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La mancanza di un sistema catalitico

di Pierluigi Fagan - 14/03/2025

La mancanza di un sistema catalitico

Fonte: Pierluigi Fagan

Riflessione corposa rivolta a tutti quelli che vorrebbero cambiare lo stato delle cose


Un “sistema” è una forma fatta di parti in interrelazione. Il “catalizzatore” è una forma che aiuta formazione e sviluppo di processi chimici (quindi di interrelazione) aumentandone la velocità e intensità. Un “sistema catalitico” è un sistema che svolge la funzione di acceleratore, coerentizzatore, intensificatore di processi altrimenti improbabili o molto lenti.
Antonio Gramsci, un secolo fa, partorisce faticosamente nelle sue riflessioni carcerarie, l’idea di egemonia. L’egemonia è la predominanza di un sistema di idee nel mondo del pensiero e poi nella società di date società in certi tempi. Può darsi che il pensatore sia arrivato al punto per sue vie, ad esempio “idee del tempo” che sul punto avrebbero una qualche precedenza in Lenin (o almeno così sosteneva il sardo per non apparire troppo “fuori linea”).
Tuttavia, nei miei studi, ho incontrato da una parte la notizia che il sardo riceveva regolarmente un certo numero di riviste da varie parti del mondo (America nel senso USA in particolare), avendo un conto prepagato aperto presso una nota libreria di Milano finanziato dal suo amico Sraffa. Dall’altra seguendo la nascita della moderna nozione di propaganda con Lippmann, poi Bernays ed altri (americani) proprio poco prima o coevi le riflessioni gramsciane, ho notato nascita e sviluppo degli stessi ragionamenti che portano poi al concetto di “egemonia”. Al fondo, lo sviluppo tipicamente americano della psicologia comportamentale.
Poco importa comunque ricostruire una più precisa genealogia dei concetti, è un fatto che in Occidente (dalla Russia rivoluzionaria agli Stati Uniti d’America, passando per l’Europa), sin dai primi del Novecento, si sviluppa una specifica attenzione alla mentalità, individuale e collettiva. Probabilmente il processo è unificato nello sviluppo di due discipline: psicologia e sociologia con una forma catalitica sottostante che si rinviene (come sempre) in filosofi non a caso anche psicologi: Wilhelm Dilthey, Karl Jaspers, in parte Brentano. Si tratta della famosa “Weltanschauung” ovvero l’immagine di mondo.
La psicologia porta a capire che la mente sviluppa un suo sistema generale, la “mentalità”. La sociologia porta a capire che oltre alla versione che ognuno di noi ha, individuale, ce ne è una collettiva e con l’avvento dell’informazione di massa, pubblica. I pensatori che arrivano a pensare l’idea di egemonia capiscono che dominando la mentalità collettiva pubblica, si domina la società, pensieri, giudizi e comportamenti individuali e sociali (in quanto il sociale è formato dalle interrelazioni individuali).
Per i pensatori affiliati al sistema dominante (Lippmann, Bernays etc.) si tratterà di proporre, costruire e coltivare di continuo, una mentalità affine al sistema dominante, definiamola “liberale” (per quanto il termine sia di natura complessa, quindi dotato di una sua “vaghezza”). Per i pensatori che vorrebbero creare le condizioni di sviluppo di un sistema alternativo al dominante (Lenin -in parte- senz’altro Gramsci), si tratta di lavorare su una mentalità che ha radici nel pensiero di Marx-Engels, diciamolo “socialista” (o comunista, anche qui i termini sono complessi).
Gramsci riflette a lungo sul problema appoggiandosi da una parte a letture e riflessioni sulla mentalità e l’ideologia marxista, dall’altra appoggiandosi al primo filosofo della politica in senso moderno: Machiavelli. Inaugura così una metafora sul “moderno Principe”. Come il fiorentino si appellava al singolo Principe (un soggetto individuale, un grande condottiero) per il profondo cambiamento dello stato delle cose, il sardo si appella ad un soggetto collettivo catalizzato da un partito, un collettivo politico. Ma va segnalato che la riflessione di Gramsci ha in background come immagine di mondo e ideologia che informa tutta la sua riflessione, il complesso teorico socio-comunista.
Questo sistema di pensiero non ha al suo interno alcuna riflessione articolata sulla “mentalità”, essendo stato partorito a gli inizi della seconda metà dell’Ottocento ancora prima che nascesse e si sviluppasse la moderna psicologia (Wundt, diciamo circa 1874 in poi), psicoanalisi, sociologia, antropologia e il concetto stesso di “società civile”, l’universo informativo, i media moderni etc.
