La lotta mondiale contro il povero
di Luigi Pecchioli - 24/08/2017
Fonte: ilvelodimaya
Sì, avete letto bene, non è un refuso, il titolo è proprio “la lotta mondiale contro il povero”, non contro la povertà. Questo è quello che sta accadendo un po’ dappertutto e con sistemi diversi: la lotta ad accaparrarsi i beni della povera gente.
Naturalmente per ottenere questo risultato si è dovuti passare per uno stadio intermedio, che possiamo chiamare “la moltiplicazione del povero”; non che di poveri ci sia mai stata carenza, ma per avere una buona base per agire bisognava che il numero di poveri fosse aumentato considerevolmente. Questo si è ottenuto semplicemente impoverendo la classe media, distruggendo le basi del benessere del ceto borghese che poteva diventare soggetto di una formidabile resistenza al progetto e per far ciò si è rispolverata un’ideologia che era stata abbandonata dopo la seconda guerra mondiale, ma che aveva dato buona prova di sé nella seconda metà dell’800 e nei primi anni del ‘900, creando la prima generazione di capitalisti predatori: il liberismo.
Tutte le politiche economiche liberiste degli ultimi 30 anni sono state tese ad un solo risultato: convincere il ceto medio che aveva vissuto al di sopra delle sue possibilità, che i diritti che aveva ottenuto (protezione sul lavoro, welfare, servizi pubblici) erano stati in realtà degli odiosi privilegi che avrebbero scontato le generazioni future e che lo Stato che aveva garantito ciò era in realtà un Moloch che avrebbe divorato ogni risorsa, impoverendo tutti.
E ci sono riusciti. Attraverso l’occupazione dei mezzi di informazione che erano stati da sempre punto di riferimento culturale del ceto medio, attraverso la propaganda incessante, attraverso politici prezzolati a cui si è promesso un posto sicuro e ben remunerato per sé e per i propri parenti alla fine del mandato ed esperti e studiosi comprati con consulenze, posti in centri studi prestigiosi e cattedre in atenei famosi, le élite economico-finanziarie hanno convinto la borghesia a vergognarsi di se stessi e del proprio benessere, quindi a rinunciarvi, a fare sacrifici, ad accettare tagli ai loro diritti e riforme strutturali (che sono sempre sacrifici e tagli, ma ammantati dell’idea di un efficiente nuovismo), ma soprattutto a disprezzare e considerare loro nemico lo Stato, cioè il soggetto che, unico, li poteva proteggere da loro.
Il risultato è stato lo slittamento, lento ma inesorabile, degli appartenenti alla classe media verso una povertà di tipo proletario, povertà che molti di loro avevano abbandonato solo una/due generazioni prima (impiegati, piccoli imprenditori e commercianti, figli o nipoti di operai e contadini) ed altri non avevano mai sperimentato (professionisti, figli d’arte e rampolli di famiglie abbienti), ma che ormai li accomuna.
Con l’austerità, con le ricette del FMI, una volta riservate ai Paesi emergenti, per non farli emergere troppo e per sottometterli con il debito agli interessi occidentali, in primis statunitensi, ma ora applicate anche a Stati occidentali e avanzati, ( in Europa grazie al cappio dell’euro), con i trattati di libero scambio (che di libero hanno soprattutto il salario che viene corrisposto al lavoratore) che hanno introdotto il concetto giuridico devastante del “diritto al profitto” tutelato e risarcibile se violato, si è riusciti a togliere a Stati interi il loro cuscinetto di benessere, a portare i cittadini nella quasi totalità ad essere una massa di poveri precarizzati e quindi a togliere loro i beni, sia privati che pubblici. E sì, anche quelli pubblici, come dimostra la completa spoliazione della Grecia, grande successo dell’euro (che a questo serviva), perché se costringi uno Stato a comportarsi da privato, a chiedere alle banche ed alle istituzioni finanziarie il denaro per andare avanti, allora il potere sovrano diventa una ridicola pantomima, un simulacro di imperio che deve prendere ordini dai Mercati per essere “credibile” e quindi finanziabile e gli ordini, dati sempre come “raccomandazioni” e “suggerimenti” per un ipocrita formale rispetto della sovranità, sono sempre gli stessi: tagliare, privatizzare, tassare, ovvero in definitiva togliere al povero (cittadino) per dare al ricco (finanziere).
