato sembra avere un ruolo chiave.
La Nato è un’espressione degli Stati Uniti. Avrebbe potuto garantire un ordine fondato sul mantenimento della pace. Invece che accettare un mondo privo del nemico metafisico, l’Unione Sovietica, e aperto ai possibili cambiamenti dell’ordine economico e finanziario, si è preferito orientare la Nato, in origine un’alleanza difensiva, verso un nuovo nemico. L’impressione è che questa configurazione di un blocco intorno a una superpotenza egemone, gli Stati Uniti, e contro un nemico esterno, sia stata studiata. Chi l’ha fatto oggi non sa come andare avanti e, rispetto a questo problema, gli Stati Uniti si stanno sfaldando. I cosiddetti Brics non hanno una struttura piramidale, masi raggruppano intorno a una potenza molto forte, armata e decisa. Ben più della Nato, che scaturisce da un patto che si può teoricamente sciogliere, inadatto quindi a costruire un impero. È questa la deriva dell’Occidente.
La vittima di questa nuova guerra fredda è quello che Jeremy Rifkin chiamava vent’anni fa “il sogno europeo”.
Il sogno europeo si fondava sul presupposto auspicabile che l’Europa trovasse dal suo interno la capacità di costruire una forza autonoma in grado di mediare tra l’impero americano e gli attuali Brics. Questi ultimi non sono legati da un’ideologia, ma dal rifiuto dell’egemonia americana e della globalizzazione secondo Washington. Nella misura in cui l’Europa finge di non vedere che è possibile uno spazio potenziale di autonomia e rifiuta un’assunzione di responsabilità in prima persona, è destinata a fare da satellite alla politica dell’anglosfera. Siamo tornati a governi formalmente responsabili di fronte ai loro governati, ma che prendono ordini da una superpotenza esterna asservendo i loro Paesi agli interessi di quest’ultima. È una vecchia danza costruita su un’antica musica risalente alla seconda guerra mondiale.
a cura di Pietro Andrea Annicelli