La Merkel è al tramonto, ma di stabilità l’Europa muore
di Luigi Tedeschi - 28/11/2017
Fonte: Italicum
La Merkel è in declino, ma l’instabilità politica è del tutto virtuale: occulta una stabilità perenne che sta uccidendo l’Europa
La Merkel è alla ricerca di un governo perduto, anzi mancato. L’era della Merkel è al tramonto? Probabile. Il progettato governo “Giamaica” formato da cristiano – democratici, liberali e verdi, si è rivelato impossibile, data la eterogeneità dei programmi dei suoi singoli membri. Si apre per la Germania una fase di inedita instabilità politica. Il declino delle forze politiche tradizionali, fenomeno già diffusosi in Europa, ha investito, almeno in parte, anche la Germania.
L’emergere di nuove forze politiche “populiste”, quali l’A f D tedesca, espressione di un malcontento popolare, scaturito dal distacco del popolo da istituzioni politiche degenerate progressivamente in oligarchie elitarie, ha contribuito in maniera rilevante alla rottura degli equilibri politici tradizionali.
Pertanto, se sussiste in Europa instabilità politica, crisi di consenso, incertezza sul futuro della UE, secondo la vulgata istituzionale, la responsabilità sarebbe da addebitarsi al “populismo” emergente, e non alla classe politica dominante, alle sue politiche neoliberiste, generatrici di crisi economiche devastanti e di sempre più accentuate diseguaglianze sociali. Tale paradossale capovolgimento di responsabilità politiche, riguardo alla attuale realtà politica ed economica europea, è espressione della struttura oligarchica assunta dall’Europa nel XXI° secolo. Nell’ordinamento capitalistico – finanziario della UE, l’esercizio democratico del dissenso politico viene interpretato come una anomalia dannosa e fuorviante rispetto ai paradigmi di sviluppo di un sistema liberista, nella sua fondamentale essenza totalitario.
In questo contesto, l’instabilità politica di un paese viene avvertita dalla classe dominante come un fenomeno allarmante, suscettibile di provocare riflessi negativi sui mercati e sul processo riformatore in senso liberista che investe i paesi della UE. Mercati che, sia nel caso della Brexit, dell’elezione di Trump e delle ondate populiste ormai ricorrenti nella UE, non sembrano aver registrato rilevanti turbative, salvo sussulti momentanei.
E’ la stabilità che uccide l’Europa
Ma le cause della crisi europea non sembrano conseguenza diretta della sua pretesa instabilità politica: la decadenza dell’Europa è dovuta semmai alla sua pietrificata, cimiteriale stabilità, che si perpetua ormai da circa 20 anni.
In cosa consiste in fondo la stabilità politica? La Germania, quale paese dominante nella UE, ha costituito per l’Europa nell’ultimo decennio, un modello politico ed economico estensibile a tutta l’Eurozona. Economia ispirata al neoliberismo americano, con lo sviluppo dell’export a discapito dei consumi e degli investimenti interni, compressione salariale ed esteso precariato nel lavoro, onde accrescere la produttività e la competitività tedesca verso l’estero, rigido contenimento della spesa pubblica e del debito entro i parametri prefissati per il pareggio di bilancio. Ad una economia deflattiva basata sulla stabilità monetaria, fa riscontro un quadro politico stabile dominato dal 2005 da governi di unità nazionale della “Grosse Koalition” tra CDU – CSU e SPD.
Tale alleanza, disponeva di larghe maggioranze, confinando all’opposizione la Linke, i liberali e pochi altri. Maggioranze tanto estese, giustificabili solo in situazioni di emergenza nazionale, finiscono per determinare la fine della dialettica democratica, che, per definizione, si articola su di una maggioranza al governo ed una minoranza all’opposizione con poteri di controllo. La “Grosse Koalition” tra cristiano – democratici e socialdemocratici, assicurando la governabilità con una maggioranza straripante, nei fatti, esautora l’opposizione, che viene emarginata in minoranze del tutto ininfluenti.
L’alleanza già stabilita in sede elettorale tra i due maggiori partiti, con programmi similari, se non del tutto sovrapponibili, finisce con delegittimare anche il consenso popolare e quindi, con lo svuotare di contenuto politico le consultazioni elettorali. I vincitori delle elezioni sono già predeterminati e al popolo viene preclusa la scelta democratica tra tesi diverse circa il governo del paese.
La stabilità tedesca, considerata come modello politico da estendere a tutta l’Europa, si configura come un governo non costituitosi in base a scelte derivanti dal consenso popolare, ma come una sorta di acclamazione popolare su programmi predisposti da una classe dirigente al fine semmai di imporsi sul popolo. La degenerazione della democrazia in Europa è evidente: la costituzione di un governo di unità nazionale può essere assimilata più ad una tecnica di dominio sui popoli, piuttosto che rappresentare una espressione della sovranità popolare. Tale stabilità politica è quindi conseguente al processo di declino della politica da tempo manifestatosi in Europa a favore del primato delle oligarchie tecnocratico – finanziarie della UE.
