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La guerra artica

di Pierluigi Fagan - 27/12/2024

La guerra artica

Fonte: Pierluigi Fagan

La Groenlandia è l’isola più grande del mondo e corrisponde al 22% del territorio degli US, circa la somma di Italia + Francia + Spagna + Germania + Polonia + Regno Unito, con soli 60.000 abitanti. È parte del regno di Danimarca ma dotata di ampi poteri autonomi.
Secondo un rapporto dell'US Geological Survey nel sottosuolo (tra terra emersa e pertinenza sui fondali marini) si troverebbero il 13% delle risorse mondiali di petrolio e il 30% di quelle di gas, più oro, rubini, diamanti, zinco, ferro, rame, terre rare e molto uranio, per uno stimato valore complessivo di circa 400 mld di US$, il Pil di un anno per la Danimarca.
Gli statunitensi vi hanno già diverse basi militari non pubblicizzate, tranne quella nota di Pituffik che è centro di tutta la rete di protezione spaziale (NORAD). Al di là delle risorse pur cospicue, non v’è dubbio che il peso strategico principale dell’isola ghiacciata è geo-strategico essendo parte del Polo Nord e controllando l’accesso al Polo per tutto il sud-ovest.
Per il Polo Nord, bordeggiando la Siberia, i cinesi pianificano lo sviluppo della loro Via della seta polare, una alternativa strategica per evitare gli stretti del sud-est asiatico (poi Bab el-Mandeb, Mar Rosso, Suez) ed accorciare anche i tempi di traversata per giungere in Europa.
Ricordo che gli US sono considerati una nazione polare solo per una parte (nord) dell’Alaska, a suo tempo terra russa comprata dagli americani (1867). A sua volta, al sottosuolo del Polo Nord sono attribuite enormi riserve di petrolio, gas, palladio, nichel, fosfato, bauxite, terre rare e chi più ne ha più ne metta.
Naturalmente tutto questo darsi da fare sull’estremo nord, segue le misurazioni e previsioni sul progressivo scioglimento dei ghiacci a cui sembrano credere gli alti comandi strategici delle principali potenze mondiali che però non seguono gli attivi canali dei negazionisti climatici, gli unici che sanno davvero come stanno le cose. Linea questa attivamente finanziata dall’area Trump che così quando gli fa comodo nega, quando gli fa comodo compra in previsione di ciò che altrimenti nega. In queste reti di notizie per molti inverificabili ed apparentemente contradditorie rimangono impigliati diversi polli.
Sull’intera area si sviluppò nel 1991 un forum di consultazione, coordinamento e cooperazione – il Consiglio Artico- fatto dagli stati membri artici e cioè: Canada, Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia, Russia, Svezia, Stati Uniti. A marzo 2022, i paesi occidentali hanno sospeso la loro partecipazione in ragione dell’invasione russa dell’Ucraina. A seguito della rinuncia alla storica neutralità e adesione alla NATO di Svezia e Finlandia, ora sono tutti paesi NATO (tranne ovviamente la Russia).
Quest’ultima svolta scandinava non era certo da attribuire alla paura per le bramose mire russe verso alci, renne e licheni scandinavi, bensì proprio all’allineamento strategico di prospettiva in direzione del prossimo -certo- conflitto o quantomeno caldo contenzioso verso l’Artico. In particolare, con la Finlandia ed in seconda linea Svezia, si minacciano direttamente tra le più importanti basi russe nell’Artico ovvero la penisola di Kola. Con circa 40 vascelli, i russi possono vantare a più grande flotta al mondo di rompighiaccio e la loro presenza rivolta al Polo è ben organizzata e continuamente potenziata.
Pochi giorni fa, Trump ha rilanciato l’idea di acquistare l’isola, idea che gli americani portano avanti sin dal 1867 e che lo stesso Trump aveva messo sul tavolo durante la sua prima presidenza. A seguire ha spostato lì l’ambasciatore che era in Svezia, colui che ha pilotato evidentemente con argomenti interessanti e convincenti la rinuncia di Stoccolma alla storia neutralità che di più o di meno, durava da due secoli. Il tipo è uno dei fondatori di PayPal e quindi membro decisivo della PayPalMafia (Thiel, Musk, Nosek, Levchin), nonché “giovane leader globale” eletto dal World Economic Forum. Ogni giorno di più, questo gruppo assume una funzione strategica nell’amministrazione Trump, a quali fini vedremo.
“Trump vuole comprare la Groenlandia” è un titolo da giornale, la faccenda è ben meno assurda. Gli americani possono comprare una parte (Nord) o farsela affittare per 99 anni o avere permessi di edificazione e sfruttamento limitati o infialarsi nel contenzioso per l’autonomia tra locali e Danimarca spalleggiando i desideri di indipendenza o offrendosi come mediatore che possa “far felice tutti” ovvero soprattutto gli US. La parte che interessa gli US è a nord mentre la, per altro scarsa, popolazione innuit è tutta a sud.
Gli innuit sono la popolazione  col più alto tasso di suicidi al mondo, annegarli di dollari non fa la felicità, ma insomma, magari aiuta.
La questione è, tra l’altro, la più palese violazione della Dottrina Monroe essendo l’isola, di fatto, parte della piattaforma nordamericana. Ritorno delle Dottrina testimoniata anche dalla sincronica messa sul tavolo di una nuova questione Panama. Come anticipato da nostro post pochi giorni dopo l’elezione americana, la riannessione pienamente egemonica dell’intero continente a gli interessi e voleri di Washington, è asse portante la visione strategica della nuova amministrazione.
Questa visione, differentemente dall'ostinato e irrealistico rifiuto della precedente presidenza, sembra dar per scontata l'evoluzione multipolare dell'ordine mondiale, tanto vale allora compattare il proprio di polo e farlo su basi solidamente geopolitiche (polo americano) e non idealistiche (US+EU=Occidente). Piaccia o meno, il "gruppo Trump" mostra una solida ed articolata logica geostrategica.
Per l’insieme di questi appena accennati motivi e per l’elasticità delle tante possibili soluzioni, darei l’operazione per fatta, in prospettiva, vedremo quanto e come.