Una volta creata una massa di poveri, anche nei paesi che erano ricchi, il gioco è stato facile: attraverso il credito facile al consumo nei Paesi occidentali e attraverso il microcredito d’investimento nei Paesi africani o asiatici più arretrati, si è alimentata una bolla di falsa ricchezza e falso sviluppo che ha tenuto buoni i popoli europei ed americani, i quali hanno mantenuto per un certo tempo un tenore di vita apparentemente agiato, mentre in realtà si stavano impoverendo, e alimentato speranze di crescita ed uscita dalla povertà attraverso la microimprenditoria nei popoli del Terzo Mondo, creando solo una massa di debitori vincolati da tassi da usura e destinati a perdere tutto.
Ogni tentativo di ribellione è stato stroncato, non con la forza, ma con l’incessante propaganda e con l’immissione di dosi massicce di autorazzismo, ammantate di ragionevolezza: siamo popoli corrotti, inefficienti, inaffidabili, siamo indietro nelle grandi sfide tecnologiche e quindi non competitivi. La colpa di tutto è nostra e quindi ci meritiamo tutto. E’ interessante notare che l’Italia, che è attualmente il Paese più autorazzista, sia proprio quello adesso maggiormente sotto attacco per essere spogliato dei suoi beni e delle sue ricchezze (il risparmio italiano, investito e non, fa gola a tanti Stati, non solo in Europa: da qui l’attacco al sistema bancario…). Solo raramente si è dovuti ricorrere all’autorità di un Draghi per ribadire l’ineluttabilità del destino che ci tocca (l’euro è irreversibile) od alla ramanzina di qualche funzionario o politico organico al sistema: di solito è bastato bollare qualsiasi protesta od anche solo perplessità come nazionalista, arretrata, nostalgica, fascista e reazionaria per rimettere in riga o isolare i contestatori.
Il risultato è stata la creazione di una classe di nuovi poveri, senza più la forza di contrastare la loro spoliazione, imbottiti di nozioni e fatti non corrispondenti alla realtà (i c.d. fattoidi di Mailer), continuamente distratti da problemi creati ad hoc per indirizzare lo scontento su falsi bersagli (è colpa della corruzione, della casta, degli immigrati, persino del clima…) e blanditi con la concessione di diritti civili, anche sacrosanti, ma perfettamente inutili in un contesto di povertà che di fatto non ne permette l’applicazione: come spiega lucidamente un blogger che conosce bene l’universo LBGT, la prima, la seconda e la terza preoccupazione delle persone trans (risolte le quali il resto viene da sé) sono: il lavoro, l’impossibilità di avere un lavoro e la mancanza di un lavoro…
L’ultimo assalto sarà la lotta al contante, l’ultimo baluardo di libertà economica, mascherata da virtuosa lotta all’evasione fiscale ed alla corruzione: quando tutto il nostro reddito ed il nostro risparmio sarà in mano alle banche sarà facile sanare i dissesti della finanza speculativa con i soldi depositati, senza tante storie, e le piccole commissioni che ci faranno pagare per remunerare il servizio imposto di tale gestione pian piano si mangerà tutto. Senza contare la possibilità di bloccare le disponibilità di chiunque sia scomodo al potere…
Poi qualcuno si stupisce che l’1% della popolazione mondiale abbia in mano il 50% delle ricchezze del pianeta… Come diceva Warren Buffet beffardamente “la lotta di classe esiste ancora ed è fra poveri e ricchi e la stiamo vincendo noi ricchi”.