Oltretutto quel sistema sul piano sociale e politico teorizza l’ordine si formi per sistemi strutturali (in ambito social-economico) e la mentalità (ideologia) vada a strascico come giustificazione ex post (sovrastruttura). La stessa nozione di “ideologia”, usata del tutto in senso negativo, Marx la prende da Napoleone che ce l’aveva con dei filosofi che gli davano noia in patria che si chiamavano “Ideologues” (Destutt de Tracy & Co).
In realtà una “ideologia” è solo il sistema di idee che struttura la nostra immagine di mondo, alcune ci piacciono di più, altre di meno, non hanno però alcun valore positivo o negativo assoluto, sono un semplice fatto del mentale. Tocca essere ingenui come Popper per pensare che non debbano esistere ideologie e che la scienza ne sia esente. L’ideologia che pretende che tutte le altre lo siano e lei no, fa il paio con i megarici che contestavano che le altre fossero “filosofie” e la loro no (diceva il spesso lucido Aristotele). I pensieri deragliati hanno secoli.
Infine, quel sistema immagine di mondo (Marx-Engels e followers) aveva visioni politiche basate su un ragionamento per il quale la classe subalterna (ai tempi detta “proletariato”) era largamente maggioritaria e binaria alla classe dominante (assai ristretta). Invero una chiara specifica del concetto di “classe”, Marx non l’espresse mai visto che il cinquantaduesimo capitolo de Il Capitale (Libro III, mai rivisto dal tedesco nonostante le asfissianti perorazioni di Engels), dal titolo “Le classi” si interrompe bruscamente dopo una paginetta.
Lenin prima, un Lenin alle prese con problemi empirico-politici urgenti e con le turbolente dinamiche in atto nella “rivoluzione russa” e Gramsci poi, erano legati ideologicamente a questo complesso di pensiero ai tempi irriformabile poiché guida di battaglia politica sul campo. Irriformabile e uso picconare ogni deviazione, anche in senso non metaforico. Ma ripeto, quel complesso di pensiero ha un assetto che non prevede il ruolo motore dei sistemi di pensiero retrocessi a giustificazione ex post e così ha una visione dell’uomo come Homo faber, non certo come Uomo cognitivo ovvero che fa in base a un sistema di pensiero che ne intenziona l’azione.
Inoltre, nella versione gramsciana che ha mire alternative a quelle del sistema dominante, se l’intellettuale (l’artigiano dei sistemi di pensiero e delle idee che fungono da sistemi catalitici per le immagini di mondo) più integrato è socialmente espressione e al servizio della classe dominante, l’alternativo dovrebbe essere espressione e al servizio della classe subalterna, il proletariato. Per questo invita i proletari a "studiare" prima di agitarsi. Gramsci, inoltre, è parte direttiva del Partito comunista, quindi sarà questo “Il Principe collettivo”.
Dato ciò, l’idea di Gramsci è che prima della rivoluzione concreta deve esserci una lunga espansione di egemonia mentale e ideologica, la prima non ci sarà in Occidente o comunque non funzionerà se non anticipata dalla seconda. Financo Lenin aveva notato che l’Occidente europeo non era la Russia essendo dotato di società civile, “libera” espressione, pluralismo ideologico, mondo dei media, molteplice stratificazione sociale etc.
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Un secolo dopo, siamo oggi alle prese con un complesso ideologico-formativo-informativo dominante dalla potenza impressionante. Non solo in termini di mezzi, in termini di conoscenze. Il complesso delle conoscenze articolate in psicologia cognitiva e sociale, scienze cognitive, sociologia della conoscenza e delle idee, oggi poi con la profilazione su base dei Big Data, è di enorme potenza e complessità.
Questo sistema si riferisce poi a un sistema pratico altrettanto impressionante, fondato, articolato e continuamente riadattato che alcuni chiamano “capitalismo”, ma il termine non è solo “complesso” (quindi articolato, sfumato e impreciso), è probabilmente anche sbagliato in quanto è la riduzione che un sociologo tedesco (Sombart) fece del sistema di pensiero marxiano (se ben ricordo Marx usa il termine tre volte sole e due nella corrispondenza privata). In più è in atto, è materialmente e da decenni e decenni la forma che organizza la vita sociale, politica, intellettuale, gnoseologica, geopolitica occidentale. È l’ordinatore, ciò che dà ordine ai fatti sociali, ai comportamenti politici, a buona parte delle forme ideologiche dominanti.
