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La fine del sistema unipolare e del globalismo

di Silvano Danesi - 07/04/2022

La fine del sistema unipolare e del globalismo

Fonte: Nuovo giornale nazionale

La guerra in Ucraina ha fatto saltare il banco del sistema unipolare e dell’annesso globalismo.

La Russia, con un atto di forza brutale, ha detto no all’idea che, dopo la caduta dell’Unione Sovietica, la “storia fosse finita”, come sostiene Fukuyama e che si fosse aperta la strada per un mondo omogeneo ideologicamente, politicamente e socialmente.
Dopo la fine della seconda guerra mondiale, l’Europa, teatro principale del conflitto, ha visto, di fatto, svanire il sistema degli stati sovrani, mantenuto formalmente, in quanto da Jalta è emerso un sistema bipolare, dove due grandi potenze, gli Usa e l’Urss, governavano il mondo e dirigevano gli Stati satelliti: gli uni accorpati nella Nato, gli altri del Patto di Varsavia.
Il resto del mondo, per intrinseca debolezza economica e politica, stava alle direttive del bipolarismo.
Con la caduta dell’Unione Sovietica, nel 1991, è finita anche Jalta, il sistema bipolare è crollato e si è instaurato un sistema unipolare, con gli Stati Uniti al centro, unico gendarme del mondo.
Questo quadro ha fatto pensare agli ideatori del Nuovo Ordine Mondiale e del Grande Reset, ossia alle élite finanziarie, di poter costruire un mondo dove la Russia fosse una sorta di miniera regionale, geopoliticamente ininfluente e la Cina fosse la fabbrica del mondo, dotata di manodopera a bassissimo costo, quando non di schiavi per la bisogna (vedi Uiguri).
Sicuri della conquistata egemonia mondiale, gli Usa di Bill Clinton o, meglio, i registi finanziari, hanno portato, l’11 dicembre 2001, la Cina nel Wto, aprendo di fatto le porte ad un’evoluzione del Dragone che non si è democratizzato, ma si è potenziato fino al punto di diventare un competitore temibile, non solo economicamente.
Nel frattempo, con l’entrata in scena di Vladimir Putin, la Russia ha ripreso ad essere un soggetto geopolitico che non aveva nulla a che fare con le idee unipolari degli Usa e della finanza.
La presenza, sempre più solida, non solo economicamente, ma militarmente e, si deve aggiungere, ideologicamente, di Cina e Russia, ha costituito un freno alle mire espansive del globalismo finanziario e dei teorici del Nuovo Ordine Mondiale e del Grande Reset, fino a porre, in un crescendo di tensioni, la questione che è esplosa con la guerra in Ucraina.
Questione che è riassumibile, in sintesi, nel rifiuto dell’unipolarismo e nell’affermazione del multipolarismo. Affermazione che fa saltare il banco del globalismo finanziario, che deve riposizionarsi e che mette alle corde la logica dell’asse Bush-Clinton, la quale esprime, nella sua decadenza, un uomo come Joe Biden, ormai chiaramente inadatto al ruolo e vittima sacrificale nel caso di fallimento della attuale escalation anti russa.
In questo attuale scenario, la sovranità degli Stati affermata come frutto della pace di Westfalia (1648), langue, essendo gli Stati sovrani una pallida parvenza di quanto potrebbero essere, in un mondo asimmetrico, dove emergono potenze imperiali e dove l’Europa mostra tutta la sua inesistenza.
Tutte le chiacchiere della politica italiota, davvero ridicola quanto provinciale, sul sovranismo, non solo è stata sbertucciata dal sovranismo reale di Francia e Germania e della furbizia ipocrita dei paesi paradisi fiscali, come l’Olanda, ma è ridotta a nulla dall’emergere di ben altri sovranismi, quelli imperiali di Cina e di Russia, di fronte ai quali è palesemente fallita l’Europa della burocrazia delle misurazioni del cocomero e del cinismo finanziario.
L’Unione Europea, se fosse stata quella dei padri fondatori, ossia uno Stato federale e non una moneta e un’asfissiante burocrazia, oggi potrebbe svolgere un ruolo di potenza internazionale di equilibrio, sulla base dei principi che in Europa sono nati.
Così non è. Tra i morti lasciati sul campo da Putin c’è anche l’Unione Europea, quella della Merkel e di Maastricht e dei suoi camerieri. Amen.