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La fatica riscoperta come valore ci cura dallo scientismo anti umano

di Claudio Risé - 13/01/2025

La fatica riscoperta come valore ci cura dallo scientismo anti umano

Fonte: La Verità

“Il futuro ha un cuore antico”. Il titolo del fortunato libro del poetico pittore e scrittore Carlo Levi alla soglia degli anni 60, dove nel suo viaggio si entusiasma per la cultura russa, capace di onorare la propria tradizione, viene in mente di fronte a una serie di fenomeni attualissimi. Si tratta della graduale riscoperta del passato che si sta manifestando in una serie di campi della cultura europea finora prigionieri dell’onnipresente miseria delle correnti di pensiero attuale (in particolare nella psicologia e sociologia), oggi dominanti in Occidente.
Questo ritrovamento dimostra, invece, che non tutto è andato perduto. Basta un po’ di impegno, e soprattutto molto anticonformismo da parte di ricercatori, professori e studenti. Certo (come intuiva Carlo Levi), è necessario, di solito, fare un balzo di un paio di secoli indietro, e lì leggere e raccogliere le testimonianze sul terreno, stando alla larga dell’Illuminismo ufficiale, accademico. É allora che si viene colpiti dalla creatività, forza e ricchezza ancora viva nel fondo della cultura europea, e dei suoi protagonisti. In politica, per ora, non si intravede granché
Tutto venne accuratamente nascosto nel periodo successivo dai poteri dominanti, i Grandi Inquisitori e i vari profittatori, più o meno dittatoriali o pazzi, delle varie fasi della decadenza europea, dall’ottocento a tutto il novecento. Prima condizione del recupero oggi: non voler essere à la page o si finisce nella prudente e sterilizzante polverosità dei saloni del libro.
Uno dei campi dove la devastazione culturale ha colpito più fortemente è stata la psicologia: terreno di cui i diversi poteri politici e economici si sono via via impadroniti rapidamente appunto fin dalla Rivoluzione Francese, appoggiando le diverse correnti “scientiste” con i loro deliri sulla imminente e fatale meccanizzazione dell’uomo. Per quanto scientificamente ridicoli, non è difficile capire perché i diversi poteri li hanno sempre sostenuti, allora come fanno oggi con la AI. Il fatto è che una macchina, proprio perché evoluta (sviluppata altrove che nell’umano), non ha un corpo umano e quindi funziona ma non pensa e risponde meccanicamente alle istruzioni ricevute. É questo il terreno prediletto per gli autoritarismi più o meno camuffati da democrazie. L’illuminismo, accecato dal narcisismo dei philosophes, girò al largo dalla preziosa povertà dell’umano che ci mette direttamente a contatto con la trascendenza e insieme con la natura, e quindi con le possibilità di trasformazione, vitale a non artificiale. É per questo che i poteri esplicitamente rivoluzionari, dal 700 al 900 appoggiarono fortemente, fin dalle Rivoluzioni borghesi del 700, le correnti dello scientismo e le loro perverse fantasticherie anti paterne e castranti. Che vennero in parte realizzate storicamente già con la decapitazione del Re Luigi XVI con la nuova macchina di monsieur Guillottin, il medico e politico francese inventore della ghigliottina.
É nell’attacco al corpo umano, ricevuto da Dio, che si fondono anche le successive e torbide fantasie psicoanalitiche sul complesso d’Edipo, ripetute ancora oggi nelle Enciclopedie di pronta beva mentre quelle serie, giustamente ormai da tempo ammettono che Totem e tabù (appunto raccolta delle fantasie freudiane sull’Edipo, spesso utilizzate in quelle sul patriarcato): sia “contraddetto nella sua fondatezza storica”. Detto alla svelta: è una fregatura, come il filosofo Gilles Deleuze con lo psichiatra Felix Guattari e tanti altri hanno già dimostrato dagli anni 70 con l’Anti Edipo e molti altri lavori. Al di fuori del racconto mitologico, non è mai stato dimostrato e giustificato nessun rifiuto del rapporto padre-figlio, pietra portante della storia umana. Le bugie, infatti, hanno le gambe corte: a un certo punto non stanno più in piedi, esauriscono le forze e l’attenzione delle persone, soprattutto giovani, e finalmente vengono abbandonate. É quanto sta, forse, finalmente accadendo nell’Occidente di oggi.
La pruriginosa vacuità della narrazione occidentale della storia umana era però già stata denunciata in piena Rivoluzione da un giovane francese attentamente studioso delle conseguenze degli avvenimenti in corso, e i suoi manoscritti stanno tornando ad essere oggetto di ricerche profonde e molto nutrienti, lontane dalle fantasie malate del “ secolo lungo”, dal 700 al novecento. Il giovane era François Maine de Biran, figlio di un medico di famiglia nobile, e membro dell’equestre Guardia del corpo del Re, che non abbandona neppure nel 1789, quando scoppia la Rivoluzione. Così il 5 e 6 ottobre viene ferito, e solo a fatica si decide a ritornare a Bergerac, nella proprietà agricola della famiglia. Si tuffa allora nello studio “con una sorta di furore”, analizza spietatamente la propria ancora giovane vita e ne ricava due intuizioni fondamentali, molto lontane dal pensiero dell’epoca e chiarissime se viste oggi, dopo tutte le successive esplorazioni sul corpo e sul cervello. La prima è che (contrariamente alle sgangherate elucubrazioni intellettuali del momento) ogni fenomeno importante dell’uomo prende forma nel corpo umano, sotto forma di azione. La seconda è che ciò avviene attraverso l’esperienza dello sforzo e della fatica che lo accompagna. Senza di questo, la vita umana è priva di forze e direzioni vitali.
Nell’800 e parte del ‘900 francese, e in parte italiano (Gustavo Gamma, (Oltre l’esistenza. Castalia,1998), la ricerca solitaria di Maine de Biran fu considerata da molti centrale per lo sviluppo degli studi psicologici e antropologici, e il biranismo un pilastro della nuova antropologia. Oggi, che gli sproloqui edipici vanno finalmente spegnendosi e il problema (non più personale ma, in Occidente, collettivo) è con assoluta evidenza quello dell’auto distruzione narcisistica attraverso il consumismo e l’abolizione della volontà, come ripresentato nel libro di Michel Henry recentemente pubblicato ( Filosofia e fenomenologia del corpo. Saggio sull’ontologia biraniana, Mimesis) è dal recupero dello sforzo e della fatica che dipende la stessa sopravvivenza della nostra civiltà.
Come l’attività psicoterapeutica quotidianamente dimostra.