Chi invece desidererebbe sviluppare forme sociali e politiche alternative, non ha in genere alcuna conoscenza in termini di scienze della mentalità, ha un confusa idea di “homo”, non ha un sistema di riferimento ideologico.
Ormai i comunisti sono una specie estinta confinata nelle università e dotati di cattedra perché fa “pluralismo”, i socialisti una specie vaga e ultra-minoritaria, nonostante alcuni intellettuali si ostinino a ribadire “l’attualità” del pensiero di Marx (che ha in termini parziali di analisi, ma che non ha né ha mai avuto in termini di prognosi). L’area rimane litigiosissima sebbene ormai del tutto priva di riferimento sociale concreto, qualcuno è pure diventato "populista".
Le società occidentali non sono più descrivibili in termini semplificati di ultra-maggioranza proletaria e ultra-minoranza dominante sebbene alcuni americani (ma sulle capacità intellettuali profonde degli americani andrebbe mantenuta una sana perplessità) abbiano inventato uno slogan secondo il quale il “popolo” sarebbe dominato da uno sparuto 1% di dominanti. Analisi che li ha portati per un po’ a far campeggio in una via di New York detta “Wall Street”, aver scritto libri incendiari e aperto siti che studiano il “complotto delle élite” e poco più.
Non essendoci più una ideologia o sistema di immagine di mondo alternativa a cui riferirsi anche gli intellettuali a vocazione alternativa vanno per lo più in ordine sparso e con la sola funzione “critica” visto che nessuno sa cosa provare a costruire. Ogni intellettuale può portare un mattone o un po’ di calce, ma se non c’è il progetto non si sa a che fini. Non c’è più l’intellettuale collettivo, non c’è più il “partito” (anche perché non ci sono più ideologie proponibili), scomparsi sindacati, riviste, centro di discussione, elaborazione e formazione. Idee aggiornate al XXI secolo sulla composizione sociale e le forme multidisciplinari della conoscenza mancano del tutto. Tutto ciò è ampiamente noto salvo notare che nessuno pare si sia domandato come altrimenti sarebbe possibile ripristinare tutto ciò in mancanza di un sistema catalitico ideologico attuale ben formato. Crollato o dissipato per varie ragioni tra cui la poco sviluppata riflessione sull'89-91 (crollo dell'URSS) il precedente.
Pezzi di società se non sanno compiutamente tutto ciò (qui molto riassunto), lo avverte con chiarezza e con angoscia ripropone la solita domanda: che fare? Ma nessun intellettuale sa come rispondere.
Impossibile sviluppare alcun progetto di “egemonia”, manca tutto perché manca un progetto, un sistema di idee completo, realistico, complesso e condiviso. Una ridicola schiuma quantistica di partitini che si fondano e scompaiono come le particelle effimere dei diagrammi di Feynman, segue idee che si fa fatica definire tali ora contro questo, ora contro quello.
Qualcuno lamenta la sparizione progressive della “democrazia” (processo intenzionale varato cinquanta anni fa sebbene i più si siano svegliati ieri pomeriggio) anche se non è affatto chiaro cosa intendano col termine. Scambiano il sistema liberal-parlamentare per “democrazia” mentre i socio-comunisti si rifanno ad una ideologia in brandelli che puntava alla rivoluzione operata tra l’altro dalla classe meno istruita, per quanto diretta da borghesi istruiti ma illuminati detti “avanguardie”. Il tutto per, alla fine, estinguere lo Stato, lo strumento del “dominio di classe” per il notevolmente impreparato o diciamo non più attuale Engels.
La diagnosi realistica, quindi, è che bisognerebbe che ci fosse una pressione dal basso che spinga gli intellettuali di parte alternativa a indagare meglio con il loro intelletto il problema della mancanza di una immagine di mondo compiuta alternativa. Una sorta di “rivoluzione culturale” da operare prima internamente per poi offrire un sistema catalitico, prima teorico poi pratico-pragmatico, esterno. Niente sistema catalitico niente egemonia, niente politica diversa, niente cambiamento.
[Il concetto di “complesso” qui spesso usato, in prima istanza, significa solo un sistema con moltissime parti, moltissime interrelazioni spesso non lineari, interazioni tra sistemi diversi e tra sistemi e contesto] + (Affido il post alla pubblicazione scritto come al solito, più o meno di getto. Magari ci ritorno su prima di ripubblicarlo sul mio blog. Comunque fa da sistema catalitico per scambi di idee e opinioni, no?)