Infatti la politica è tanto più stabile, quanto meno è soggetta a contrasti e scontri tra schieramenti ideologico – politici opposti. E, occorre aggiungere, è tanto più stabile, quanto più viene dominata da poteri e programmi economici quali sono quelli della UE: l’acquiescenza delle istituzioni politiche dinanzi ai poteri oligarchici dell’economia genera gradualmente, ma necessariamente, un ordinamento totalitario.
La Merkel tramonta, ma l’Europa non la rimpiange
L’instabilità politica tedesca, data l’impossibilità di formare un nuovo governo all’indomani delle elezioni del 24 settembre, può condurre sia ad una riedizione della “Grosse Koalkition” CSU – SPD, che ad elezioni anticipate. Tale coalizione si è rivelata assai perniciosa per l’SPD che elettoralmente ha raggiunto i minimi storici, dato l’evidente dissenso dell’elettorato di sinistra riguardo alla politica neoliberista ed antisociale dei governi della Merkel sostenuti dai socialdemocratici.
I media evocano i rischi dell’instabilità politica, che nel ‘900 determinarono l’ascesa al potere di Hitler: suscitare paure rievocando i fantasmi dei totalitarismi del passato, induce i popoli ad ignorare i totalitarismi del presente. Trattasi comunque, sia in Germania che in Europa, di una instabilità politica del tutto virtuale, atta ad occultare una stabilità sostanziale imposta da un ordine economico – finanziario che si è da tempo sovrapposto alla politica. Infatti, per lunghi periodi la Spagna, il Belgio, l’Olanda sono stati privi di maggioranze governative, senza che l’assenza di un governo legittimo avesse effetti rilevanti sull’assetto economico – sociale del paese. Anzi, in tempi di ingovernabilità la Spagna ha registrato una crescita – record del Pil in Europa (con circa 2 milioni di occupati in meno rispetto al 2008). Nella stessa Germania, i dati economici recenti, in questo periodo di instabilità politica, vengono considerati oltremodo positivi. Ad esempio, l’indice di fiducia delle imprese è alle stelle.
In Italia, dato che il declino di Renzi è ormai evidente, è risorto Berlusconi con relativa sponsorizzazione della stessa Merkel: anche per l’Italia viene auspicata nella UE la formazione di un governo di unità nazionale. E’ però probabile che nelle elezioni del 2018, nessuna coalizione sia in grado di formare un governo. Pertanto, la prospettiva di una futura ingovernabilità non viene giudicata come un evento negativo, rispetto ad un eventuale successo populista del M5S. In Italia tuttavia, il tramonto della democrazia politica è già un dato di fatto, dato che dal 2010 siamo governati da governi non eletti dal popolo. La prevedibile instabilità politica, non sarà il preludio ad un nuovo governo “tecnico” guidato da Draghi o qualche altro tecnocrate teleguidato dalla Troika? E’ assai probabile.
L’instabilità politica, nella Europa oligarchico – finanziaria della UE, conduce paradossalmente ad una perpetua stabilità, che comporta la fine della politica. In assenza della democrazia politica, sarebbe eliminato qualunque ostacolo alla supremazia assoluta del potere economico della UE, con conseguente soppressione della sovranità popolare.
il declino della Merkel sembra imminente. In caso di elezioni anticipate, potrebbe non essere ricandidata dalla CSU, al pari di Schulze per la SPD. La politica della Merkel rivela oggi tutti i suoi limiti ed errori. L’apertura alle masse di rifugiati nel 2015 è stata effettuata senza approntare un adeguato piano di accoglienza. Tale apertura ha determinato l’ascesa elettorale al 13% di A f D, partito populista di destra, che tuttavia rappresenta una protesta “legittimista”. A f D propugna infatti una politica di estremo rigore finanziario in Europa che affosserebbe i paesi più deboli (in primis l’Italia). E’ una opposizione che si colloca nella logica politica di un paese dominante, quale è la Germania.
Nella politica energetica gli insuccessi della Merkel sono evidenti. L’uscita dal nucleare e i fondi stanziati per le energie alternative hanno comportato un rilevante aggravio di costi per imprese e famiglie. Nel contempo, le emissioni di gas serra tedesche sono aumentate.
Il governo della Merkel si è reso inoltre responsabile di aver occultato ripetuti scandali bancari e delle protezioni offerte alla Volkswagen in occasione del Dieselgate.
I governi della Merkel hanno imposto misure antisociali di austerity e dismissioni statali ai paesi europei (con relativo strangolamento della Grecia), ma non hanno certo imposto tagli alle pensioni ed effettuato privatizzazioni in Germania. La Merkel ha condiviso con gli USA le strategie di aggressione imperialista in medioriente, in nordafrica, in Ucraina.
L’eventuale scomparsa dalla politica della Merkel non susciterà certo rimpianti. Ma il dominio tedesco in Europa rimane immutato. Non esiste oggi alcuna strategia di riforma sistemica in una Europa, in cui i processi di trasformazione involutiva in senso neoliberista avanzano, nonostante il diffondersi del dissenso populista.