La modernità travolta
di Francesco Petrone - 30/03/2025
Fonte: Francesco Petrone
È esistito un filosofo che ha influenzato quasi ogni aspetto dell’età moderna, anzi possiamo dire che ha travolto col suo pensiero la stessa modernità. La funzione di ogni filosofo, a prescindere il suo valore, è sempre stata quella di influenzare e caratterizzare una determinata epoca ed essere la causa di successivi fenomeni politici e culturali in periodi storici più o meno lunghi. È il caso di Jean Jacques Rousseau che, essendo vissuto nel Settecento, oggi appare superato, ed è giudicato con sufficienza. Però occorre ricordare che ha segnato col proprio pensiero, direttamente o indirettamente, gran parte della modernità. Rousseau appare a prima vista come un utopista che guarda con nostalgia a una vagheggiata età dell’oro di una tradizione perduta, similmente a Esiodo, Virgilio ed anche Orazio, il quale la descrive prevedendo una decadenza generalizzata di Roma. Anche Platone aveva disertato di fantomatiche origini auree e addirittura, parimenti a Rousseau, immagina una forma di comunismo originario utopico in cui gli uomini vivono in armonia col tutto e fra di loro. Anche i Romani dovevano avere dei miti analoghi. Infatti nelle festività dei Saturnali nel mese di dicembre, veniva festeggiato il dio dell’età dell’oro. Se in quei giorni i ruoli sociali potevano essere annullati, è solo perché una volta l’anno si voleva mettere simbolicamente in scena l’età perduta in cui non esistevano differenze di ruoli, schiavi e uomini liberi, ma veniva replicato un ideale “comunismo’ privo di classi originario rimembrato. Il filosofo ginevrino non era ateo ma, al contrario, un credente. Nel suo travaglio religioso ed esistenziale è stato calvinista, sì era poi convertito al cattolicesimo per approdare infine ad una costruzione religiosa di tipo deista. Egli credeva fermamente in una superiore intelligenza creatrice e adorava Dio nelle forze della natura, un Dio che rappresentava gli assoluti di bontà e intelligenza. Possiamo solo ipotizzare che il suo pensiero abbia avuto apporti culturali dal mondo classico e forse potrebbe essere stato contagiato riguardo alcuni spunti dalla nostalgia della poetica dell'Arcadia. Infatti come gli scrittori dell'Arcadia, alla nostalgia classica, Rousseau, aggiunge un particolare razionalismo anche se mitigato dal sentimento. Ad ogni modo, Rousseau influenzò il pensiero illuminista e anche altre correnti di pensiero successive come anche il Romanticismo, l’idealismo, Fichte, Kant, fino a Marx. Il filosofo ginevrino si distacca dal pensiero che poi sarà indicato come l’illuminismo ortodosso. Infatti ritiene che la ragione non basta a raggiungere la libertà. Rousseau crede che l’uomo privo dell’affetto verso la comunità e il sentimento non possa essere un uomo libero. Infatti non crede nell’individualismo. La libertà si trova anche nel senso di responsabilità nei confronti della collettività. È qui che appare il concetto tutto particolare della volontà generale. Il filosofo pensa che la strada debba essere indicata dalla morale. Il fine di una società dovrebbe essere quello di indurre il popolo a scegliere la vera libertà, anzi, anche se appare un controsenso, sarebbe lecito secondo il filosofo costringere questi uomini ad essere liberi. Solo in tal modo i popoli raggiungeranno il proprio fine. Ogni uomo dovrebbe essere educato ad accettare la volontà generale per cancellare da ogni individuo ogni forma di egoismo, il tornaconto personale sacrificando il bene comune. Per Rousseau il bene comune è ciò che è giusto per la collettività anche se dovesse andare contro a interessi individuali. Infatti ognuno è sempre portato a vedere solo il proprio interesse immediato e ignora quale sia il bene comune per miopia. Con questa descrizione possiamo credere che Rousseau abbia influenzato non poco i vari totalitarismi europei del Novecento. Vogliamo ricordare una frase tratta dal romanzo “Il dottor Zivago” di Pasternak. Il cugino di Zivago, che è un funzionario del partito comunista, rivela a Zivago, frastornato e confuso dagli eventi, che l’età dell’individualismo è terminata. Rousseau non aveva fiducia nelle costruzioni degli uomini che erano sempre artifici per allontanarsi dalla perfezione iniziale della natura. Infatti scrive: “ogni cosa è buona mentre lascia le mani del creatore delle cose; ogni cosa degenera nelle mani dell’uomo”. Non lo possiamo descrivere certo come un progressista. Pensava che l’umanità degradasse col tempo da un originale purezza originaria. Infatti, Rousseau ha la ferma certezza che la società corrompa. Probabilmente la sua tentazione totalitaria nasce anche da questo pessimismo sulla natura dell'uomo. Sulla negatività delle società e sulla positività della comunità con legami anche affettivi, il secolo successivo, il sociologo Ferdinand Tonnies sembra razionalizzare le intuizioni di Rousseau. L’elogio che Rousseau fa della natura e la forte critica alla società ispireranno il Romanticismo. Da allora, tutte le nostalgie della natura vista come salvezza dell’anima dell’uomo contro l'alienante società, affonda le sue radici in Rousseau. Ispiratore anche della rivoluzione francese quando parla di una rifondazione della società in cui l’uomo sia suddito di sé stesso e anche quando descrive il popolo come corpo sovrano. Taluni lo hanno definito illuminista e altri invece hanno azzardato a descriverlo come pre romantico o illuminista anti razionale. A questo proposito Rousseau ebbe dissidi con Voltaire e Diderot a causa della solita accusa di irrazionalismo. Questo perché sono secoli che il razionalismo è diventato la nuova fede che combatte puntualmente tutto ciò che potrebbe rivelarsi una eresia. Ogni sua idea la troviamo inseguita da vari movimenti dai Risorgimenti con la nascita degli Stati Nazione in cui appare la religione civile,il contratto sociale, l'uguaglianza legale, il naturalismo, il concetto di volontà generale, la democrazia diretta, il ruralismo. Alcune sono state realizzate in certi momenti storici, altre sono state inseguite come utopie. Al contrario delle ideologie liberali, Rousseau era certo che la competitività, l’individualismo, il narcisismo, incattiviscono l’uomo. Chiamava il sentimento “lume interiore” e pensava fosse la guida maestra che conduce l’uomo al bene e a Dato che il Romanticismo enfatizza il sentimento, per questi concetti è stato indicato come precursore del Romanticismo. La conseguenza fu che sia i Romantici che gli illuministi lo indichino come loro ispiratore. Concludendo, il pensatore ginevrino lo possiamo indicare come artefice del pensiero democratico e nemico di ogni liberalismo.