La filosofia deve morire: Boncinelli propone un manifesto del totalitarismo scientifico
di Enzo Pennetta - 30/01/2019
Fonte: Enzo Pennetta
Ormai siamo al confronto aperto, non si fa neanche più finta di dialogare sui rapporti tra scienza e società, la prima è dichiarata come unica fonte di verità e quindi sarà obbligatorio uniformarsi ai suoi dettami.
“La farfalla e la crisalide” si intitola l’ultimo libro del genetista Edoardo Boncinelli, la farfalla che nasce dopo un lungo periodo di preparazione sarebbe la scienza che ormai sarebbe matura per prender il volo abbandonando alle spalle una inutile e superata filosofia.
Curiosamente Boncinelli ignora che la farfalla è destinata a morire presto, la sua similitudine non sembra quindi molto beneaugurante. Da quello che scrive Daniela Mengazin e riportato su Pikaia, per Boncinelli la filosofia sarebbe ormai solo una “inutile zavorra”:
l’avvento del metodo sperimentale ha segnato l’irreversibile rivoluzione che avrebbe liberato la farfalla della scienza dalla sua storica incubatrice, rendendola pienamente autonoma. La farfalla, non più gravata da un’inutile zavorra, può ora librarsi nei cieli della razionalità, perseguendo il progresso scientifico e tecnologico. Ma i funerali della filosofia, da tempo annunciati per l’anacronismo e l’inefficacia dei suoi metodi, non sono ancora stati celebrati. È il sintomo più eloquente di uno storico equivoco
La filosofia sarebbe inefficace, un’affermazione che si scontra con il fatto che la scienza non può legittimare sé stessa con i propri metodi, l’epistemologia studia i fondamenti della scienza osservandola dall’esterno.
La scienza si basa su assunti indimostrabili col metodo scientifico:
1- la realtà è sempre comprensibile all’intelletto umano
2- la realtà si basa su delle leggi
Inoltre la scienza ha dei limiti, non può occuparsi delle finalità delle cose e non può occuparsi di ciò che è immateriale come il bene e il male, il bello o il brutto o l’arte.
In tempi più onesti un grande nome come Jacques Monod disse chiaramente nel suo celebre “Il caso e la necessità” che la scienza ha dei limiti ricordando ad esempio il “postulato di oggettività” che afferma:
il rifiuto sistematico a considerare la possibilità di pervenire ad una conoscenza vera mediante qualsiasi interpretazione dei fenomemi in termini di cause finali, cioè di progetto. Il postulato di oggettività è consostanziale alla scienza e da tre secoli ne guida il prestigioso sviluppo. E’ impossibile disfarsene, anche provvisoriamente, o in un settore limitato, senza uscire dall’ambito della scienza stessa.“
L’affermazione che non si possa ipotizzare un progetto nella natura e che la ricerca della conoscenza deve prescinderne è dunque riconosciuto come “postulato”, non un fatto dimostrabile scientificamente, la scienza stessa quindi secondo Monod si è data dei limiti e lo ha fatto con una scelta filosofica.
Monod poi continua:
“Porre il postulato di oggettività come condizione della scienza vera rappresenta una scelta etica e non un giudizio di conoscenza in quanto, secondo il postulato stesso, non può esservi conoscenza vera prima di tale scelta arbitraria.“
L’affermazione della ‘scienza’ secondo la quale non esiste conoscenza al di fuori di quello che è indagabile come pura correlazione causa-effetto è dunque una scelta arbitraria e quindi una posizione filosofica.
Alla luce di queste premesse appare in tutta la sua erroneità di petizione di principio (concetto filosofico) quella con la quale si afferma che la filosofia non può far avanzare la conoscenza:
se l’obiettivo è far avanzare la conoscenza, una delle due risulterà più efficace dell’altra, una progredirà realmente mentre l’altra no (o sembrerà farlo solo in apparenza), una si dimostrerà capace di uno sguardo lungimirante al futuro, l’altra rimarrà incatenata a una sterile autoreferenzialità.
Curiosa l’accusa di autoreferenzialità rivolta alla filosofia e sostenuta in virtù di un postulato che rende la scienza, questa sì, autoreferenziale.
E sulle fondamenta di questo errore logico che solo la filosofia può affrontare, nell’articolo si lancia una sentenza mortale nei confronti della filosofia, una disciplina che non dovrà più essere tollerata:
Quella appena descritta è l’iconografia dell’alternativa tra pensiero scientifico e filosofico. E chiede di schierarci: o dalla parte di esperimenti e misurazioni, o da quella della razionalità aprioristica e dei modelli teorici. Tra il laboratorio e la poltrona non si danno terze vie, né fantasiosi appelli a reciproci benefici. C’è posto per una sola fonte stabile di conoscenza, l’alternativa ne rappresenta al più un freno o un danno.
A sostegno della sentenza di morte per la filosofia vengono riportate le parole di nomi celebri della scienza, quasi dei nuovi profeti, due esempi per tutto Stephen Hawking e Richard Dawkins:
Per la filosofia la diagnosi finale è notoriamente arrivata con le parole dell’astrofisico Stephen Hawking, nel saggio pubblicato a quattro mani con Leonard Mlodinow “The Grand Design” (2010): “La filosofia è morta”. E sarebbe stata spodestata delle sue tradizionali domande intorno all’origine del mondo, da dove veniamo e perché siamo qui…
Il biologo evoluzionista e divulgatore Richard Dawkins, che al saggio di Krauss ha dedicato una generosa postfazione (paragonandone il potenziale impatto a quello dell’ “Origine delle specie” di Darwin!), si è dimostrato altrettanto critico nei confronti della filosofia. Tra le pagine del “Gene egoista” (1976) si chiese perché la “filosofia e le materie cosiddette «umanistiche» venissero ancora insegnate quasi come se Darwin non fosse mai esistito”?
Tutte queste posizioni, sulle quali si schiera anche Boncinelli con il suo libro, a dispetto dei nomi altisonanti che le sostengono sono conseguenza di una evidente ignoranza dell’argomento trattato, non è una battuta dire che se tutti costoro avessero studiato filosofia avrebbero evitato di cadere in errori tanto grossolani.
L’unica alternativa all’ignoranza è che l’uccisione della filosofia sia un atto consapevole, un gesto del tipo di quello compiuto dal burattino Pinocchio nell’uccidere il grillo parlante perché gli diceva la verità, quella che lui non voleva sentire.