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La frase più bella

di Mario Adinolfi - 13/02/2025

La frase più bella

Fonte: Mario Adinolfi

“La guerra è finita”. Non c’è frase più bella per gli umani, mi risuona sempre il verso in cui Baglioni in quella strepitosa lettera al figlio che è Avrai (1982) la fa pronunciare a “una radio”. Ripasso le immagini festanti dell’annuncio dei giornali di fine aprile 1945, anche se l’Italia liberata era ridotta in macerie, pure quelle del novembre 1918 quando fu vittoria ma mutilata. In generale non credo esista sospiro di sollievo collettivo più grande di quando risuona la frase: la guerra è finita.
Gli Anni Venti di questo secolo si sono presentati con un carico di tragicità su cui manca un distacco storicizzante per rendercene conto, ma il combinato disposto della segregazione Covid con le guerre avviate il 20 febbraio 2022 in Ucraina e il 7 ottobre 2023 in Israele ha prodotto milioni di morti, danni squassanti all’economia e al vivere civile, in generale una cupezza rabbiosa che dura da un quinquennio. Abbiamo bisogno di sentir pronunciare la frase più bella.
È indubbio che dal 20 gennaio, data di insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, il clima mondiale stia rasserenandosi. Hamas e Israele si scambiano ostaggi e prigionieri, a Gaza non si combatte più, regge una tregua che personalmente consideravo inimmaginabile. Trump ha appena preso l’iniziativa di sentire Putin e Zelensky per far sì che il 2025 sia l’anno in cui si possa dire anche tra i ragazzi russi e ucraini che stanno morendo al fronte: la guerra è finita. La dottrina Biden prevedeva esplicitamente “nessun contatto col Cremlino” e sostegno per centinaia di miliardi di dollari in armamenti all’Ucraina, unico interlocutore da appoggiare per una guerra a oltranza che aveva come obiettivo abbattere Putin. A questa dottrina abbiamo aderito anche noi italiani, Mattarella la settimana scorsa ci ha spiegato da Marsiglia perché: la Russia è come la Germania nazista, Putin ha la stessa finalità di conquista di Hitler, come fu un errore la politica di appeasement con i tedeschi della Conferenza di Monaco del 1938 così sarebbe un errore avviare analoghe trattative con i russi oggi.
Mattarella è interprete di una linea che Nato e Unione Europea, con i giornalisti a libro paga di un sistema mediatico inquinato da interessi propagandistici (vedi caso Usaid di cui in Italia si è parlato pochissimo), sostengono tuttora. È chiaro che se Putin è Hitler, a Hitler non si telefona e con Hitler non si può fare la pace ma solo la guerra a oltranza fino a completa distruzione della Germania nazista, come fu nel 1945. Ma la premessa è sbagliata. Putin non è Hitler. La premessa è servita ad alimentare una economia di guerra da cui hanno tratto profitto i produttori e distributori di armi pesanti, nonché i detentori di precisi interessi energetici, a scapito delle popolazioni. Ora basta.
In un curioso articolo di Andrea Riccardi, oggi sul Corriere della Sera, si torna a criticare duramente Trump dal punto di vista cattolico. Riccardi, nome di enorme rilevanza del cattolicesimo politico italiano anche per via del suo ruolo fondativo nella Comunità di Sant’Egidio, come può non essere interessato a sentir pronunciare presto la frase più bella? Come può non cogliere il lavoro concreto e immediato per la pace mondiale che Trump sta svolgendo, certo per finalità isolazioniste proprie del suo background culturale e politico, ma comunque più interessanti della dottrina Biden che vietava anche solo di telefonare al Cremlino?
Certe volte credo che l’approccio ideologico vizi in maniera così pesante i ragionamenti da renderli irrilevanti. Trump se ne frega e agisce, fa bene. Oggi l’apertura di tutti i giornali del mondo è su Trump che chiama Putin e Zelensky. Quest’anno spero davvero di vedere stampata la frase più bella: la guerra è finita. E qualcuno si dovrà rassegnare al fatto che il costruttore di pace decisivo sarà stato quel bizzarro buzzurro di Donald Trump.