La montagna... E l'Occidente
di Guido Dalla Casa - 04/02/2025
Fonte: Guido Dalla Casa
Perché la montagna?
Perché andiamo in montagna? Sto parlando di noi che ci andiamo per stare meglio, per integrarci con una Natura di quota maggiore, senza alcuna idea di competizione, senza alcuna necessità di “dirlo a qualcuno”… Ci andiamo soprattutto d’estate, perché d’inverno di solito il pubblico è ben diverso, ci sono la tecnologia, gli impianti, lo sci, la velocità. Con qualche eccezione, naturalmente.
In montagna c’è ancora la Natura, almeno in parte, ed è quella che cerchiamo. L’Occidente è una cultura che distrugge la Natura, se ne ritiene al di fuori, crede di rappresentare tutta l’umanità, è di una superbia e di una presunzione infinite. Allora forse la nostra è una fuga dall’Occidente: ci siamo nati, non possiamo evitarlo, ma cerchiamo la fuga. Fuggire è un fatto nobile. L’Occidente esalta le aquile, i leoni, li usa come simboli, ma li uccide, li distrugge; esalta quelli che “vincono”, ma il mondo è pieno di topi, non di aquile.
Molti seguaci dell’Ecologia Profonda, che riconosce il valore in sé di tutte le entità naturali, erano anche frequentatori delle montagne: Arne Naess per primo. Poi citerò qualche altro episodio di alpinisti, come Harrer, e voglio ricordare anche la visione del mondo alla quale era pervenuto Terzani alla fine della sua vita e del suo percorso intellettuale e spirituale, il suo non-materialismo, la sua devozione verso “le montagne più divine della Terra”, nella capanna del Vecchio, in vista dell’Himalaya. Quella capanna non è forse come il rifugio di Tvergastein, dove Naess ha meditato ed espresso l’Ecologia Profonda? Quella visione del mondo era già propria, in modo più istintivo ma profondo, di tante popolazioni native, da tempi lunghissimi.
Naess aveva cercato qualcosa anche sul Tirich Mir, fra le montagne dell’Hindu Kush, le sue ispirazioni sono nate quasi tutte fra le montagne…
Harrer era un super-occidentale, ma amava la montagna: il suo libro più noto, Sette anni nel Tibet (che dopo 40 anni è diventato anche un film), inizia con una fuga, dal campo di prigionia di DehraDun, per sfuggire all’Impero inglese, e termina con una fuga, per il tragico arrivo del materialismo storico, dei cinesi, che hanno quasi distrutto la più innocente e spirituale cultura della Terra, portando sull’altopiano tibetano tutto l’Occidente anche se fisicamente venivano da Est. L’alpinista austriaco si era convertito lui, e sarebbe rimasto con i suoi amici tibetani: “Perché vuoi andare più in fretta, verso Lhasa?” gli avevano chiesto. Non aveva saputo rispondere. Altri sette anni dopo la sua partenza, al tempo della grande, tragica repressione da parte del materialismo nella veste delle “Guardie Rosse” di Mao (o poco prima), è fuggito anche il suo amico, il Dalai Lama, rifugiatosi in India, dove vive tuttora.
Visioni del mondo
Nella seconda metà del secolo scorso qualcuno aveva detto che le religioni (ma forse dovremmo chiamarle “visioni del mondo”). stavano per finire e sarebbero scomparse attorno all’anno 2000. Gli sciamani siberiani sono ancora là, presso il lago Bajkal, malgrado 70 anni di durissime persecuzioni da parte del “materialismo storico”! Quell’Impero è crollato come una pera marcia, ma loro sono ancora là…
Per 70 anni l’Occidente si è finto “diviso in due”, ma in realtà era più che mai lo stesso, antropocentrismo e materialismo erano ben presenti in entrambe le due finte parti che si erano messe in competizione. Entrambe si erano autoproclamate “il progresso” e facevano a gara per distruggere la Natura, cioè l’Organismo cui apparteniamo come un tipo di cellule. Ancora oggi qualcuno ci crede davvero…
La metà dell’Occidente che crede di “avere vinto” si è proclamata “padrona del mondo”, ma probabilmente ne ha per poco: non si può continuare a distruggere l’Organismo cui si appartiene! …e crescere all’infinito!
Ci rifugiamo sulle montagne appena possibile, cerchiamo anche qualche simbolica “Montagna Sacra” pur di sfuggire al materialismo, comprendendo più o meno consciamente che la nostra cultura sta per trascinare l’umanità verso un pericoloso transitorio, una catastrofe. E pensare che sappiamo da due secoli di essere una specie animale, anche facilmente classificabile, e di fare parte di un Tutto indivisibile, ma quanti ci credono davvero?
Forse le montagne ci salveranno ancora una volta, in senso non-materiale, nel profondo dell’animo, ma ci aiuteranno anche a sopravvivere in un periodo difficile, ritrovandoci nella Natura, dove avemmo dovuto restare da sempre.
Tentiamo di fuggire dall’Occidente, ma non possiamo uscirne: ci siamo nati, e il dualismo ego-mondo è un’altra delle illusioni della nostra cultura.
Un piccolo regno fra le montagne
Nel cuore dell’Asia c’è un piccolo regno, dove è in corso un disperato tentativo di sfuggire all’Occidente, almeno in parte; è vicinissimo alle più grandi montagne della Terra. E’ il Bhutan, grande come la Svizzera, con meno di un milione di abitanti umani. A Sud ha anche una parte di giungla, dove sopravvive qualche tigre. In alto, c’è anche la Tana della Tigre (Taktsang Pelphug), ma si tratta di un antico monastero aggrappato a una parete di roccia, a quota 3000. Vi è magia, spiritualità, non è certamente un monumento alla materia! Si trova 800 m. sopra l’aeroporto di Paro, l’unico di quel Regno. La montagna più alta, il Chomolhari (7400 m.), al confine con il Tibet, “è una divinità femminile”, si badi bene non “la dimora di…” ma “è”, cioè un ecosistema, un essere collettivo, un essere senziente, una mente.
Il Bhutan è stretto fra i due Stati del mondo che contano, insieme, più di un terzo dell’intera umanità, ma è lasciato in pace, almeno finora, perché non c’è niente da rubare, non ha “risorse”. Nella più stupida delle graduatorie, quella del P.I.L., è piuttosto in basso, mentre ai primi posti sta qualche “grande” Nazione il cui popolo detiene il primato delle psicopatie, delle depressioni, del consumo di psicofarmaci, della delinquenza, delle armi in circolazione.
In Bhutan gli abitanti hanno sul volto la serenità mentale, ovviamente non tutti, ma la maggioranza, e vivono fra le montagne. Il re Wangchuk ha tentato di rinnegare il P.I.L., l’indicatore più stupido e fuorviante, e di adottare il GNH (Gross National Happiness); non so, dopo tanti anni, se ci è riuscito: un altro tentativo di sfuggire alle grinfie o alle seduzioni dell’Occidente.
Per finire, qualche piccolo, modesto tentativo di fuga, sempre fra le montagne:
www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=32127
www.ariannaeditrice.it/articoli/fuggire-all-alpe